Un gettone non può comprare una vita

Sono sempre più numerosi i sanitari «a tempo». Ma a volte, tragicamente, si scopre che non sanno curare chi si affida a loro. Si può assumere un medico come si assume un facchino? Affittandolo da una cooperativa? E pagandolo a gettone? Con tutto il rispetto dei facchini: c'è una certa differenza tra trasportare un pacco e curare chi sta male. Eppure in Italia, nei pronto soccorso, ma anche nei reparti più delicati come ginecologia, pediatria, anestesia, sono migliaia i medici ingaggiati così, proprio come si assumono i facchini. Fornitura esterna, prestazione occasionale e gettone. L'unica differenza è che per i medici delle cooperative, al contrario che per i facchini, il gettone è d'oro.

E anche questa, però, è una bella assurdità nella già assurda sanità italiana. Ma vi pare? Non ci sono i soldi per assumere medici, però ci sono soldi per strapagare (fino a 3-4 volte di più) i medici in servizio presso cooperative esterne. E questi dottori, oltre a guadagnare il triplo o il quadruplo dei loro colleghi interni, hanno anche il vantaggio di entrare negli ospedali senza alcun controllo, senza alcuna selezione e troppo spesso anche senza alcuna qualifica. Risultato: la sanità italiana spende di più per avere un servizio peggiore. Quindi si impoverisce. Mentre i medici delle coop, al contrario, si arricchiscono. E le coop pure. Il giro d'affari delle coop dei medici a gettone, infatti, ha raggiunto 1,7 miliardi di euro in quattro anni. E pazienza se, nel frattempo, qualcuno ne muore.

Eleonora aveva 14 anni. Qualche giorno fa, mentre andava a scuola a Dolo, in provincia di Venezia, è stata investita da un'auto. È arrivata l'ambulanza. Ma la dottoressa non è scesa. «Fate voi», ha detto agli infermieri. La ragazzina è morta. La dottoressa che non è scesa dall'ambulanza si chiama Anna Maria Lamanna: è originaria di Castel Volturno (Caserta) e lavora per una di queste cooperative a gettone. Non è specializzata in emergenza. È un medico di base: quello del medico di urgenza, sull'ambulanza, è il suo secondo lavoro. Lo fa per arrotondare. In servizio presso una coop. Affittata come un facchino. Tutto regolare, si capisce. La legge lo consente. Peccato solo per il risultato finale: lei guadagna, la cooperativa pure, la ragazzina invece perde. La vita.
La cooperativa per cui lavora la dottoressa che non scende dall'ambulanza si chiama Cmp Global Medical Division.

Ha sede a Granarolo, vicino a Bologna. Il presidente è Manuel Cristian Perez, padre peruviano e madre polacca, già candidato nel suo Comune per il centrodestra. Il suo nome era uscito anche tra i possibili acquirenti della società di basket Fortitudo. La cooperativa Cmp fornisce dottori del pronto soccorso, anestesisti, vaccinatori, pediatri. Ne gestisce oltre mille. La chiamano «la fabbrica dei camici bianchi». Nell'ultimo anno ha fatturato 16 milioni di euro (16.602.384 euro per l'esattezza). Un bel guadagno. Non per Eleonora, purtroppo.

Quello della ragazzina di Dolo, però non è un caso isolato. A inizio ottobre è successo a Lavagna, in Liguria. Una bimba di un anno viene portata all'ospedale: sta male, vomita, ha dolori fortissimi. La dottoressa in servizio non è interna all'ospedale: è in affitto dalla cooperativa Pediacoop. Visita la bambina. «Non è niente». La dimette. E la bambina muore. Ora la dottoressa è indagata. Un anno fa era successo a Novi Ligure: a essere dimessa una 76enne. Aveva i sintomi dell'enfisema, ma la dottoressa evidentemente non li ha riconosciuti. Anche lei era in affitto, prestata a gettone dalla cooperativa Amaltea. Trattasi di professionista calabrese, specializzata in medicina estetica. Alcuni dei responsabili di queste cooperative sono stati arrestati. Come Artemio Serafini, della coop La Fenice (era già finito nei guai con le coop per migranti, poi ha deciso di buttarsi sull'emergenza sanità). O come Mauro Gianotti della coop Altavista beccato a mandare nell'ospedale di Latina un anestesista che non era tale. Svariate Corti dei conti hanno messo in evidenza l'inefficacia economica dei medici a gettone. L'inefficacia sanitaria è sotto gli occhi di tutti. Chi vorrebbe trovare in sala operatoria un anestesista che non è anestesista?

I Nas dei carabinieri, qualche tempo, fa hanno svolto un'indagine sui medici mandati dalle coop in corsia: sono saltate fuori centinaia di violazioni della legge e di professionisti privi di qualifica. L' Anac, l'autorità anticorruzione, ha denunciato il fenomeno a febbraio: «Bisogna fermarlo». Già un anno prima il ministro della Salute Orazio Schillaci aveva garantito: «Andiamo verso lo stop». Invece no, nessuno stop. Per 1,7 miliardi di buoni motivi non c'è stato nessuno stop. A parte quello della vita di Eleonora. E ora la domanda è: chi sarà il prossimo?

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