Economia
July 26 2018
Un pezzo ai francesi, un altro ai tedeschi e gli stabilimenti italiani ai cinesi. Sarà così il futuro di Fca dopo la scomparsa di Sergio Marchionne? Uno spezzatino? È poco più di una suggestione che aleggia tra gli analisti, una possibilità da tenere comunque in considerazione in vista delle prossime mosse degli Agnelli.
Se infatti Marchionne ha realizzato un risultato straordinario consegnando agli azionisti un gruppo salito al settimo posto tra i giganti dell’auto, con un utile netto di 5 miliardi, zero debiti e perfettamente in grado di andare avanti sulle sue gambe, è altrettanto vero che per la finanziaria Exor guidata da John Elkann avere una così grande partecipazione nel settore automobilistico rappresenta un rischio. Che può essere attenuato o annacquando la Fca in una grande alleanza, oppure vendendo il gruppo a pezzi e incassando così molto di più rispetto ai 25 miliardi di euro di valore di borsa. Ed è questa l’ipotesi che oggi intriga di più gli analisti. Che infatti immaginano in futuro lo spin-off di Jeep, di Ram e di Alfa Romeo-Maserati.
Ma a chi potrebbe andare che cosa? Iniziamo dalle attività americane, quelle che rappresentano più di metà del totale dei veicoli venduti e, si stima, l’80% dei margini.
I suv della Jeep e i pick-UP di Ram sono i bocconi più pregiati e potrebbero interessare a chi non è forte sul mercato Usa. Per esempio il gruppo francese Psa, che ha appena chiuso un semestre record pur avendo dovuto gestire l’acquisizione della Opel.
Il numero uno di Psa, Carlos Tavares, ha fatto un ottimo lavoro, concentrandosi sul prodotto e trovando le risorse finanziarie per superare anche la fase più dura del mercato. Ora si trova in posizione di forza, aperto ad accordi con altre case. Il candidato ideale per mettere le mani su Jeep o Ram, se fossero messe in vendita.
E poi c’è Hyundai, il colosso coreano che potrebbe voler fare il salto di qualità nel mercato a stelle e strisce. Sempre che i produttori americani, Ford e Geneal Motors non si mettano di traverso.
Alfa Romeo e Maserati, se venissero staccate dal resto di Fca e unite in una società autonoma, potrebbero solleticare invece gli appetiti dei tedeschi: in particolare della Volkswagen, da sempre considerata un partner interessante da parte di Marchionne e capace di rilanciare alla grande brand di prestigio, come ha fatto con Lamborghini.
Oppure potrebbero finire nel mirino di Hyundai, a cui manca un marchio premium. O di qualche gruppo cinese: un precedente molto interessante è stata l’acquisizione della svedese Volvo da parte della Geely, che ha garantito investimenti e massima autonomia ai manager locali, ottenendo ottimi risultati in termini di immagine e di vendite. Altre case cinesi, come la Great Wall, potrebbero voler entrare nei mercati ricchi dell’Occidente e con Alfa e Maserati conquisterebbero l’obiettivo in tempi rapidi.
Ma la carta cinese potrebbe essere interessante anche per i prodotti di massa di Fca e per gli stabilimenti italiani, sui cui incombe un grosso punto interrogativo. In particolare Pomigliano dove si produce la Panda; Melfi, che sforna la 500 insieme alla Jeep Renegade, e la Sevel di Val di Sangro, da cui escono i veicoli commerciali. A chi potrebbero interessare questi impianti? Immaginiamo che un gruppo cinese voglia sbarcare in Europa. Quanto tempo impiegherebbe a far conoscere i marchi di Geely, Saic motor, di Dongfeng o della Faw?
Acquisendo un pezzo di Fca e i suoi stabilimenti europei che producono auto di massa prenderebbero in un sol colpo impianti moderni, una rete di vendita affermata e un brand, quello Fiat, molto noto.
Non a caso nel maggio del 2017 Li Shufu, fondatore e presidente della Zhejiang Geely Holding Group, è volato a Torino per un incontro privato con il presidente della Fca Elkann
Geely (12 impianti produttivi e più di 50 mila dipendenti) è il primo produttore di auto in Cina, con 1,25 milioni di vetture vendute nel 2017. Oltre a controllare Volvo, dal febbraio 2018 è il maggior azionista della Daimler con una quota di minoranza.
Non si sa che cosa si sono detti i due uomini d’affari, ma i soliti ben informati sostengono che Li avrebbe offerto ad Elkann 25 miliardi di dollari per rilevare Fca, cifra poi rilanciata a 27 miliardi. Ma le stesse fonti riferiscono che Elkann avrebbe rifiutato perché il suo obiettivo sarebbe di vendere il gruppo a pezzi, incassando molto di più.
Vedremo in futuro se questa ricostruzione ha un fondamento di verità.