Televisione
February 11 2019
Popolo contro élite, giornalisti sguaiati in sala stampa, il televoto ribaltato da una giuria "radical chic" e un direttore artistico che disconosce il meccanismo di elezione del vincitore del Festival. Quarantotto ore dopo la finalissima e la vittoria di Mahmood, il "grande romanzo" di Sanremo 2019 continua a far discutere, generando sui social una "commedia degli equivoci" - innescata (anche) dalle dichiarazioni di Ultimo - sulla quale vale la pena di provare a fare chiarezza.
Piccola indispensabile premessa, visto che si battaglia da ore sui social senza conoscere nel dettaglio la composizione del voto che ha portato alla vittoria di Mahmood e al secondo posto di Ultimo. In finale, nell'ultima sfida a tre, Mahmood ha ottenuto il 20,95% dal televoto, piazzandosi terzo dietro Ultimo (48,80% dei consensi) e Il Volo (30,25); la sala stampa ha incoronato vincitore Mahmood, seguito da Ultimo e da Il Volo; la giuria d'onore ha invece assegnato il primo posto a Mahmood, secondi ex-aequo Ultimo e Il Volo.
La combinazione dei tre verdetti ha portato Mahmood alla vittoria con il 38,92% del totale, Ultimo al 35,56 e Il Volo al 25,53. C'è dunque un complotto dietro il secondo posto di Ultimo? No, ma il peso specifico assegnato dal regolamento alle diverse giurie ha prodotto un risultato che ha reso evidente lo scollamento tra il gusto del pubblico - che emerge dal televoto - e quello degli addetti ai lavori.
Cosa che del resto si era già capita venerdì sera, quando la "giuria d'onore" aveva premiato come miglior duetto quello di Motta e Nada, facendo scattare i fischi dell'Ariston, e la rappresentazione plastica si è avuta poi sabato notte, con l'insurrezione dell'Ariston dopo il quarto posto di Loredana Bertè: il pubblico le aveva tributato tre standing ovation ma nonostante questo i giurati vip l'hanno piazzata solo sesta nella loro classifica, spingendola matematicamente fuori dal podio.
Poche ore dopo si è arrivati all'attacco frontale di Ultimo ai giornalisti, accusandoli di avergliela "tirata" - "io mi sono sempre grattato, ma non è servito" - solo per aver pronosticato da settimane la sua vittoria. "Voi avete questa settimana per sentirvi importanti e dovete sempre rompere il cazzo", è sbottato. L'irritazione ci sta, la delusione per il secondo posto pure. Poi però, a bocce ferme, qualcuno dovrebbe ricordargli che il regolamento che ha sottoscritto è identico a quello che nel 2018 gli ha consentito di vincere la categoria Giovani.
Sulla "questione Sanremo" è entrato a gamba tesa anche Matteo Salvini che, intervistato da La Stampa, ha attaccato la giuria d'onore definendolo "un salotto radical chic" e sottolineando la distanza tra élite e popolo. "Una giuria senza senso, mancava solo mio cugino e sarebbe stata completa. Come se mi chiamassero ad attribuire il Leone d'Oro", ha spiegato senza mezze parole il vice premier, che ha invece difeso i giornalisti ("sono lì per quello, valutare le canzoni").
A sorpresa, Salvini ha rivelato di essersi fatto dare il numero e di aver contattato Mahmood dopo la vittoria. "Comincia adesso, mi sono informato sul suo percorso artistico e gli ho voluto dire direttamente che si deve godere la vittoria e che sono felice per lui". Poi ha preso le distanze dalle polemiche relative alle origini del cantante (suo padre è egiziano, ndr): "È un ragazzo italiano che suo malgrado è stato eletto a simbolo dell'integrazione. Ma lui non si deve integrare, è nato a Milano. Lo hanno messo al centro di una storia che non gli appartiene".
Anche l'altro vice premier, Luigi Di Maio, ha voluto dire la sua sul Festival criticando la scelta dei giornalisti e della giuria e avanzando una proposta: "Per l'anno prossimo, magari, il vincitore si potrebbe far scegliere solo col televoto, visto che agli italiani costa 51 centesimi facciamolo contare". Ma davvero affidare tutto al televoto è davvero il migliore dei metodi possibile? Guardando al passato, viene da rispondere un secco no.
Così come erano falsate le classifiche dei Sanremo negli anni '80, nel pieno boom delle schedine Totip, poca chiarezza si è avuta anche in tempi più recenti, quando il vincitore veniva decretato via televoto (magari grazie ai call center che alteravano le votazioni). Impossibile, ad esempio, non ricordare quando Emanuele Filiberto di Savoia e Pupo sfiorarono la vittoria - secondo posto con Italia amore mio - buscandosi le denunce del Codacons e di Striscia la Notizia.
L'intervento delle giurie nasce proprio dall'esigenza di equilibrare il peso eccessivo del televoto ma è indubbio che l'attuale regolamento vada rivisto (magari tornando alla soluzione scelta nei Sanremo di Carlo Conti), dando più peso al gusto del pubblico, bilanciandolo con quello dei consumatori di musica (la demoscopica) e di una giuria composta da addetti ai lavori competenti (e non da guest star chiamate all'ultimo minuto a svernare per qualche giorno a Sanremo). Lo ha detto anche Claudio Baglioni, a Festival finito però, e lo ha ripetuto il presidente della Rai, Marcello Foa.
"A #Sanremo2019 c'è stata una sproporzione, un chiaro squilibrio tra il voto popolare e una giuria composta da poche decine di persone". Lho dichiarato a Unomattina. Il voto della giuria popolare va rispettato e non stravolto. Ne terremo conto per la prossima edizione pic.twitter.com/6Q9ZSPiRsS
— Marcello Foa (@MarcelloFoa) 11 febbraio 2019
L'ultima considerazione, riguarda invece i giornalisti e la sala stampa. Francesco Facchinetti ha infatti postato un video il cui si vedono alcuni giornalisti che esultano per il terzo posto de Il Volo e si lasciano andare ad alcune reazioni scomposte.
Questo è il video in cui alcuni giornalisti nella sala stampa di #Sanremo2019 esultano al terzo posto de @ilvolo gridando felici: “Merde”. Io vi prenderei a calci in culo fino alla fine del mondo: idioti, coglioni e buffoni. pic.twitter.com/7C588AzUfF
— Francesco Facchinetti (@frafacchinetti) 10 febbraio 2019
"Hanno usato parole come 'merde', 'vaffanculo', 'in galera'. Le consideriamo una vera e propria forma di bullismo, di sfottò da stadio. Queste persone non hanno portato gloria all'ordine che rappresentano", hanno replicato i tre cantanti, che per altro si sono dimostrati educati e rispettosissimi nonostante la pressione e le critiche a tratti feroci.
Sul "tifo scomposto" (lo stesso cui si assiste tutti gli anni, per altro, vedi la festa per la vittoria Francesco Gabbani), gli insulti (sempre da biasimare) e l'atteggiamento da tenere in sala stampa ("cos'è un villaggio vacanze?", cit.) si è scatenata unadiscussione sui social a tratti surreale, che ha coinvolto in prima persona anche molti dei presenti.
Con tanto di accuse incrociate a tratti demenziali, come quelle di chi bolla tutti i giornalisti in trasferta a Sanremo come "un'élite in vacanza", ignorando che della presunta "casta" fanno parte anche giovani professionisti che guadagnano 5 euro al pezzo e che il 99% sta lì per lavorare e non per soddisfare il proprio ego.