News
May 22 2012
Parabola savianesca sulla “mazzetta” come male atavico del Belpaese, la storia-che-si-ripete, il terremoto dei ricchi e il ricco corrotto e corruttore. Sennonché non ci sarebbe nulla di male se Saviano raccontasse la fiaba con il marchio fiabesco. Invece no, Saviano pretende il crisma della verità storica, laddove di questa non vi è traccia.
Qual è la fonte del camorrologo? Per sua stessa ammissione, egli si rifà ad un articolo scritto nel 1950 da uno sceneggiatore candidato all’Oscar che a sua volta trae la notizia da un anonimo. L’unico testimone diretto dunque è Benedetto Croce, che negli scritti riguardanti quel drammatico episodio, in cui perse in un colpo solo genitori e sorella, non cita mai la storia delle “centomila lire”, attualizzabili in una cifra pari a 420mila euro, non briciole. La nipote del filosofo “infangato” post mortem prende carta e penna per ribattere alla critica, e Saviano querela. Pesantemente.
Ma, cosa sorprendente, è lo stesso Saviano a rivelare l’assurdità censoria della querela da lui sporta. E sapete perché? Perché contrasta con la libertà di stampa, con l’articolo 21 della Costituzione così idolatrato dai samurai anti-bavaglio.
Che cosa vuol dire libertà di stampa? “Libertà di poter fare il proprio lavoro senza essere attaccati sul piano personale, senza un clima di minaccia”. Parola di Saviano. “Qualsiasi voce critica sa di potersi aspettare ritorsioni”. E una querela ultramilionaria ha valore a dir poco esemplare: colpirne uno per educarne cento.
“Libertà di stampa significa libertà di non avere la vita distrutta, di non dover dare le dimissioni, di non veder da un giorno all’altro troncato un percorso professionale per un atto di parola, come è accaduto a Dino Boffo”. E come potrebbe accadere a Marta Herling e al Corriere del Mezzogiorno, se Saviano non ritirerà la querela.
“Si fanno domande in nome del proprio lavoro e della possibilità di interrogare la democrazia”. La democrazia, non Saviano però. “Una persona che pone delle domande, non può essere tacitata e denunciata per averle poste”.
L’ha detto lui, eh, in un articolo pubblicato su Repubblica il 2 ottobre 2009, un inno alla libertà di stampa e di critica, contro censura, intimidazione e ricatto. Parola di Roberto Saviano.