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L'allarme siccità resta, malgrado le alluvioni. Lo dicono i dati

L'ondata di maltempo che ha colpito molte regioni d'Italia nella fase centrale della primavera non servirà ad attenuare in maniera significativa l'emergenza acqua che il Belpaese, soprattutto al Nord, si accinge ad affrontare nei mesi di un'estate che si annuncia da caldo record. Eppure l'impatto delle precipitazioni violente e concentrate nell'arco di poche ore è stato enorme, ha portato morte e distruzione mettendo in ginocchio ancor più un territorio in sofferenza ormai da tempo. Il paradosso è che a poche decine di chilometri convivono situazioni di estrema scarsità d'acqua nei bacini e negli invasi ed altre in cui l'apporto pluviale ha determinato dissesto idrogeologico.

Anche questo è conseguenza del cambiamento climatico, sostengono i responsabili dell'ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue): "E' da anni che denunciamo l'inadeguatezza della rete idraulica di fronte ai cambiamenti ed è del 2019 il piano che proponeva 858 progetti, perlopiù definitivi ed esecutivi, capaci di garantire 21mila posti di lavoro grazie ad un investimento di 4 miliardi e 339 milioni di euro" spiega Francesco Vincenzi che dell'ANBI è presidente. Poco o nulla è stato fatto, salvo ora sorprendersi davanti alle notizie di cronaca e alle immagini provenienti dall'Emilia Romagna.

La realtà è che nemmeno le forti piogge di inizio maggio hanno cambiato il corso degli eventi. Il fiume Po, ad esempio, passata l'ondata di piena è destinato a tornare alla situazione precedente di carenza idrica che significa l'impossibilità di contrastare la risalita del cuneo salino con perdita di fasce sempre più aree di territorio utilizzabile per le coltivazioni. Per capirci, a Pontelagoscuro in provincia di Cremona i rilevamento collocano la portata del Grande Fiume ancora al di sotto della soglia necessaria dei 400 metri cubi per secondo.

Le dighe del piacentino continuano a segnare un desolante meno: -45% di riempimento rispetto alle medie storiche del periodo nonostante i fiumi appenninici si siano alzati, alcuni anche in maniera rapida e catastrofica come il Montone, cresciuto di oltre 4 metri in un'ora e poi tracimato, il Secchia passato da una portata di 6,38 metri cubi al secondo a 144, il Reno (+ 7 metri) e il Panaro (+6 metri).

Sul Lago di Garda il panorama rimane desolante: l'altezza idrometrica è dimezzata per il periodo da 108 a 54 centimetri con una ripresa impercettibile, di sicuro inferiore a quella di Lario (arrivato al 54% di riempimento) e Sebino (70%). Anche a ovest il discorso non cambia. In Val d'Aosta e Piemonte, dove le precipitazioni di fine aprile sono state rilevanti tanto da portare mezzo metro di neve in Valtournanche, gli alvei di fiumi e torrenti registrano percentuali ancora inferiori rispetto al 2022 che per tutti è l'anno siccitoso per eccellenza, quello che ha reso plastica l'emergenza che ci troviamo ad affrontare.

Se Adda e Serio migliorano, in Lombardia restano in sofferenza Mincio e Oglio: le riserve d'acqua sono aumentare di 170 milioni di metri cubi e il deficit rispetto alle medie storiche del periodo sono calati ma c'è poco da festeggiare perché si tratta comunque di un dato che dal -54% e passato al -43%. Non appena il maltempo sarà passato e le temperature cominceranno a salire il tema della siccità tornerà ad essere prioritario. Scendendo verso Sud la fotografia non cambia.

Siccità e alluvioni sono due facce della stessa medaglia, è l'immagine utilizzata dagli esperti. E non solo perché spesso gli eventi piovosi sempre più estremi si scaricano su terreni secchi dopo mesi di mancate precipitazioni e che sono poco predisposti all'assorbimento. L'unica soluzione è investire nella manutenzione dell'esistente e nella creazione di una rete di invasi (laghi o laghetti) che possa trattenere l'acqua che cade dal cielo per rimetterla in circolo senza dispersione. Si dice da anni, non è detto che almeno questa sia la volta buona.

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