Tradire le tradizioni anche alle elezioni

Frati di Assisi che - secondo una parte politica - simpatizzano per la propria candidata. E poi le «bufale» su chi appoggerebbe San Francesco... Ormai non si lasciano stare né i santi, né i fanti.

La faccenda dei frati di Assisi che starebbero sostenendo la candidata del Pd alle elezioni regionali lascia quantomeno perplessi. Ma davvero i frati si schierano politicamente? Davvero la Chiesa deve entrare in questioni temporali, polemiche e dibattiti, addirittura, sul voto? Naturalmente i frati hanno smentito la notizia data dal Corriere dell’Umbria sostenendo che la cosa: «Ci fa sorridere». Hanno ribadito che loro sono aperti ai politici di tutti gli orientamenti e hanno così smontato una bufala che la sinistra aveva tentato di far passare come vera cercando di appropriarsi del poverello di Assisi. La sinistra ci prova in tutti i modi.

Avevano già provato a far passare san Francesco come un testimonial della causa Lgbtq+. Lo aveva fatto La Stampa con la regista Liliana Cavani alla quale volevano far dire che il suo Francesco avrebbe preso le parti della legge Zan. E la signora Cavani disse che in tutto il suo cinema ha sempre raccontato la tolleranza, la libertà di pensiero e i delitti che avvengono quando si prevaricano gli altri. La teologa Cavani aveva altresì affermato che il suo Francesco è l’emblema di quanto fede e tolleranza possano e debbano coesistere.

Lo scorso Natale, come ha ricordato Annalisa Terranova su Libero, «Quelli di +Europa hanno fatto gli auguri social con il Presepe arcobaleno» (due Madonne e il Bambino, due San Giuseppe e il Bambino) con una scritta «Il bello delle tradizioni è che possono cambiare». Sarebbe da consigliare la lettura di un volume di un grande teologo del Novecento, Yves Marie-Joseph Congar che, nel suo attualissimo libro La tradizione e le tradizioni (1960-63, 2 voll.), sostiene che la tradizione è tale perché mantiene se stessa nel frattempo che il tempo scorre. Ciò che ha sostenuto sempre anche il teologo, poi Papa, Benedetto XVI, e cioè che il nucleo essenziale della fede cristiana doveva essere tràdito nel senso del latino tradère cioè trasmettere, consegnare e non tradìre nel senso peggiorativo della tradizione evangelica: Gesù è tradìto da Giuda. Trasmettere e non tradire, questo è il compito della tradizione, non si può utilizzare la figura di San Francesco d’Assisi a piacimento. Occorre rispettarne la figura, il contesto, gli scritti, le biografie, gli innumerevoli studi nonché il nocciolo essenziale del suo pensiero.

Detto questo, non ci meraviglia che la sinistra abbia voluto appropriarsi di San Francesco per battere in Umbria la candidata del centrodestra. Il pesce puzza sempre dalla testa e qui la testa è la Chiesa cattolica italiana che, per esempio, attraverso il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, spesso è intervenuta su temi politici in modo esplicito, come sull’autonomia differenziata o sulla Costituzione e la riforma sul premierato, sostenendo che ci sarebbe voluta «molta attenzione» nel toccare gli equilibri individuati dalla Carta del 1948.

Che strano mondo: vent’anni fa il cardinale Camillo Ruini venne accusato di ingerenza negli affari dello Stato quando parlava di bioetica, oggi è normale che il presidente dei vescovi italiani, un giorno sì e l’altro pure, si occupi di questioni squisitamente politiche entrando nel merito come se fosse un opinionista qualsiasi, mentre dovrebbe rappresentare tutti i vescovi della Chiesa italiana. Il suo cognome, sia pure al plurale, ci ricorda l’accezione peggiore del termine zuppa, come dice la Treccani: «Un miscuglio disordinato e prolisso di argomenti eterogenei e poco coerenti». Le sue uscite sulla politica non sono neanche una zuppa ma al massimo una zuppetta, uno zuppone, talora una zuppaccia.

In questo clima non stupisce che la sinistra tenda ad appropriarsi di San Francesco allo scopo di vincere le elezioni regionali in Umbria. Povero San Francesco, ora pro nobis. San Francesco si è sempre detto che parlava agli uccelli, quelli del Partito democratico pensano di parlare ai citrulli, ma si sbagliano, perché gli umbri, come gli italiani, generalmente citrulli non sono. E, come accade spesso, è più citrullo chi parla di chi ascolta.

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