Lifestyle
February 09 2018
Cova un istinto criminale e non perché riporta indietro ad Al Capone, all’immaginario logoro di trame losche tessute in bugigattoli densi di fumo. Un buon sigaro è un ladro di tempo, uno scippatore d’istanti: migliora mentre brucia, arriva a rapire fino a un’ora e mezza prima di svelarsi a fondo, prima di rilasciare i suoi aromi autentici e profondi. Assaporarlo è una passione che accende il culto della pazienza, che educa all’attesa, a ritrovare la bellezza della lentezza, l’estasi del distacco, in una quotidianità molto accelerata e troppo connessa.
Perciò ammalia sempre più: la rivista americana Forbes registra un tasso di crescita nelle vendite di prodotti di alta gamma tra un 4 e un 5 per cento annuo su scala internazionale; uno studio della Doxa certifica che i suoi affezionati italiani sono passati dal 2,6 per cento del 2015 al 3,6 per cento del 2017. Scatti in avanti di quello che non è un vizio, ma, a dosi sporadiche, con il ritmo corretto (un tiro al minuto), un piacere. Anzi, meglio: «la rappresentazione esteriore del piacere», riprendendo la definizione usata da Lev Tolstoj nel romanzo Anna Karenina per sancirne la capacità di stimolare quasi tutti i sensi: la vista, l’olfatto, il gusto, per cominciare il tatto.
Approcciare un sigaro, in effetti, vuol dire replicare un rito a metà tra il sensuale e il brutale: palpeggiarlo tra indice e pollice per cogliere eventuali imperfezioni, valutarne la giusta elasticità, sentirne la vellutata setosità; tagliarne la testa con un colpo netto; annusarlo e iniziare con l’aspirazione a crudo, da spento, per catturarne sentori e odori primari. Poi, finalmente, dare fuoco al tabacco. Come per un distillato importante a cui si accompagna meravigliosamente, l’assaggio è il culmine, l’approdo, mai la premessa. «Il sigaro, oggi, affascina chi sa apprezzare le cose raffinate, il lato slow della vita» sintetizza al telefono da New York David Savona, direttore esecutivo di Cigar Aficionado, la rivista da 1,3 milioni di lettori che da un quarto secolo è il punto di riferimento globale per gli estimatori di un hobby non solo al maschile. Non più: «In passato» conferma Savona «era inusuale accostarlo a una donna. Di recente, però, il consenso femminile è in forte incremento». E anche superstar come Rihanna, Bar Refaeli o Heidi Klum demoliscono il tabù non disdegnando qualche tiro.
Fulcro di un ecosistema con i suoi luoghi, accostamenti, accessori, classifiche di pregio, più che la sottolineatura di uno status symbol, il sigaro è diventato una coccola che persino le compagnie aeree concedono ai loro viaggiatori affezionati: nelle lounge di Emirates e Lufthansa, da Dubai a Francoforte, sono state aperte «cigar room» per boccate di relax prima di una traversata intercontinentale. Mentre cosmopolita è ora il suo certificato di nascita: non vale più l’adagio secondo cui il meglio venga da Cuba e il resto vada relegato in seconda o terza fascia. «I nostri test al buio» racconta Savona «condotti senza sapere costi e provenienza di cosa stavamo fumando, hanno dimostrato che in Nicaragua o in Repubblica Dominicana si raggiunge la medesima qualità, in alcuni casi si superano i cubani stessi».
In parallelo, guadagnano popolarità e credibilità internazionale l’Honduras o la stessa Italia: i prodotti delle Manifatture Sigaro Toscano, marchio che quest’anno festeggia i due secoli, stanno crescendo negli Stati Uniti e sono approdati in Canada e Argentina. Tenendo fede alla medesima ricetta: «Dietro a ogni singolo Toscano c’è sempre la mano, lo sguardo, l’abilità dei lavoratori della filiera del tabacco e forse il segreto di tale longevità sta proprio nell’aver saputo coniugare l’innovazione con il rispetto di una tradizione iniziata 200 anni fa» commenta Gaetano Maccaferri, presidente dell’omonimo gruppo che controlla le manifatture. Perché nonostante quest’ossessione per l’avanguardismo, quest’ansia da obbligatorio rinnovamento che spira su tradizioni antiche al solo fine di rilegittimarle, la bellezza del sigaro sta nel suo ritmo ereditato da un altro tempo. Un piacere nostalgico non innocuo, è giusto ricordarlo: vari studi hanno sancito che può nuocere alla salute, dunque andrebbe evitato o, al limite, consumato con giudizio e moderazione. Ma a differenza della sigaretta, il sigaro non ha un passo nevrotico, né frenetico. Il fumo si centellina, si assapora adagio senza inalarlo, lo si soffia via per lucidare i pensieri mentre la realtà si sfoca, mentre il mondo intorno, per qualche attimo, diventa un alito di nebbia.
Leggero quando il sole si sta alzando, più intenso mentre scende la sera. I consigli dell’esperto Andrea Mazzoni per scegliere cosa fumare.
A stomaco ancora vuoto, diventa obbligatorio un approccio delicato. È la prerogativa di questo sigaro tenue, contenuto nelle sue espressioni, caratterizzato da una marcata dolcezza.
Parecchio gradevole per i suoi sentori erbacei, legnosi, si esprime meglio se viene acceso all’aperto, per esempio camminando lungo un viale alberato.
Arriva da Cuba e si capisce subito: i toni s’irrobustiscono, il sapore vira sul deciso. Occhio al pasto: i piatti per esaltarlo sono un brasato o una semplice pasta con il ragù.
Si consuma rapidamente, non ruba tempo, provvede piuttosto a dare una sferzata d’energia quando ce n’è bisogno. Garantisce un’esperienza breve ma di carattere.
A giornata lavorativa conclusa, ha senso osare di più. Optare per un sigaro speziato, che come le noccioline o i salatini che accompagnano un drink, spinge sulla veemenza del gusto.
Campione d’intensità, forza e ruvidezza. Evolve mentre lo si fuma, lascia una sensazione persistente in bocca che spinge ad arrivare fino in fondo per apprezzarlo nella sua pienezza.
Questo articolo è stato pubblicato su Panorama numero 7 dell'1 febbraio 2018 con il titolo "Lento gradimento".