Economia
February 09 2018
“Un accordo proditorio”. Non ha usato mezzi termini Maurizio Stirpe, vicepresidente per le relazioni industriali di Confindustria, nel definire l’intesa da poco raggiunta con i sindacati dalla multiutility Acea, l’azienda che a Roma gestisce la luce, l’acqua e il riscaldamento. Si tratta di un accordo che, all’interno dell’azienda, rottama una parte del Jobs Act, la riforma del lavoro approvata dal governo Renzi.
Nello specifico, Acea ha accettato di ripristinare per i suoi dipendenti, anche quelli di nuova assunzione, la disciplina prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che obbliga le aziende con almeno 15 addetti a riassumere un dipendente lasciato a casa, quando il licenziamento viene dichiarato ingiusto dal giudice. Il Jobs Act, come sa bene chi ha seguito le cronache politiche e sindacali degli ultimi anni, ha invece eliminato le tutele dell’articolo 18, stabilendo che l’obbligo di riassunzione (o reintegro) non vale più per tutti i nuovi rapporti di lavoro iniziati dal 2015 in poi.
Il dipendente assunto dopo il 2015 ha diritto a conservare il proprio posto soltanto in casi eccezionali, cioè quando il licenziamento è avvenuto per gravi motivi discriminatori. Altrimenti, anche in caso di una sentenza favorevole del giudice, l’azienda è obbligata esclusivamente a erogare un risarcimento in denaro.
Ora è arrivato però questo accordo di Acea che, se aprisse la strada ad altre intese simili in molte aziende, rappresenterebbe un duro colpo a uno dei pilastri della riforma del lavoro di Renzi. E’ una prospettiva credibile? Difficile dirlo a priori, anche occorre fare alcune considerazioni. Acea è una società per azioni ma è di fatto un’azienda pubblica, controllata al 51% dal Comune di Roma che oggi è governato a maggioranza dal Movimento 5 Stelle.
Non è un mistero che la forza politica fondata da Beppe Grillo e guidata da Luigi Di Maio abbia messo tra i punti del suo programma proprio il ripristino dell’articolo 18, per fare carta straccia di una parte importante del Jobs Act. Quella di Acea è dunque una situazione particolare ed è improbabile che altre aziende seguano il suo esempio, vista anche la dura reazione di Confindustria.
La sigla di categoria degli imprenditori ha infatti minacciato di espellere dai suoi iscritti la multiutility romana, denunciando una “indebita ingerenza della politica nelle relazioni industriali” e una violazione dei “principi di correttezza e lealtà dei rapporti sindacali”. Non la pensano allo stesso modo, ovviamente, i sindacati che hanno siglato l’intesa: “questo accordo dimostra che l’abolizione dell’articolo 18 non è strategica per l’impresa ma soltanto una rozza limitazione della libertà”, ha detto il segretario generale della Filctem Cgil, Emilio Miceli.
Chiunque abbia ragione, una cosa è certa: dopo almeno 15 anni di scontri, polemiche e ripetute riforme del lavoro, il dibattito politico e sindacale continua ancora a infiammarsi sul vecchio e caro articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che fra un paio d’anni avrà ormai mezzo secolo di vita.