Stadi e burocrazia, la rincorsa a Euro 2032

Lo smacco della cancellazione di Milano come sede della finale della Champions League 2027 suona come campanello d'allarme per tutto il sistema italiano. Notizia attesa e inevitabile, quella legata a San Siro. Era impossibile per il Comune dare alla Uefa le rassicurazioni richieste per chiudere il dossier e, dunque, non restava altra possibilità che abdicare. E' possibile che ciò che è uscito dalla porta principale rientri dalla finestra, ovvero la Figc lavora all'idea di tenere comunque in Italia l'evento 2027 spostandolo all'Olimpico di Roma. Però il segnale è stato forte e deve allarmare soprattutto in vista dell'Europeo 2032 che è stato ottenuto insieme alla Turchia.

A rischio non c'è solo Milano, una delle cinque sedi scelte dalla Figc per ospitare le partite europee insieme a Roma e Torino in attesa di completare l'elenco. Il pericolo è non riuscire a farsi trovare pronti alla scadenza del 31 ottobre 2026 quando federazione e Governo dovranno spedire a Nyon impegni e garanzie definitive sulla situazione degli impianti nel 2032 e sugli investimenti (quantità e tempistica) che servono per ospitare l'Europeo.

Mancano due anni, sembra un'eternità e invece non è così. Perché, ad esempio, San Siro dovrà attendere ancora mesi per conoscere il suo destino che pare segnato. Milan e Inter hanno rifiutato anche l'ultima offerta di ristrutturazione con il progetto firmato WeBuild e vogliono tornare sul piano originario di realizzare un nuovo stadio vicino a quello vecchio. I tempi, però, si allungano e il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha fatto sapere che se la scelta sarà abbandonare San Siro (magari per andare davvero a San Donato Milanese e Rozzano) allora i due club dovranno avere gli impianti pronti entro il 30 giugno 2030 quando scade il contratto per San Siro. Poi saranno sfrattati.

Ma se nel 2032 il vecchio Meazza non sarà più lo stadio del calcio, come è possibile pensare di farci l'Europeo della Uefa? O se dovesse essere circondato dai cantieri per la realizzazione di quello nuovo? Bisogna correre, insomma, specialità non nota ai tempi di politica e burocrazia italiane in tema stadi. Il confronto con la Turchia è impietoso. Mentre l'Italia ha intercettato una percentuale risibile dei 22,8 miliardi di euro investiti in tutta Europa tra il 2007 e il 2023, la Turchia ha fatto molto meglio: 1,388 miliardi spesi. Erdogan non avrà problemi, insomma, a presentare le infrastrutture a posto quando l'Uefa aprirà le lettere provenienti da Roma e Istanbul mentre Gravina - o chi per lui - è impegnato in un'affannosa corsa contro il tempo.

Milano, Roma, Napoli: in tutte le grandi città ci sono storie di progetti morti, finiti su un binario cieco o oppure enormemente rallentati. Cosa ce fa scappare potenziali investitori ma rischia anche di diventare un meccanismo non gestibile sulla strada di Euro 2032. E la figuraccia non sarebbe nemmeno paragonabile a quella della rinuncia alla finale della Champions League che doveva giocarsi a Milano e, forse, andrà a Roma.

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