Televisione
July 08 2016
Imitando la suspense narrativa di Voyager, eccoci immersi nei misteri di casa Giacobbo, che per la prima volta si concede a occhi indiscreti. Appena varcata la soglia, luccica una collezione di modelli di auto di latta, meravigliosa; dopo aver girato l’angolo si sbuca nella sala, dove un enorme tavolo da pranzo nasconde in realtà un biliardo. Più avanti c’è il salotto, e qui l’occhio è rapito dalla vista mozzafiato su Roma. Nelle vetrine ci sono pietre e monili, probabili reperti di epoche passate; altrove si vedono due piccoli cani, vivi, sì sono proprio vivi!, e sul divano c’è Roberto Giacobbo, il grande divulgatore di storia, scienza e fantascienza, che è grande anche perché è alto due metri su cui sono distribuiti i suoi 110 chili dichiarati. Al suo fianco, la moglie Irene, donna di charme e cultura, autrice tv. Sul terrazzo le tre figlie: 20,18 e 15 anni, straripanti allegria del vivere, con volti da Madonne e fisici giunonici.
C’è poco da prendere in giro Roberto Giacobbo: il volto tv di Voyager è amatissimo, ha 280mila follower su Facebook, ha venduto migliaia di libri, alcuni dei quali tradotti in russo e cinese; è da poco uscito Le carezze cambiano il Dna (Mondadori); il 4 luglio partirà la 14esima edizione di Voyager, seguita da giovani e canuti; è il gigante buono della Rai, non solo perché le sue trasmissioni non sono appaltate all’esterno, ma perché porta audience alla zoppa Rai 2. E se un volto tv dura nel tempo, vuol dire che il talento ce l’ha: la casa è affollata di premi, compreso un tapiro esposto in bella vista. "Il mio aforisma è: solo chi sa ridere, sa essere serio".
Per fortuna la pensa così: l’hanno massacrata in tanti, a partire da Maurizio Crozza che si è inventato Kazzenger. Mai offeso?Se sei un personaggio pubblico, fa parte del gioco. Per 14 anni ho fatto satira in radio: davo voce a 34 personaggi. Insomma, ci sta la presa in giro. Però, ho dovuto calmare i miei autori e qualche istituto di ricerca con il quale collaboriamo.
Ha mai parlato con Crozza?
Ci siamo incontrati una volta in un hotel a Milano. "Ma sei così alto?". "Sì, e dico cose sorprendenti ma assolutamente vere".
Gelosie?
Arrivano, se hai successo.
La passione per la storia e le scienze che origini ha?Sempre avuta, fin da piccolo smontavo e rimontavo i giocattoli, volevo svelare il segreto di come erano fatti. Mio padre, che lavorava in Ibm, mi portava i circuiti stampati dei computer, rotti. E io ci costruivo città per i miei giochi. Mamma invece era casalinga, si è dedicata a me e a mio fratello. Io sono nato nove mesi e tre giorni dopo il matrimonio: allora si arrivava illibate al giorno del «sì».
Quanti giorni sta lontano da casa?
Tra i 150 e i 200. In dieci anni ho superato i due milioni e 300mila punti della tessera Alitalia.
Piccolo chimico, Meccano, Lego: li aveva tutti, no?
Certo. Ho costruito una radio privata usando i termosifoni come antenne.
Non capisco…
Avrò avuto 12 anni. Con alcuni amici collegammo una trasmittente all’impianto di riscaldamento del condominio e ogni giorno, dalle sette alle otto di sera, "trasmettevamo" dalla cantina: stupidate, fatti del quartiere, notiziole.
Vuol dire che era un allegrone? Sembra così serio in tv e anche ora.
Al liceo avevamo fondato un gruppo goliardico. Una volta simulammo un incendio a scuola. Un’altra, il terremoto.
Come avete fatto a far tremare la terra? I suoi detrattori direbbero che ha sempre frequentato l’enfasi…
Scegliemmo un’aula per piano e lì impilammo banchi e sedie fino al soffitto. Al segnale convenuto togliemmo un pezzo, facendo cascare le pile. Per poi urlare: "Il terremoto! Il terremoto!".
Vi beccarono?
Non ci hanno mai scoperti.
Nell’ultimo libro ringrazia anche i suoi genitori "per l’eredità morale". Quale è?Mio nonno era Penna bianca degli alpini. L’8 settembre 1943 era a capo della caserma con 300 uomini: stavano per arrivare i tedeschi e disse ai suoi ragazzi: "Voi andate a casa, resto qui a tenere la postazione".
Come finì?Fu mandato in campo di concentramento dove morì: aveva 43 anni, due figli, fra i quali mio padre di otto. Sono molto legato a quel ricordo e a Bassano del Grappa, il paese natio della famiglia. Una volta, entrando in un negozio, mi riconobbero: "Ma lei è Giacobbo, il nipote di Giovanni? Prenda quello che vuole, qui a Bassano tutti noi dobbiamo molto a suo nonno".
Riassumendo: quali i valori di casa Giacobbo, ereditati e praticati?
Il rispetto sia della famiglia sia della singola persona. Credo nella buonafede altrui, non mi piace pensare male. Sono convinto che i vortici di positività contagino.
