Migranti, il medico di Lampedusa: "Il mio popolo merita il Nobel per la Pace"
a cura di LABITALIA/ADNKRONOS
Il telefono di Pietro Bartolo non smette mai di squillare. Amici, parenti, colleghi lo chiamano ininterrottamente da sabato sera per congratularsi con lui per l'Orso d'oro ricevuto a Berlino per il film Fuocammare di Gianfranco Rosi. È lui, il direttore del Poliambulatorio di Lampedusa, il vero protagonista del film lodato pubblicamente dal premio Oscar Meryl Streep.
Un eroe gentile, che ha salvato centinaia di migranti e visitato oltre 250 mila profughi. "Domani porterò la statuetta a Lampedusa, non vedo l'ora - dice Bartolo all'AdnKronos - Oggi sono a Milano per festeggiare il 30 e lode preso da mio figlio all'università. E domani torno sulla mia isola, che già mi manca. Porterò questa statuetta a loro, al mio popolo che se le merita".
È ancora frastornato, Pietro Bartolo, che da quasi 25 anni fa il dirigente medico a Lampedusa. Ha fatto centinaia di ispezioni cadaveriche e tutte loro hanno lasciato un segno. "Da sabato, da quando ho ricominciato a parlare della strage del 3 ottobre 2013 non faccio che sognare quei morti...". Un premio che gli ha stravolto la vita. "È stato un successo inaspettato. Ma io non vedo l'ora di tornare a Lampedusa a fare il mio lavoro - racconta Bartolo - Ieri mi hanno telefonato per dirmi che la Guardia costiera ha soccorso un altro barcone pieno di profughi. Sinceramente, in quel momento avrei voluto essere lì, non a Berlino. Anche se sono felice per il successo di questo film".
Bartolo condivide l'idea del regista di Fuocammare, Gianfranco Rosi, di dare il Premio Nobel per la Pace agli abitanti di Lampedusa. "È un'idea di cui si parla da tempo - dice - D'altronde i lampedusani, non solo i pescatori, ma tutti gli abitanti, non si sono mai tirati indietro: sono sempre stati presenti, sempre pronti a dare una mano. Ricordiamoci che nel 2011 su una popolazione di 5.500 abitanti c'erano circa 6.000 tunisini. Eppure i lampedusani non si sono mai lamentati. Anzi, ricordo perfettamente che cucinavano per loro, portavano loro del caffè caldo, delle zuppe, vestiti, non hanno mai protestato, non si sono mai lamentati. Insomma, di fronte alle sofferenze e alle richieste di aiuto non si sono mai tirati indietro. Perché Lampedusa è un popolo di mare. E quello che arriva dal mare va raccolto, come ha detto Rosi ritirando il premio a Berlino. Quella frase gliela dissi pochi giorni dopo averlo conosciuto. È la verità. Bisogna premiarla questa popolazione, merita un riconoscimento".
Bartolo spera che l'Orso d'oro ritirato a Berlino possa essere "uno stimolo a far sì che questa mattanza finisca al più presto. Basta con i morti in mare, basta con queste sofferenze. Non voglio più vedere bambini morti in mare, giovani, madri, che muoiono annegati. Per non parlare di coloro che muoiono in alto mare e nessuno saprà mai nulla di loro. Speriamo che presto i lampedusani possano avere una vita normale, senza assistere a fatti atroci, terribili, che incidono sull'anima. I lampedusano non sono dei robot...".
Ma quanto può essere utile un film? "Molto - risponde il medico - Spero che molti politici, non parlo solo degli italiani dove si è mostrata una grande sensibilità, fatta eccezione per qualcuno, ma dell'Europa. Gianfranco Rosi non trovava la chiave giusta per questo film, poi abbiamo iniziato a parlare. Gli consegnai una chiavetta Usb con le immagini di alcuni soccorsi, di morte e sofferenza sul molo. Il film ha premiato la mia insistenza, ma ha fatto soprattutto in modo che le mie esperienze andassero a buon fine". Per Bartolo "l'accoglienza è un dovere di tutti noi, altro che muri. Dobbiamo creare ponti, non muri".
Pietro Bartolo è innamorato di Lampedusa. Ci vive da moltissimi anni, ha vissuto l'inizio dell'emergenza sbarchi. "Lampedusa è un dono di Dio, è una delle più belle isole del mondo, anche se non ce ne rendiamo conto, e merita di essere valutata per un posto turistico - dice - Io ci vivo da sempre e i migranti non hanno mai comportato un disagio". Se la prende soprattutto con chi chiama i migranti 'clandestini': "Che parola schifosa", osserva. "Sono persone come noi". Squilla ancora il telefono. Tutti lo vogliono incontrare. È stato invitato anche a Montecitorio, lo vuole incontrare il governatore Rosario Crocetta, ma anche il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini. "Ma la cosa che mi rende più felice - confida - è tornare a Lampedusa. Dalla mia gente. Con l'Orso d'oro, che si è svegliato dal letargo".