Infortuni e stress, quando il calcio fa crac

La diagnosi che ha chiuso il 2022 di Ciro Immobile è stata spietata ma non inattesa; l'attaccante della Lazio aveva capito tutto sul prato disastrato dell'Olimpico abbandonando in lacrime la sua Lazio. Meno prevedibile la ricaduta che terrà fuori il portiere del Milan, Mike Maignan, per lo stesso lasso di tempo mettendo a rischio anche la sua partecipazione al Mondiale e assolutamente uno stillicidio di docce fredde per l'Inter il continuo rinvio del rientro di Romelu Lukaku: il bomber belga è out dal 26 agosto e nei programma iniziali sarebbe dovuto rientrare dopo la sosta di settembre. Succederà, se non ci saranno altri intoppi, solo allo scadere del 60° giorno in infermeria.

Lazio, Milan e Inter stanno pagando un conto pesantissimo al calendario folle della stagione con in mezzo il Mondiale, ma non sono le uniche. Anzi. In Serie A dopo le prime 10 giornate si contano già 95 calciatori che sono dovuti rientrare ai box per infortuni muscolari, cui se ne aggiungono svariati altri per questioni traumatiche con gestioni del post evento a volte oggetto di veri e propri cortocircuiti tra giocatore e società come nel caso di Paul Pogba e della sua allergia a passare dalla sala operatoria per sistemare in luglio il ginocchio con il risultato di dover correre ai ripari con quasi due mesi di ritardo penalizzando la Juventus e rimanendo sul filo per la Francia.

Chi pensava che con il Covid si fosse toccato il fondo si è dovuto ricredere. I soldi di Qatar 2022 hanno avuto l'impatto di uno tsunami e siamo solo all'inizio, perché la verità è che nessuno (allenatori, dirigenti, staff per la preparazione atletica e medici) è in grado di prevedere cosa accadrà da inizio gennaio in poi, da quando - smaltita la sbornia mondiale - si tornerà a lottare (!?!) per la maglia della propria squadra e ci saranno gomito gomito reduci dagli sforzi qatarini e calciatori che hanno rifatto la preparazione tra novembre e dicembre.

Novantacinque infortunati muscolari in due mesi sono una fotografia allarmante. Non accade solo in Italia, ovviamente, il cosiddetto 'Virus Fifa' (copyright spagnolo) sta travolgendo tutto e tutti e nemmeno le maxi rose dei top club europei riescono a parare il colpo. Impossibile quando il calendario ti costringe a scendere in campo 10 volte per il tuo campionato, 4 nelle coppe europee e un paio con la nazionale (totale 16) in due mesi esatti: una partita ogni tre giorni. Senza sosta. Senza settimane libere se non con qualche rarissima eccezione. Senza potersi allenare e con carichi di stress crescenti.

In Serie A le statistiche raccontano che la squadra più penalizzata sia stata fin qui il Milan: 11 ko muscolari, Maignan è solo l'ultimo della serie con il suo doppio problema al polpaccio che ha consegnato mezza stagione alla riserva Tatarusanu. Poi lo Spezia (10), seguito da Verona e Juventus (7) e i bianconeri si sono visti portare via pezzi così importanti della rosa di Allegri da aver messo in discussione anche il proprio staff di preparatori. Impossibile non farlo al terzo infortunio della stella Di Maria.

Giù dal podio Fiorentina e Verona (6 a testa), poi a scalare tutti le altre con un'avvertenza: anche se il numero cala non è detto che l'impatto sia inferiore. La Roma, ad esempio, si è dovuta rassegnare a dover salutare Paulo Dybala fino al 2023 e a sostenerlo nel difficile recupero verso il Mondiale perché peggio del ko muscolare c'è solo la prospettiva di non volare in Qatar con successiva depressione che colpirà tutti quelli costretti a fermarsi nel momento più importante dell'ultimo quadriennio.

Restando alle big del nostro campionato, Atalanta, Inter e Lazio hanno perso 4 calciatori e il Napoli solo 3 (le più virtuose in assoluto sono Sampdoria e Udinese con un unico degente) ma guai a cercare di convincere Gasperini, Sarri, Spalletti e Inzaghi di essere stati fortunati. I club abbozzano e pagano perché il sistema di indennizzi della Fifa protegge solo nel periodo del Mondiale e copre unicamente gli infortuni più lunghi di 30 giorni, peraltro con cifre spesso nemmeno vicine agli stipendi reali delle stelle. Il business di Qatar 2022 rimane prerogativa solo di Zurigo o quasi: le società che invieranno i calciatori in Qatar verranno risarciti con diecimila euro al giorno per tutta la loro permanenza nella competizione, compreso il periodo di preparazione ufficiale e fin qui sono stati distribuiti oltre 200 milioni di dollari ad oltre 400.

Bastano? No. Infatti il tema della riforma dei calendari è al centro dello scontro durissimo che coinvolge Fifa, Uefa e Eca (l'associazione delle società europee). Tutto dovrà essere ridisegnato a partire dal 2024 e dopo il tentativo di far nascere il Mondiale biennale, morto per mancanza di adesioni politiche, il dialogo sembra essersi interrotto con il risultato che ognuno va in ordine sparso aggiungendo tornei a tornei, partite a partite. Per chi non ci crede, basti ricordare l'agenda degli impegni della nazionale di Roberto Mancini alla fine della scorsa stagione: dal 1° al 14 giugno sfida contro Argentina (Londra), Germania (Bologna), Ungheria (Cesena), ancora Inghilterra (Wolverhampton) e Germania (Moenchengladbach). Una specie di record ma non si poteva fare diversamente. E a Ferragosto la ruota ha ricominciato a girare impazzita.

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