Rosso Valentino? No, Pink PP

C’è un modo di dire inglese che recita: «Look at the world with rose tinted glasses» (Guardare il mondo attraverso lenti colorate di rosa, ndr). Un concetto su cui il regista Woody Allen ha persino costruito un film - Midnight in Paris - uno dei suoi ultimi grandi successi. Nella pellicola, il protagonista si ritrova magicamente nella Parigi degli Anni Venti, l’epoca in cui ha sempre sognato di nascere e dove tutto appare perfetto.

E forse quello che ci serve in questi giorni è proprio fuggire dalla realtà, salire su una Peugeot d’epoca e trovarsi in un mondo nuovo, a tu per tu con Francis Scott Fitzgerald. Ci ha permesso di realizzare questo sogno, anche se solo per qualche fugace minuto, Pierpaolo Piccioli, con la sua ultima sfilata.

«Monotone», ma certamente non monòtona. La collezione autunno-inverno di Valentino - presentata al Carreau du Temple a Parigi domenica scorsa - è una celebrazione del colore rosa e di tutto quello che rappresenta. Per il creativo, la scelta di questo specifico pantone è una manifestazione dell’inconscio e una liberazione della necessità del realismo, ma anche un tentativo di sovvertire i suoi significati culturali, come l’associazione alla femminilità o al punk.

Lo stesso Piccioli ha spiegato di essere partito da un’analisi del lavoro di Lucio Fontana e del suo approccio alla monocromia per trovare nuovi spazi. «Per me è stato un modo per trovare un momento di riflessione. Il rosa esprime amore, comunità, energia e libertà».

È interessante notare come la scelta del colore - «Pink PP», creato in collaborazione con il Pantone Color Institute - oltre al chiaro messaggio di amore e di speranza per il mondo in questo periodo buio, sia una scelta molto personale per lo stilita. L’iconico rosso Valentino, che ha fatto la storia della Maison, viene soppiantato da una nuova tinta, ancor più brillante ed evocativa. In questo carosello di creativi che è la moda, Piccioli afferma la sua identità con chiarezza. L’attualità finisce quasi in secondo piano davanti a questa incredibile dimostrazione d’intenti.

Se guardiamo con attenzione alla storia dei grandi brand di lusso appare evidente come ogni creativo cerchi di lasciare qualcosa di sé al brand, e pochi ci riescono davvero. Il rosa di Piccioli no, quello è destinato a restare.

In un estraniamento totale che include il set, reiterato dagli occasionali disturbi di nero e di bianco, l’accumulo di elementi rosa è tale da azzerare lo shock visivo per fare emergere, insieme, il carattere unico della persona, espresso da volto e occhi, e il lavoro sugli abiti: i segni che li plasmano in silhouette, le texture che gli danno consistenza, i decori che diventano parte della costruzione. I codici maschili e femminili si fondono, mantendendo un equilibrio autentico, senza forzature.

Rouches, fiocchi, ricami e pizzi impreziosiscono ogni cosa, dagli abiti ai top, fino ai completi e ai capi spalla, quasi in un richiamo alla frase di Oscar Wilde che affermava: «Non fidarti mai di una donna sopra i 35 anni che ama i nastri rosa. Ha sempre un passato».

La collezione «Pink PP» è stata anche occasione di una collaborazione tra Pierpaolo Piccioli e l’artista e autore Douglas Coupland. A lui è andato il compito di creare l’invito per l’evento, una confezione (ovviamente rosa) contenente una matita, un opuscolo e «PinkThink», una sorta di manifesto - rosa su rosa - che raccoglie i pensieri di Coupland come: «Il rosa è divertente. Il rosa è un biglietto vincente alla lotteria». Oppure, «Mi manca il mio cervello prima di Internet, e ancora «Conoscere tutto risulta leggermente noioso».

Un invito, ma anche un oggetto da collezione o come si dice oggi un «collectible» da custodire tra una scultura di Kaws e un Bearbrick. La conferma dell’attenzione alla cultura pop di Valentino che, dopo il successo della collaborazione con «We’re Not Really Strangers», continua a coinvolgere le nuove generazioni, tutte collegate sul social Clubhouse per commentare la sfilata in diretta.













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