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January 31 2015
Se Matteo Renzi avesse gli stivali lucidi e la vista acuta del Duca di Wellington, potrebbe fare suo il commento del condottiero inglese, che – osservando il terreno, di Waterloo la sera della vittoria, cosparso di morti e di distruzioni - pare abbia detto, ad uso dei libri di storia: “non c’è spettacolo più triste di un campo di battaglia dopo una battaglia vinta, se non un campo di battaglia dopo una battaglia persa”.
Oggi, il condottiero di Rignano sull’Arno la sua battaglia l’ha vinta, alla grande. Era in una situazione difficile, solo pochi giorni fa, e l’ha ribaltata brillantemente. Ha messo nell’angolo tutti i suoi nemici e i suoi competitori, che ne escono con le ossa rotte. Il fatto però è che – a differenza di Napoleone – i nemici di Renzi non finiscono a Sant’Elena, rimangono in Parlamento, a tenere in piedi una maggioranza fragile.
Mattarella, il capolavoro di Matteo Renzi
Vediamoli uno ad uno, lasciando da parte la Lega, nemica storica e dichiarata, e i Grillini, in fase di avanzata decomposizione, ma ancora numericamente importanti nelle aule di Montecitorio e – ciò che più conta – di Palazzo Madama.
Partiamo dalla sinistra, interna ed esterna al PD. Davvero c’è qualcuno così ingenuo da credere che l’opposizione interna a Renzi consideri l’elezione di Mattarella un segno di amicizia? È una mossa che li ha messi nell’angolo, costringendosi ad allinearsi. Hanno dovuto sostenere il trionfo del loro nemico storico, e fare pure finta di esserne entusiasti. Contavano sull’elezione del Capo dello Stato per mostrare tutta la debolezza di Renzi, che invece ne esce vincente e rafforzato. Lo hanno accusato per mesi di baratti inconfessabili con Berlusconi sul nome del Presidente della Repubblica, e Renzi ha tolto di mano alla sinistra uno degli argomenti polemici preferiti. Qualcuno crede davvero che alla prima occasione non tenteranno di restituirgli al cortesia?
Mattarella al Quirinale e il centrodestra a un bivio
NCD, la peggior figura
E veniamo ad NCD. Sono quelli che escono peggio da questa situazione. Avevano rotto con Berlusconi per essere parte della maggioranza, ma non sono stati coinvolti nella scelta di Mattarella, le loro obiezioni non sono state tenute in nessun conto, e sono stati costretti a votarlo dopo aver annunciato per due giorni il contrario. Renzi non ha fatto nulla per indorare la pillola, anzi ha fatto trapelare il modo brusco e ultimativo con il quale ha ordinato ad Alfano di allinearsi: “non si è mai visto un Ministro dell’Interno che non voti il presidente della Repubblica”.
Originale interpretazione della Costituzione, ma messaggio chiarissimo sul futuro ministeriale di NCD, nel caso i voti per Mattarella non fossero arrivati. Risultato: un partito spaccato e umiliato, che avrà un disperato bisogno di ridare un senso alla sua esistenza, e quindi dovrà distinguersi su tutto.
E Berlusconi cosa farà?
Infine Berlusconi. Che farà Berlusconi, fin qui partner strategico di Renzi su un percorso di riforme vitale per l’immagine e il progetto del Presidente del Consiglio? In Forza Italia le acque sono agitate. A Mattarella un “soccorso azzurro” è arrivato, e in misura consistente. Secondo alcuni, più consistente dell’area Fitto, che ha votato Mattarella “a dispetto”. C’è chi annuncia la fine immediata del Patto del Nazareno. Non è detto che sia così, perché Renzi oggi – circondato da alleati ansiosi di pugnalarlo - ha più bisogno di Berlusconi di prima. E Berlusconi potrebbe non voler apparire come colui che – per vendetta – blocca riforme che ha sostenuto fino a ieri (altra cosa ovviamente è se i testi fin qui votati venissero stravolti da maggioranze parlamentari diverse). Ma se continuerà, sarà con uno spirito, un clima, una prospettiva completamente diversa.
Quello che è persa di certo è un’opportunità: quella di un rapporto sulle riforme, fra maggioranza e opposizione, che fosse parte di un comune disegno strategico per cambiare l’Italia. Renzi aveva provato ad accreditarsi come un grande riformatore. Come l’uomo che cambiava la pelle della sinistra italiana, depurandoli dei suoi vizi storici, a cominciare dal riflesso condizionato “Pas d'ennemis à gauche”, e costruendo un bipolarismo europeo. Oggi tutto questo è finito.
Non è detto che il Presidente del Consiglio se ne preoccupi. Quello di Renzi è un approccio estremamente empirico, orientato a risolvere i problemi uno alla volta. E nessuno può negare che ci sia fin qui riuscito con efficacia. Il leader del PD potrebbe fare suo il motto di Rossella O’Hara “Domani è un altro giorno”. Ma qualche volta, per la graziosa eroina di Via col Vento, il giorno dopo è stato molto amaro.
Lo sarà anche per Matteo? Oggi a Roma l’orizzonte, visto dal Quirinale, è carico di nuvole basse e scure.