Musica
September 21 2021
Archiviato un 2020 terribile per gli spettacoli dal vivo, il 2021 doveva essere finalmente l'anno della ripartenza per la musica live, almeno per gli eventi di medie e piccole dimensioni, mentre per i grandi concerti all'aperto (Kiss, Guns 'N' Roses, Queen + Adam Lambert, Vasco Rossi, Ligabue, Ultimo, Maneskin, ecc...), con decine di migliaia di spettatori, bisognerà attendere la prossima estate. L'introduzione del Green Pass obbligatorio dal 6 agosto per accedere a tutti i concerti, sia all'aperto che al chiuso (un vincolo che non si applicava, ad esempio, per i ristoranti, le piscine e i centri termali all'aperto), avrebbe dovuto consentire agli organizzatori di eventi live di poter programmare, dopo quasi due anni di fermo, una stagione autunnale e invernale indoor, con regole certe e capienze simili a quelle precedenti alla pandemia. Allo stato attuale, è consentita una capienza massima di 500 persone al chiuso e di 1.000 all'aperto, con un'unica deroga all'Arena di Verona, la cui capienza massima è stata ampliata a 6.000 unità.
In realtà, la politica, come accade da anni in Italia, si è mostrata poco recettiva nei confronti degli imprenditori e dei numerosi lavoratori del comparto dello spettacolo dal vivo, rimandando al 30 settembre la decisione del governo sull'eventuale abolizione del distanziamento sociale dei concerti, ai quali si accederà con Green Pass e mascherina. Una tempistica che, di fatto, ha bloccato la programmazione e la pianificazione della stagione dei concerti al chiuso, un'attività che richiede diversi mesi, dai primi contatti con il management dell'artista fino al giorno effettivo dello show.
Una lentezza operativa che ha creato i primi effetti con la cancellazione dei 3 concerti sold out di Cosmo a Bologna (che si sarebbero dovuti tenere l'1, il 2 e il 3 ottobre) e la chiusura del Magnolia, uno dei più importanti locali di musica live di Milano, impossibilitato a programmare una stagione indoor di eventi a capienza ridotta. Cosmo aveva provato a far ripartire la stagione dei concerti al chiuso, chiedendo direttamente al ministro Dario Franceschini e al presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini di consentire i suoi tre "concerti dell'amore" senza le sedute (cioè i posti a sedere numerati, senza che ci sia la possibilità di alzarsi e di ballare) e il distanziamento sociale, facendo leva sul Green Pass obbligatorio e le mascherine per tutti gli spettatori. Durante l'ultima cabina di regia del governo del 16 settembre, il ministro dei Beni Culturali aveva chiesto di portare al 100% la capienza in teatri, cinema, musei grazie a mascherine e green pass obbligatorio, una richiesta frenata dal ministro della Salute Roberto Speranza, che ha chiesto un'ulteriore valutazione più al Comitato Tecnico Scientifico, attesa entro il 30 settembre.
Secondo alcune indiscrezioni di stampa, l'esecutivo potrebbe decidere alla fine per l'80% delle capienze, mantenendo obbligatorio l'utilizzo delle mascherine nei concerti. L'entourage di Cosmo, che non poteva rischiare di dover cancellare i tre show il 30 settembre, dopo aver montato l'imponente palco, è stato costretto a rimandare i concerti a data da destinarsi. Non si è fatto attendere un lungo messaggio dell'artista, che pochi mesi fa ha pubblicato l'album La terza estate dell'amore, una delle uscite discografiche italiane più interessanti del 2021: «Ciao a tutte e tutti, con molto rammarico mi ritrovo a dover comunicare quello che speravamo non sarebbe accaduto: nostro malgrado, siamo costretti a rimandare i concerti previsti per l'1, 2 e 3 ottobre a Bologna». Marco Jacopo Bianchi, questo il suo vero nome, entra poi nel merito della decisione: «Perché stiamo spostando? Per le scelte fatte dalla politica, e per i tempi della burocrazia. Non certo per una situazione di emergenza ospedaliera. Purtroppo il governo ha detto che si esprimerà sulla possibile abolizione del distanziamento soltanto il prossimo 30 settembre, il giorno prima di un evento che ha bisogno di tempo per essere allestito e che non può rischiare di venire bloccato last minute con tutto quello che ne comporterebbe. Speravamo sinceramente di poter creare un precedente sensato che aiutasse lo stato e il settore a marciare verso una riapertura reale e non fittizia. Credevamo – e lo abbiamo fatto prima ancora che il Governo si esprimesse nel merito – che l'utilizzo del Green Pass potesse essere un veicolo per ricongiungerci alla normalità e anche un mezzo per spingere la comunità (e soprattutto le fasce più giovani) a vaccinarsi. Per questo siamo rimasti delusi dal modo in cui certi provvedimenti sono stati messi in atto finendo per trasformare quella che di fatto era un'opportunità in una minaccia e dando vita a un paradosso: mentre i concerti sono sempre di più militarizzati, controllati a vista, pieni di vincoli e regole da seguire, fuori dalle arene dedicate alla musica sembra sia possibile fare tutto quello che da decreto risulterebbe vietato nei nostri eventi.