Lei crede di possedere il vortice?
Se mi fermano per strada riconoscendomi, dedico sempre del tempo alle persone. Forse perché ho il ricordo di Pippo Baudo.
Che c’azzecca Pippo Baudo?
Ero piccolo, avrò avuto sette anni. Vidi Baudo che camminava. Lo salutai e lui non rispose. Allora, mollai la presa della mano di mia mamma e lo rincorsi. Si scusò, disse che non mi aveva visto.
Torniamo ai valori.
Una volta mia figlia Angela, la maggiore, uscì con questa frase: "Quando ero piccola facevo quello che tu mi dicevi, da grande faccio quello che tu fai".
E io che volevo stringerla nell’angolo… parlare di Kazzenger!
Quando vengo attaccato, penso di non meritarmelo, però voglio pensare che gli uomini nel profondo dell’animo siano positivi e che siano in buonafede.
A proposito di fede, crede in Dio?
Sono cristiano cattolico. E finché non trovo uno scienziato che mi dica cosa c’è un metro dopo l’infinito, continuerò a credere.
E l’amore terreno, quando è arrivato?
Ho conosciuto mia moglie Irene nell’88, avevo 27 anni e lei 26.
Dove?A una cena di amici, un gruppo di giovani della Rai. Una di quelle cene dove ognuno porta qualcosa da mangiare o da bere. Irene arrivò un ritardo, andai io ad aprire la porta. Ricordo perfettamente il primo fotogramma di quando la vidi.
Colpo di fumine?
Otto mesi di corte. Ho fatto ricca la fioraia sotto casa. La prova del fuoco avvenne portandola a cena da Edmondo, un’osteria rustica. Irene era una ragazza raffinata, elegante. Come l’avrebbe presa?
(Interviene Irene ricordando la fatidica cena fra amici: "Era l’8 aprile, lo so perché era il primo anniversario della morte di mio nonno al quale ero legatissima. Tanto che non ci volevo andare a quella cena, l’umore era cupo. Un amico vedendomi triste cominciò a farmi complimenti e Roberto, un gran bel pezzo di ragazzo, saltò su e disse: “E questo non è niente rispetto a quello che potrei dirti io”. Capisce? Ho sempre pensato che quell’incontro fosse un regalo di mio nonno").
Giacobbo sultano in mezzo a quattro donne: come si sente?
Abbiamo scelto due bassotti maschi. E nani. Giusto per compensare.
La sua seconda figlia, Giovanna, studia e fa la modella.
Ci siamo detti: "Oddio, abbiamo in casa una Claudia Schiffer! Dobbiamo gestirla".
L’ha buttata in gioco?
Invece di alimentare un’insana competizione fra le ragazze, le abbiamo coinvolte. Loro tre sono unitissime, Angela si è già candidata come agente, Margherita come sua stilista personale.
Nel ’64 Umberto Eco pubblicò Apocalittici e integrati. Lei è sicuramente apocalittico: parla di fine del mondo, di profezie…
Intanto sono le profezie dei maya. Poi il mio libro aveva un bel punto di domanda nel titolo: 2012: la fine del mondo?
Dunque non si reputa apocalittico?
Ma stiamo scherzando?!?
Neppure facile al sensazionalismo?
A Voyager verifichiamo tutto. Se uso il condizionale è perché non sono sicuro. Se poi qualcuno vuol trasformare il condizionale in un’affermazione... Semplicemente, ascolto tutte le campane per capire certi fenomeni.
Vedere i meccanismi: come quando smontava le macchinine da bambino.
Mi piaceva di più il dentro del fuori.
Integrato però lo è, almeno quello lo ammetta: è vicedirettore di Rai 2, "il più raggelante dei misteri", secondo Crozza. Gli risponda.
Mi sono laureato in Economia, ho fatto una carriera manageriale e sono stato autore di varie trasmissioni. Da conduttore potevo scegliere fra un contratto ricco da artista o uno da dirigente. Ho preso la strada del «fare progetti», meno vantaggiosa dal punto di vista economico. Ho preferito correre la maratona per la Rai, invece dello sprint.
Perché ha tanto successo?
Io vivo in prima persona le esperienze. Vado sui posti, sento i protagonisti, stimolo la voglia di conoscere, che ho anch’io. Per esempio, quando entro nel cunicolo di una tomba egizia voglio provare l’emozione forte del primo impatto. Sono un narratore, non un attore.
Però anche nell’ultimo libro sull’epigenetica talvolta la «fa facile». Ma cos’è poi questa epigenetica?
È una nuova frontiera scientifica su cui si sta molto investendo. Semplificando al massimo, è la scienza che studia «la memoria delle cellule» e il perché si modifica il nostro Dna.
Quali sono i suoi trucchi per tenere legati a sé lettori e spettatori?
Non sono trucchi. Studio bene la materia, cerco di renderla comprensibile e di stimolare un approfondimento. Se vogliamo che i giovani rimangano attaccati ai contenuti, dobbiamo fare in modo che questi contenuti abbiano appeal quanto un talent show.
Voyager è l’X Factor della storia e della scienza?
Si deve divertire la mente, non solo le orecchie e gli occhi.