Televisione
March 04 2021
A Sanremo c'è già chi la chiama la «frenata del Festival». Premessa fondamentale: un paragone secco con le altre edizioni non ha molto senso, o meglio, tutto va contestualizzato per capire cosa sta accadendo. Dopo la partenza senza boom, la seconda serata non è decollata: in media 7.585.000 telespettatori con il 42,1% di share, con la prima parte che fino alle 23.55 ha tenuto incollati oltre 10.113.000 telespettatori con il 41,21%. Chi profetizzava numeri bulgari grazie all'«effetto coprifuoco» - con la gente chiusa in casa già alle 22 - e all'aumento della platea televisiva causa Covid, è stato seccamente smentito. Ma oltre al calo fisiologico che colpisce da sempre la seconda puntata diSanremo, c'è di più. Che cosa esattamente?
Tanti fattori, a cominciare da una coincidenza che sa di «tempesta perfetta». Vista la pandemia, la Rai ha capito da subito che sarebbe stato impossibile realizzare come da tradizione Sanremo a febbraio e così ha deciso di far slittare il carrozzone di circa un mese rispetto alle tradizionali date. Poche settimane sul classico calendario, valgono però il doppio per quello televisivo e modificano la la lettura degli ascolti: semplificando, più si va verso la primavera, più le teste davanti alla tv calano e nonostante la platea complessiva sia pressoché uguale a quella dello scorso anno (anche se nella prima serata erano quasi due milioni in meno rispetto al 2020, circa 28), diversi elementi hanno contribuito a scompaginare i giochi. A cominciare dal calendario calcistico: di solito la Rai fa i salti mortali per incastrare il Festival nella settimana più giusta – quella con poche partite - e non subire travasi di spettatori, ma quest'anno è stato impossibile fare diversamente. Secondo quanto risulta a Panorama.it, la tv di Stato aveva sondato la Lega Calcio che a sua volta ha poi vagliato l'ipotesi di uno spostamento degli orari di gioco – con le squadre in campo alle 19 invece che alle 21 - poi però l'accordo non è andato in porto per svariati motivi (tra cui la perdita di ascolti delle tv che trasmettono le partite).
Il risultato? Ieri sera, mercoledì 3 marzo, si sono giocate sette partite di Serie A tra le 20.45 e le 22.45 per il turno infrasettimanale, che hanno raccolto in totale il 4,5% di share e richiamato sui canali a pagamento una quota di pubblico maschile. Come se non bastasse, a rosicchiare punti ci si sono messi anche Chi l'ha visto?, che ha un pubblico granitico, Canale 5 con la soap Daydreamer (lo zoccolo duro delle fan di Can Yaman non lo molla mai) e Tv8 si è giocata il «meglio di» Italia's Got Talent. Tradotto in numeri, le partite di solito tolgono 3,5 punti di share, 5 punti nel caso in cui gioca la Juventus, che per altro sarà in campo sabato contro la Lazio, pari a circa 1 milione di spettatori. Stasera la situazione si complica pure: oltre a Inter-Parma (la beffa è che Amadeus è interista) e presumibilmente arriverà al 3% di share, ci sarà pure la finale di MasterChef, che lo scorso anno fece ascolti record con 1,2 milioni di spettatori e i talk (Piazza Pulita e Diritto e Rovescio alle prese con la notizia delle dimissioni di Zingaretti da segretario Pd). Senza contare la rivoluzione silenziosa delle reti digitali e l'abbuffata di serie tv e intrattenimento tra Netflix e Amazon che, come i più attenti hanno notato, affollano con i loro spot le inserzioni del Festival.
Davanti a un quadro così complesso, per una volta la Rai non ha giocato la carta della difesa tecnica e, in modo poco ecumenico, ad esporsi è lo stesso Amadeus mettendoci la faccia. «Questi dati comunque mi hanno sorpreso in positivo. 10 milioni di spettatori davanti alla tv in questo contesto storico sono commoventi: quando sei arrabbiato e ti invitano a una festa di compleanno non ci vai. E poi non possiamo dimenticare che stiamo vivendo una situazione anomala, fuori c'è una guerra, il picco di povertà assoluta: la gente è arrabbiata, c'è una situazione imparagonabile con gli anni passati e questo si riflette sugli ascolti», spiega il conduttore.
Senza dimenticare che il fattore evento si è sfilacciato: le signore in prima fila, i politici, le contestazioni, l'assenza di pubblico in sala, il palco esterno, la festa di piazza. Tutto il colore non c'è più – ed entrava quotidianamente nelle case con i programmi del day time Rai, che adesso al massimo hanno due inviati sul campo e raccontano una città pressoché deserta - e si trascina via l'evento. Così il Festival, da momento unico e rito collettivo, è stato quasi derubricato a show musicale, benché con più soldi a disposizione (sceso a 15 milioni, uno meno del 2020, portandone per altro almeno il doppio nelle casse eternamente in rosso della Rai). «Per noi sarebbe stato più facile buttare la palla in tribuna e non giocare», osserva Amadeus tornano alla metafora calcistica. «Accedere i riflettori e andare in onda è stato comunque un segnale di non resa. Mi hanno massacrato e fatto passare per capriccioso quando chiedevo di avere pubblico in platea, pensavo a 400 medici e infermieri in sala, distanziati e magari già vaccinati e sarebbe un gesto bellissimo: la verità è che l'Ariston è chiuso, ma tutti gli altri teatri non hanno aperto. Pentito? Nemmeno per un istante. Sono felice di essere qui e di metterci la faccia».