Un paradosso, ripeto, che comincia a essere fortemente offensivo per tutte quelle persone che fanno parte di questo settore e che pur dovendo continuare a pagare tasse, bollette, affitti e quant'altro, hanno visto le possibilità di svolgere il proprio lavoro limitate al massimo (parliamo, almeno, di chi ha insistito per agire nel rispetto della legalità, senza cadere negli sconfinamenti illegali che, è sotto gli occhi di noi tutti, si sono fatti, forse inevitabilmente e forse giustamente, sempre più frequenti). Chi prende le decisioni ignora, tra le varie cose, quanto sia frustrante e ingiusto vedere i nostri colleghi di tutto il mondo poter lavorare a pieno regime mentre qui ancora dobbiamo discutere se sia lecito o meno fare i concerti con il pubblico in piedi e non solo con le sedute».
L'ultima frase di Cosmo è particolarmente significativa: non si capisce, in effetti, perché in Usa e in Inghilterra, ad esempio, i concerti dei Foo Fighters e dei Genesis si sono tenuti a capienza piena, senza distanziamento, mentre da noi il Green Pass non sembra essere sufficiente per poter avere delle capienze oltre i 500 spettatori al chiuso, che renderebbero sostenibili gli show per gli organizzatori. Un problema di sostenibilità economica che ha provocato la chiusura (si spera temporanea) del Magnolia, uno dei club più importanti di Milano per la musica dal vivo.
«È stata una stagione fantastica, piena di soddisfazioni, gioie e felicità. Sarebbe fantastico poter usare queste parole per descrivere questi ultimi mesi, sarebbe fantastico anche poter dire, come sempre, che ci rivedremo al più presto. Purtroppo non è così», inizia così il comunicato stampa del Magnolia, affidato ai suoi canali social. I gestori del locale spiegano, poi, quali sono i motivi che hanno portato alla decisione della chiusura: «Abbiamo sperato che con l'introduzione del green pass ci sarebbe stata una nuova stagione degli eventi dal vivo all'aperto, che fosse, uno strumento per tornare a fare in sicurezza i concerti senza distanziamento né sedute – come tra l'altro è avvenuto all'estero – mentre è stato semplicemente un'ulteriore limitazione aggiunta alle precedenti disposizioni. È stato difficile, complicato e pieno di ostacoli, ma è stata un'altra estate in cui comunque siamo riusciti a toglierci numerose gratificazioni, ci siamo aperti a nuovi orizzonti fatti non solo di musica. Sarebbe stata un'estate sicuramente peggiore se non avessimo avuto la compagnia di ognuno di voi e a ogni singola persona che è venuta, che ha collaborato con noi, che ha spostato anche solo una sedia ci sentiamo di dire un enorme grazie. A chi invece ci chiede se ci rivedremo presto, purtroppo dobbiamo rispondere che non sarà così. L'unico modo con cui rivedrete le nostre porte aperte sarà quando il green pass ci darà la possibilità di riempire il Magnolia a piena capienza, senza distanziamento né sedute. Questo è l'unico modo in cui può davvero vivere la musica nel nostro locale. Ci siamo sempre battuti per il rispetto delle regole e proprio per questo motivo – a malincuore – siamo costretti a non aprire durante la stagione autunnale; perché rispettare le attuali regole non dà in nessun modo la possibilità di sopravvivere a realtà come la nostra». La chiusura del Magnolia segue quelle, sempre a Milano, del Circolo Ohibò e del Serraglio. La situazione nella capitale non è affatto migliore, con i piccoli club che faticano a far quadrare i conti, affidandosi alle cene al tavolo per non andare in rosso. Ci auguriamo che la politica si faccia prontamente carico di un comparto fondamentale non solo per l'economia del paese, ma anche per la sua coesione sociale e per la sua crescita culturale: non possiamo permetterci un altro inverno senza musica.
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