Politica
January 10 2022
«Aggiungo che non risponderò a domande sul futuro, sul Quirinale o cose simili…». Chi si aspettava novità (preannunciate anche da alcuni quotidiani nazionali) sulla eventuale candidatura si Mario Draghi al Quirinale nella tanto attesa conferenza stampa convocata per le 18 a Palazzo Chigi dopo pochi secondi si è dovuto ricredere in fretta. Al termine della sua (già breve) introduzione il premier ha anticipato i cronisti, pronti a chiedere lumi sul futuro del premier e dell’inquilino sul Colle più alto di Roma.
Ma c’è silenzio e silenzio. C’è la scena muta di chi ha paura di rispondere e quella di chi non ha nulla da dire. Difficile entrare nella testa di Draghi (su cui il 90% delle previsioni di analisti e cronisti oltre che di politici di vario livello in questi 11 mesi è stata smentita o del tutto errata); la sensazione è che il premier abbia voluto riportare l’attenzione di tutti sul presente, sulla cavalcata dei contagi, sulle misure introdotte con il decreto di fine anno, soprattutto sulla scuola. «Non è questo il momento per questioni di Palazzo» sarebbe questo il pensiero dell’ex presidente della Bce.
Il silenzio però ha il suo peso e le sue conseguenze, soprattutto sulla vita dei partiti che invece a sole due settimane dalla prima convocazione per il voto, hanno proprio nell’elezione del prossimo Presidente della Repubblica il punto centrale dell’attuale agenda politica.
La situazione quindi rimane complessa e, volente o nolente, ruota sempre attorno a Draghi che lascia ai segretari di partito solo due alternative: chi lo vuole al Quirinale deve presentare un progetto per il prossimo governo con annesso nuovo inquilino di Palazzo Chigi. Il Pd ci starebbe pensando ma non è arrivato nemmeno all’ipotesi di avanzare un nome e soprattutto una maggioranza che lo possa sostenere. Anche perché il centrodestra e non solo sono di tutt’altro avviso: lasciare Draghi a Palazzo Chigi e cercare nel loro ambito un candidato per il Colle. Concetto ribadito in questi giorni da diversi esponenti della coalizione, dalla Lega a Fratelli d’Italia e ribadita poche ore prima della conferenza stampa da Silvio Berlusconi secondo cui l’eventuale passaggio di Draghi al Quirinale provocherebbe la fuoriuscita di FI dal Governo (come relativa crisi ed elezioni anticipate, questa volta davvero inevitabili).
Così la coalizione sta lavorando per lasciare il premier a proseguire il suo compito «esecutivo» di lotta alla pandemia e avanzamento del Pnrr con un nome, quello di Silvio Berlusconi, come candidato forte.
La storia ha insegnato che la partita sul Quirinale è tra le più insidiose, forse la più insidiosa dell’intera agenda politica; le cadute eccellenti, le smentite dell’ultimo momento non si contano (chiedere ad esempio a Romano Prodi). Ma dopo diverse elezioni su cui il peso del centrosinistra è stato centrale e decisivo, la sensazione (forse non solo quella, forse ci sono anche i numeri) è che sia il centrodestra questa volta a dare le carte.
Ed il silenzio di Draghi, che avrebbe potuto far saltare il tavolo con una eventuale candidatura ufficiale, ha lasciato le carte al loro posto.