Sawiris in Telecom tenta il colpaccio

“Quando una moneta cade per terra capisco dal rumore come farla fruttare, io non conosco la sconfitta”: comprereste un'auto usata da uno che sventola un simile motto? Naguib Sawiris, il magnate egiziano della telefonia, le sue auto usate le ha sempre vendute effettivamente assai più care di quanto le aveva pagate comprandole. Con l'Italia ha fatto un primo gigantesco affare comprando e rivendendosi nel giro di quattro anni Wind, acquisito dall'Enel con una controversa operazione e rivenduto appena possibile al gruppo russo-scandinavo Vimpelcom. Adesso ci riprova, puntando al bersaglio grosso, addirittura Telecom, di cui si propone senza imbarazzo di diventare primo azionista con appena 3 miliardi di euro , e raccoglie pure qualcosa di diverso dalle risate. La fontana di Trevi e il Colosseo, per ora, non gli interessano, sollievo in Sovrintendenza...

Il 6 dicembre il consiglio d'amministrazione di Telecom, convocato per decidere innanzitutto sullo scorporo della rete e sulla vendita di Telecom Italia Media (verosimilmente saranno due ”no”) dovrebbe iniziare a valutare anche l'offerta del Faraone. Cosa farà? La tentazione di prenderlo sul serio c'è: quei soldi saranno anche pochi, rispetto – ad esempio – ai 29 miliardi di euro di debiti che ancora gravano sul gruppo, ma sono pur sempre una boccata d'ossigeno. Peccato che Sawiris offra un prezzo per azione troppo basso per i valori di carico strampalati ai quali i soci stabili di Telecom (quelli “incastrati” dentro la holding Telco, cioè Telefonica, Generali, Mediobanca e Intesa) conservano i loro titoli, appena 0,7 euro contro 1,5. E allora? Allora Telecom respingerà questa prima offerta ma non taglierà i ponti con lo spregiudicato finanziere cristiano-copto, che candidamente ha ammesso, in un'intervista al Financial Times, di non avere debiti “per la prima volta in vita sua”. E quindi, come dire: volendo, potrebbe anche farne qualcuno, per mettere sul tavolo soldi veri. Ma non sarebbe più se stesso...

In realtà, levantino come da oleografia, Sawiris sta punzecchiando l'esausta compagine di controllo di Telecom, dove le banche e le Generali sono incastrate dall'evidenza del disastroso investimento “di sistema” effettuato a suo tempo ed oggi in perdita marcia, e Telefonica – gravata dal peso di un brutto andamento gestionale – rimane anch'essa, e in perdita, solo per interdire alla partecipata italiana gli altrimenti opportuni sviluppi di business in Sud America che le darebbero fastidio sul ricco mercato sudamericano. Come dire: Telefonica è l'unica ad avere un interesse preciso per restare socia di Telecom, peccato sia un interesse in conflitto con quello che dovrebbe avere di socio Telecom...

Ma Sawiris in realtà che scopo ha, nel sostenere la sua offerta, temeraria nonostante l'incongruità? Intanto, da bravo speculatore, fiutando il vuoto di potere si lancia nella mischia: qualcosa gli resterà attaccato, pensa. “Ci vorrà un aumento di capitale, per Telecom”, ha spiegato in sostanza, “e noi vogliamo partecipare. Se i soci scegliessero di non partecipare, arriviamo noi e li sostituiamo”. Poi, meritoriamente, Sawiris ha raccontato di aver incontrato il vertice di Telefonica, prima ancora di avanzare la sua offerta, e gentilmente ha spifferato di aver avuto l'impressione che il gruppo spagnolo sia in conflitto d'interesse e che tenga Telecom «in ostaggio per prevenirne la crescita in America Latina». E non va sottovalutato che, contemporaneamente, l'egiziano sta manifestando interesse anche per la francese Sfr del gruppo Vivendi: “Stiamo studiando il dossier”, ha confermato il “Faraone” al Financial Times, ma “il problema è che le cifre sono troppo elevate, e che l'acquirente dovrà essere un grande gruppo". Invece per Telecom no?

In concreto, insomma, Sawiris sta più che altro facendo sondaggi e lanciando “balon d'essai”. Fa leva – almeno sul piano dell'immagine - proprio su questo clamoroso conflitto d'interessi che spacca i soci Telecom. Si sa che la francese Vivendi ha messo in vendita in Brasile la controllata Gvt, che controlla la rete in fibra ottica nel Sud del grande Paese sudamericano, ed ha chiesto per cederla lo sproposito di 7 miliardi di dollari, pari a 10 volte l'ebitda del 2012. A questi livelli comunque Telecom non vuol salire, ma anche se volesse, Telefonica direbbe no. E comunque i termini per le offerte non-vincolanti sono scaduti a fine novembre senza annoverare Telecom tra i pretendenti.

E sì che il Sudamerica già oggi rappresenta per Telecom il 38,1% dei 22 miliardi di ricavi totali (dai al 30 settembre 2012), afflitti da un tenore economico complessivamente avaro, con un calo del 3% per il margine e 400 milioni di cassa in meno...

Insomma, se proprio nuovi soci Telecom volesse prendere a bordo – permettendo quelli vecchio – dovrebbero avere spalle larga e nessun conflitto d'interessi, oltre che disponibilità a restare a lungo termine: l'identikit opposto a quello di Sawiris, che sportivamente riconosce di non avere grandi risorse finanziarie. E che, in fondo, si è trovato a lungo – per quanto poi la pratica sia sfumata in nulla – nell'imbarazzante condizione di non saper spiegare in dettaglio la destinazione di 97 milioni di euro di provvigioni pagate per comprare Wind battendo l'offerta del fondo americano Blackrock. Ordinarie provvigioni commerciali o qualcosa di diverso? Una domanda su cui la Procura di Roma aprì una clamorosa inchiesta giudiziaria, finita però nella sabbia del deserto...

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