Lifestyle
March 31 2017
Il calcio italiano continua a godere di pessima salute finanziaria. Anche se il giro d'affari cresce e per la prima volta sfonda il muro dei due miliardi di euro e l'arrivo di Suning lascia presagire il ritorno ad alti livelli dell'Inter per competere con la Juventus. I numeri, però, sono impietosi e la Serie A continua a bruciare denaro al ritmo di oltre 18 milioni di euro ogni mese. Un conto salato che alla fine della stagione 2015-2016 ha fatto segnare -222 milioni; meglio del -365 dell'anno prima, ma comunque preoccupante.
La fotografia sullo stato economico dei club della massima divisione la fornisce come tradizione La Gazzetta dello Sport che mette insieme i dati dei bilanci di tutte le società iscritte nel 2015, anno doppiamente importante perché ha segnato anche quello in cui è diventato operativo il nuovo contratto tv da complessivi 1,2 miliardi di euro che scadrà nel 2018. Più risorse che non sono bastate per invertire la tendenza.
Fatturato in crescita ma i diritti tv pesano troppo
Il giro d'affari complessivo della Serie A ha segnato per la prima volta il superamento della soglia dei due miliardi di euro di fatturato (2,042). L'anno prima erano 1,840, ma pesava la presenza del Parma fallito, è la tendenza è a salire come del resto accade anche negli altri top campionati d'Europa dove però il ritmo di crescita è maggiore. In ogni caso in dieci anni il nostro campionato ha registrato un +75% (da 1.163 a 2.042 milioni di euro) che conferma le potenzialità del sistema.
Pesano sempre troppo i diritti tv che valgono circa il 60% della torta contro un 20% scarso delle voci commerciali (circa 400 milioni di euro) che rappresentano la prossima frontiera di espansione per i club italiani. Il gap rimane pesante anche alla voce ricavi da stadio: il ritardo è ormai più che decennale.
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La Serie A brucia 222 milioni. Ma senza le plusvalenze...
Il conto finale è un passivo complessivo di 222 milioni di euro. Si torna sui livelli del 2014-2015 dopo il -365 di un anno fa, ma il percorso virtuoso è ancora lontano dall'essere completato. Ci sono 8 società che hanno chiuso il bilancio con un risultato d'esercizio netto: Torino (+9,5), Juventus (+4,1), Empoli (+1,5), Verona (+0,7), Palermo (+0,4), Chievo (+0,3), Carpi (+0,2) e Frosinone (+0,007).
Tutte le altre sono in negativo con i record di Milan (-89,3), Inter (-59,6), Bologna (-32,6) e Udinese (-27). Gli azionisti dei club hanno dovuto ricorrere a versamenti in conto capitale per 400 milioni di euro e la fotografia è impietosa sia nelle grandi piazze (Inter, Milan e Fiorentina) che in provincia. Ad alto livello è come sempre decisiva la Champions League: la Roma è ad esempio destinata a un ridimensionamento dei conti nella stagione attuale dopo il ko nel preliminare contro il Porto.
Club italiani sempre troppo esposti: crescono i debiti
L'altro dato preoccupante è la crescita della massa debitoria delle società italiane. La cifra complessiva è ormai di 1,9 miliardi di euro, 150 milioni in più accumulati negli ultimi dodici mesi e in attesa del closing del Milan che sarà acquistato a debito da Li con l'appoggio del fondo Elliott. Quasi tutti i club ricorrono ormai in maniera massiccia al factoring (1,2 miliardi) e si segnalano ritardi costanti nel pagamento dei fornitori.
Senza le plusvalenze il conto finale sarbbe ancora più doloroso e il passivo sfiorerebbe il mezzo miliardo. Per fortuna sul mercato ci stiamo muovendo bene, ma un campionato appeso al player trading non ha un futuro certo. Anzi. Urgono riforme e investimenti strutturali, tanto per ripetere quanto detto già troppe volte in passato. La ricetta, però, è sempre quella.