Economia
May 10 2018
Con la firma apposta sul memorandum per abbandonare l’accordo sul nucleare con l’Iran e introdurre nuove sanzioni verso i paesi che non prendono le distanze da Teheran, il presidente americano Donald Trump ha scatenato una serie di effetti a catena che avranno ripercussioni sugli equilibri geopolitici ed economici globali.
Il nuovo memorandum bandisce contratti commerciali con entità iraniane per comprare o vendere qualsiasi cosa, dal petrolio alle auto, dall’acciaio ai pistacchi, e le aziende hanno tempo fino a 180 giorni per modificare gli accordi. Trump, sottolinea The Economist, è convinto che voltare le spalle al Jcpoa migliorerà la posizione negoziale degli Stati Uniti anche in vista di un prossimo incontro con il leader nord coreano Kim Jong-un.
Fra tutti i paesi coinvolti, la Cina è quello che si avvia a incassare alcuni dividendi da questa novità. Gli Stati Uniti non importano greggio direttamente dall’Iran e, mentre non ci sono garanzie che i principali clienti di Teheran si sottometteranno alle condizioni di Washington, è certo che Pechino manterrà aperti i canali di scambio.
In gioco, evidenzia Cnn, ci sono quasi un milione di barili di petrolio al giorno e la Cina, che vanta l’economia che cresce più velocemente al mondo, ha bisogno di questa fornitura. Lo scorso anno, infatti, il greggio ha rappresentato l’80% degli scambi commerciali da 37 miliardi di dollari intercorsi fra Cina e Iran.
Poche settimane fa, riferisce Bloomberg, la Shanghai International Energy Exchange ha lanciato futures sul greggio denominati in yuan. La novità non solo protegge i gruppi interni dalla volatilità dei prezzi sui mercati internazionali e crea un benchmark per l’Asia, ma potrebbe rappresentare una via d’uscita alle sanzioni americane per il greggio iraniano. Inoltre, se gli alleati europei decideranno di accettare le regole di Washington e ridurre o bloccare l’acquisto di petrolio dall’Iran, una mancanza di acquirenti rappresenterà comunque un’opportunità per le raffinerie cinesi.
Dalla metà degli anni Ottanta alla fine degli anni Novanta, la Cina ha giocato un ruolo di primo piano nel nucleare iraniano, ma attualmente è un partner neutrale e sostiene gli accordi del Jcpoa. Lo scorso mese, spiega Lobe Log, la Cina ha ospitato un seminario del P5+1, il consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per la cooperazione energetica nucleare con l’Iran che, fra i suoi membri, conta Cina, Francia, Regno Unito, Germania, Stati Uniti e Russia. La China National Nuclear Corporation, inoltre, gestisce la ristrutturazione del reattore ad acqua pesante di Arak che dovrebbe essere completata nei prossimi tre anni e non ha alcuna intenzione di rinunciare alla commessa per il cambio di rotta di Washington.
Secondo Li Weijian, esperto di affari del Medio Oriente presso Shanghai Institute of International Studies, la mossa di Trump potrebbe impattare anche sull’economia cinese allargata. Se l’Iran continua ad aprirsi all’economia di mercato, infatti, la Cina ha maggiori possibilità di investimento, ma la mossa di Washington rischia di spingere il paese verso l’isolamento. E questo potrebbe pregiudicare il ruolo dell'Iran nell'ambito del progetto infrastrutturale e di politica estera cinese "One Belt One Road" che punta a farne un partner chiave nei collegamenti fra Pechino e l'Eurasia.
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