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June 12 2018
Si chiama SCO, Shangai Cooperation Organization, e il suo promotore è proprio la Cina del presidente Xi Jinping, ma al suo tavolo siede anche la Russia di Putin e quest'anno ospite d'onore è stato anche l'Iran, reduce dall'uscita unilaterale degli Usa dall'intesa sul nucleare. Non è stato creato adesso, ma proprio in questo momento rappresenta più che mai l'alternativa al G7 e alla Nato.
Mentre in Canada, infatti, si riunivano i leader dei sette paesi più industrializzati (Canada, Germania, Francia, Gran Bretagna, Giappone, Italia e Stati Uniti), con lo strappo senza precedenti da parte del capo della Casa Bianca, Trump, a Qingdao, in Cina, si è consolidato il "blocco" anti-occidentale.
Al tavolo dell'anti G7, infatti, erano seduti i massimi rappresentanti di Cina e Russia, ma anche di potenze nucleari asiatiche come India e Pakistan, oltre alle ex repubbliche sovietiche di Kazakistan, Kirghikizstan, Tagikistan e Uzbekistan.
Come se non bastasse, è stato invitato come osservatore anche l'Iran, che aspira sempre più a trovare alleati forti in chiave anti-Trump.
Nato nel 2001 come organizzazione che si voleva contrapporre all'occidente, oggi lo SCO ha nuovi obiettivi. A farne parte sono potenze mondiali un tempo in via di affermazione e oggi posizionate a livello strategico, militare e anche economico. Paesi con un Pil in crescita e con la voglia di contenere l'egemonia statunitense e la politica aggressiva portata avanti dal presidente Trump, anche sotto forma di dazi (vedasi la Cina).
Se i membri sono ancora sei, la SCO potrebbe allargare i propri confini anche ad Afghanistan, Bielorussia, Mongolia e soprattutto Iran. Interlocutore privilegiato - anche se non componente a tutti gli effetti - è poi la Turchia, nonostante quest'ultima sia parte della Nato.
Non è un caso che a organizzare il vertice annuale - così come a presiedere i lavori - sia Pechino, reduce da un duro braccio di ferro con Washington proprio sul fronte delle tariffe commerciali. Il disaccordo con gli Stati Uniti riguarda anche l'intesa sul nucleare iraniano e non a caso la prima dichiarazione, a inizio lavori a Qingdao, è stata a questo proposito: "La Cina è pronta a lavorare con la Russia e gli altri paesi per il mantenimento dell'intesa" ha avvertito il presidente cinese Xi Jinping.
Agli interessi strategici si uniscono poi quelli economici. Non a caso il vertice orientale è servito per firmare accordi per un valore commerciale di 2,6 miliardi di euro, oltre che a creare un fondo da circa 1 miliardo. Xi Jinping ha parlato, infatti, di cooperazione con la Russia "matura, risoluta e stabile" e ha definito quella con Mosca la relazione "più profonda, strategica e significativa" tra big mondiali.
"Al di là dei cambiamenti nella situazione internazionale - ha aggiunto - Cina e Russia si sostengono sempre nella difesa dei rispettivi interessi".
Meno scontata, ma significativa la presenza quest'anno dell'Iran di Rohani. La repubblica islamica si trova ora a un bivio: dopo il no degli Usa al rinnovo degli accordi del 2015 (che hanno sospeso le sanzioni economiche verso Teheran in cambio della rinuncia allo sviluppo di un programma nucleare a fini militari) l'Iran è tentato di far ripartire le proprie sperimentazioni e la creazioni di un arsenale atomico.
Alleati storici di Teheran sono proprio la Cina e la Russia, alle quali si è unita un'altra potenza nucleare - l'India - che ha detto di non voler seguire la strada statunitense, difendendo dunque la legittimità di Teheran a dotarsi di armamenti atomici, senza penalizzazioni.
Il presidente Rohani, secondo gli osservatori, è intenzionato a posizionarsi ancora di più sotto l'ombrello delle potenze asiatiche, in chiave anti-Usa, sfruttando le aperture del Cremlino: "L'Iran è coinvolto nella SCO da molto tempo, siamo consapevoli della vostra volontà di parteciparvi in pieno. Conoscete la posizione della Russia e vi sosterremo" ha dichiarato il presidente Putin.
L'assemblea di Qingdao, dunque, è stata letta come la prova generale dell'ingresso iraniano nel consesso.
Al di là dei discorsi formali, però, Mosca mantiene un atteggiamento di maggiore cautela. La Russia, infatti, non vuole rinunciare alla propria sfera di influenza in Asia, ma non dimentica l'Europa. Da un lato, dunque, vuole rimanere punto di riferimento a est, soprattutto per non lasciare campo libero alla Cina; dall'altra vorrebbe mantenere (e ripristinare) i propri rapporti e scambi commerciali con i partner europei.
In gioco c'è la leadership su paesi asiatici che storicamente avevano avuto come interlocutore privilegiato proprio l'ex Urss, ma i quali oggi la Cina rappresenta un alleato potenzialmente più forte e attrattivo.
A unire Russia e Cina, però, ci sono almeno due fattori: il comunque "nemico" statunitense e la lotta contro il terrorismo, che ha già colpito entrambi i colossi sia in patria, seppure in forme differenti, sia all'estero e soprattutto in Siria.
La situazione mediorientale rappresenta sia per Mosca che per Pechino un terreno comune di lotta, soprattutto all'estremismo islamico. La Russia conosce da anni il terrorismo ceceno, che ha stretto legami con quello qaedista e dell'Isis. Ma anche la Cina è alle prese con la lotta agli estremisti interni, rappresentati in primo luogo dagli Uiguri, una minoranza etnica di fede musulmana e lingua turca, che conta su almeno 5.000 combattenti pronti a unirsi all'Isis in Siria.
Proprio del governo siriano sono "sponsor" sia Mosca che Pechino, in termini militari. Nonostante il governo cinese mantenga una posizione formalmente più defilata, ha propri militari impegnati sul campo nell'addestramento delle truppe di Assad. Quinto esportatore di armi in Siria tra il 2006 e il 2010, ha deciso di recente si aumentare le voci di spesa per armamenti moderni e personale specializzato, anche per tutelare i propri interessi economici.
Pechino non vuole solo difendersi da attacchi terroristici (come quello messo a segno nell'agosto 2017 contro l'ambasciata cinese in Kirghizistan), ma vuole anche proteggere quello che gli analisti hanno definito "l'hub logistico chiave" per la Cina, ovvero la Siria stessa, dove Pechino si è assicurata appalti per 40 miliardi di dollari nella ricostruzione del Paese.
Anche la Russia ha interesse esercitare la propria influenza in Medio Oriente, come ampiamente dimostrato dall'intervento militare pro-Assad.
Che i due Paesi asiatici siano cresciuti e rappresentino interlocutori indispensabili negli equilibri in Asia è chiaro e non solo per il fatto che entrambe sono potenze nucleari. Anche questi Stati vivono il problema del terrorismo, soprattutto a causa della guerra in Afghanistan.
Al di là delle frizioni tra i due, esiste un nemico comune che era Al-qaeda coi talebani (e oggi è rappresentato anche dall'Isis). Il governo di Kabul è ancora troppo debole e non fa parte della SCO, ma i problemi del paese riguardano direttamente i due paesi vicini.