Politica
April 19 2024
Se avete tra le mani un quotidiano di oggi o se con un qualsiasi device avete modo si fare una rassegna stampa rapida della notizie più importanti scoprirete che vi sarà molto difficile trovare un accenno, una breve, un trafiletto sul voto che tra due giorni ci sarà in Basilicata. Si, perché domenica e lunedì prossimi si vota per decidere chi sarà il prossimo governatore della regione. Eppure è come se non succeda nulla, come se il voto non ci sia.
Adesso vi invito a recuperare giornali e siti di un altro venerdì di vigilia elettorale; era il 23 febbraio, giorno di chiusura della campagna elettorale per il voto in Sardegna. Allora la notizia era in prima pagina con ampi rimandi interni. Tutti sapevamo chi fosse Alessandra Todde o Paolo Ruzzo, la vincitrice e lo sconfitto; tutti i big erano a Cagliari tra sorrisi e comizi. Soprattutto c’era una strana euforia sulla stampa che raccontava della possibile (e poi realizzatasi) rimonta della sinistra. Era i famosi giorni del Campo Largo e della sacra alleanza Conte-Schlein (prima lui, non per questioni di genere ma perché il reale controllore dell’opposizione).
Insomma, giornali pieni, grandi attese, decine di giornalisti inviati sul posto.
Oggi zero, nulla, silenzio totale. E perché?
Certo, nel mondo stanno succedendo in questi giorni cose complesse ma le pagine di politica interna non è che siano scomparse; oggi ad esempio si parla della candidatura di Ilaria Salis, dei distinguo nella maggioranza sull’aborto, di nomine ed inchieste giudiziarie per voti di scambio od altro. Di tanto si parla ma non della Basilicata e delle elezioni.
Escludo a priori che qualcuno si permetta di considerare la splendida regione del sud come minore rispetto a Sardegna o Abruzzo dove si è votato recentemente. Tutti hanno pari dignità geografica e politica.
Il sospetto, anzi, la certezza è che non ci sia partita, soprattutto non ci siano speranza di successo per la sinistra che sulla scelta del candidato ha fatto una confusione difficilmente ripetibile. E così ecco che gli abituali megafoni del Pd o di qualsiasi cosa non sia di destra, tacciono. Un silenzio che è una chiara strategia politica e di comunicazione basata sulla semplice regola del «se non ne parlo, non succede». Quindi la molto probabile riconferma di Vito Bardi verrà derubricata martedì ad un pezzullo minore, senza troppo caos televisivo, coperta da analisi sulla crisi Iran-Israele e sul derby Milan-Inter.
Quello si, dall’esito incerto.