Sergio Mattarella: profilo privato di un uomo misurato
Carmelo Caruso
Non è il siciliano esplosivo, ma un arbitro di garbo, un’anomalia tutta palermitana che ci ha sempre restituito personaggi eccessivi, politici da risate larghe e da baci sulle guance. E se la mafia nel 1980 non avesse fatto macelleria del corpo di suo fratello Piersanti, mai Sergio Mattarella avrebbe scelto la politica come mestiere e non come sapienza, quella che lui insegnava all’università di Palermo come docente di diritto parlamentare nella facoltà di Giurisprudenza. E infatti Mattarella, che oggi Matteo Renzi ha voluto fortissimamente a presidente della Repubblica, è un campione nell’arte del nascondersi nell’epoca del parlamentare che vuole apparire.
Mattarella non frequenta i circoli e i salotti di Roma, ma ha fatto del suo piccolo appartamento, nella foresteria della Corte Costituzionale, una celletta da monastero benedettino. E dunque se la religione non fosse stata il vizio di tutti i politici della Dc, che la scrittrice Camilla Cederna diceva avessero la tendenza a farsi fotografare inginocchiati nell’atto dell’orazione, nel suo appartamento si entrerebbe con in mano un rosario e in rigido silenzio. E tanto più il riserbo di Mattarella si è fatto clausura da quando è morta, nel marzo del 2012, l’amata moglieMarisa Chiazzese che ogni anno in un necrologio la famiglia ricorda “con affetto immutabile” e a cui dedica, oltre a una santa messa nella chiesa romana di santa Andrea delle Fratte (perché la tradizione è un rito che non si scioglie, anzi si sublima e si rinsalda) anche un mazzo di fiori ogni due settimane. Promessa che manterrà anche ora che è Capo dello Stato.
Gli amici
Da tre generazioni i figli maschi di Piersanti e di Sergio Mattarella portano il nome del nonno Bernardo Mattarella, tra i fondatori dello scudo crociato e ministro. Mattarella ha tre figli che hanno abitato insieme a lui in via della Mercede a Roma, perché la famiglia, e Aldo Moro lo ricordava, è il rifugio nella tribolazione, il legno nella tempesta. E sembra di vederlo nelle sue stanze dove fa moto (non sa nuotare e per questo preferisce la montagna, ma pochi giorni l’anno) che significa camminare con passi lenti e tardi, e da dove esce sempre meno e per cene necessarie con i giudici della corte costituzionale Giuliano Amato e Sabino Cassese che ha avuto come assistente il figlio Bernardo. A Palermo torna poco e soprattutto per farsi sistemare la zazzera bianca come lo zucchero e per incontrare gli uomini della sua stagione, deputati regionali come Rino La Placa e Mommo Giuliana che oggi si ritrovano nella sede dell'associazione ex deputati regionali nella centralissima via Cavour a parlare degli anni perduti. Sono un’invenzione di Mattarella il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il presidente Enac, Vito Riggio che lo conobbe all’università, punte estreme dell’unica classe dirigente che ha avuto l’isola da vent’anni a questa parte.
"Non chiedeva voti e non favoriva la proliferazione di clientele" dice Francesco Musotto, un socialista palermitano che ha cavalcato il tempo e i partiti salendo e scendendo con baldanza. "Famiglia stretta e amori larghi per la moglie e i figli" dice Musotto che parla di venerazione per la donna "perché ci sono siciliani che vivono in simbiosi con la moglie e se li stacchi, nelle foto te ne accorgi, non funzionano". La sposò e non perché fosse la figlia del rettore di Palermo, Lauro Chiazzese, faro del diritto romano e classico per un manuale universitario a sua firma, ma perché l’affinità è una questione di naso che si annusa e non tradisce. E dicono che Mattarella sia parco nel cibo, del resto la tempra lo dimostra, perché chi sa tenere a regime la fame sa moderare i sentimenti e dunque gli odi. Da vicepresidente del consiglio nel governo di Massimo D’Alema rimproverò Silvio Berlusconi, ma non era furia giustizialista ma un richiamo alla misura “sia più misurato”. E però, e Berlusconi dovrebbe ricordarlo, ci andò a cena insieme a casa di Gianni Letta “anche se dolendosi…”.
I soprannomi
Gian Antonio Stella che lo conobbe da cronista scrisse che la collera la cela e che solo il suo sopracciglio la svela. Certo, è la flemma la sua qualità perfino quando la sua candidatura nel 2000 in Trentino Alto Adige per la Margherita fece riscaldare gli altoatesini, che non lo volevano catapultato dal Sud al Nord, salvo poi sedarsi e ratificare la concordia con il più evangelico dei doveri che Mattarella dispensò: "E ora scambiamoci un segno di pace" .
Ed è straordinario ritrovare dagli archivi della memoria le idiosincrasie che Mattarella ha generato "gesuitico", "onorevole Metallo", fino a "martirello" che in Sicilia è parola che si regala ai furbi che si servono della pudicizia. Ma si spinsero, un deputato di Forza Italia, a dargli perfino dello iettatore a causa ancora della sua imperturbabilità che rimane lascito democristiano, il dolce deliquio che il critico letterario Pietro Citati celebrava insieme a l’odore d’incenso del mondo di ieri che d’un tratto, grazie a Mattarella, è tornato a essere il mondo di oggi.