Il sindaco di Melendugno: «Continuo a dire no al Tap»
Ora che il Tap è arrivato in Italia e contribuisce con 7 miliardi di metri cubi di gas al 9% del fabbisogno nazionale, tutti i politici se ne dicono soddisfatti, anche quelli che all’epoca erano contrari. Quasi tutti. E infatti, mentre i governi dal 2010 in poi lavoravano ai trattati internazionali e alle autorizzazioni per il gasdotto, a livello locale tutti i partiti protestavano: i 5 stelle, il PD, Sinistra Italiana, Articolo Uno, ma anche i partiti di centrodestra sul territorio hanno sempre avversato l’opera.
I sindaci di tutto il Salento con il presidente della Provincia del Pd Stefano Minerva dormivano in macchina per occupare il cantiere, il presidente della Regione Michele Emiliano presentava decine di ricorsi in tutte le sedi e impugnava le autorizzazioni nazionali per bloccarlo in via giudiziale, Massimo D’Alema firmava per interrompere l’opera, Alessandro Di Battista con i 5 stelle prometteva dal palco «vinciamo le elezioni e in 15 giorni lo fermiamo».
Tutti oggi hanno cambiato idea, tant’è che è stato proprio il sottosegretario Manlio Di Stefano, dei 5 stelle, ad annunciare il raddoppio. Ma ce n’è uno che invece è ancora contrario al Tap. E da Luisa dovrà passare. È il sindaco di Melendugno, Marco Potì. Un lottatore gentile. L’unico rimasto a difendere la volontà dei salentini. L’unico che oggi accetta di rispondere alle nostre domande.
Sindaco, le parole di Draghi sull’utilità del Tap, oggi che tutti hanno cambiato idea, hanno convinto anche lei?
«Sono sempre più convinto di quello che abbiamo detto e fatto in questi anni, e alla luce di quello che sta avvenendo in queste ore in Ucraina confermo l’inutilità e la pericolosità del Tap per l’Italia e l’Europa».
Il Tap è pericoloso?
«Si, è pericoloso perché arriva in un luogo densamente abitato. È pericoloso di fatto, perché trattando gas ad altissima pressione dovrebbe essere messo in deserto o in mare aperto, invece l’hanno fatto in Salento dove c’è una frazione ogni tre chilometri».
Però è utile?
«No, ritengo che il Tap sia inutile per l’Italia e per l’Europa. Oggi rappresenta il 9% del fabbisogno italiano e il 2% del fabbisogno europeo, e per raddoppiarlo dobbiamo dire a Mario Draghi e gli altri, ci vogliono non meno di quattro anni (fonte Tap) quando ci sarà una realtà diversa dal punto di vista dell’energia. Poi manca il pezzo di gasdotto che lo connette dal Salento al resto d’Italia, cioè il completamento del tronco da Brindisi a Massafra che secondo Snam non sarà pronto prima del 2028. Oggi quel gas non arriva all’italia, ma rimane in Salento. C’è solo una centrale turbogs a Brindisi che lo trasforma in energia elettrica. Ma lì rimane».
Però i prezzi li abbassa per tutti?
«No, Tap non ha contribuito a far scendere il prezzo del gas, anzi il prezzo del gas che arriva con Tap costa 32 centesimi al metro cubo, uno dei più alti».
Però almeno siamo un po' meno dipendenti dalla Russia?
«A livello internazionale se fossi il governo starei attento a passare dalla dipendenza di un personaggio come Vladimir Putin a un personaggio come Ilham Aliyev. Dopo l’Ucraina potrà esserci l’Azerbaijan, e attraverso la Turchia dove c'è Recep Tayyip Erdogan che già ha dimostrato di poter ricattare l’ Europa con bambini e migranti. Dobbiamo svincolarci dal gas per svincolarci da questi dittatori che attraverso il gas vogliono piegare le democrazie».
Quindi, a differenza ad esempio del presidente Emiliano (che diceva «Tap si ma non qui»), lei non è un nimby ma proprio contrario al Tap?
«Si io ho sempre detto no al Tap ne qui ne altrove. Io ne ho fatto una battaglia locale perché hanno usurpato il nostro territorio e hanno deciso su di noi senza chiederci la nostra volontà, ma con una visione più ampia. Io sono proprio contrario al tap perché ci rende schiavi non liberi. E questa è la stessa posizione del 100% dei 5 stelle che sono venuti qui a fare campagna elettorale e promesse che si sono rimangiati quando hanno vinto le elezioni».
E come facciamo con l’energia?
«Non più gas ma meno gas, gradualmente, nei prossimi anni. Il vero grande investimento è negli elettrodotti. Perché le reti oggi sono sottodimensionate, ma un elettrodotto si può fare in due anni. E produzione di rinnovabili diffusa su tutti i tetti delle città e tutti i capannoni, energia rinnovabile e capacità di accumulo alta per avere riserve. Ognuno deve avere la sua fonte energetica per svincolarci da dittatori travestiti da democratici. Quello che sta avvenendo in Ucraina è un disastro. Dobbiamo essere noi produttori della nostra energia, non dipendenti dall’estero».
Quindi sarebbe favorevole all’estrazione del gas italiano?
«No, l’estrazione di gas in Italia passerebbe da 3 miliardi metri cubi a sei, sono bruscolini rispetto ai 76 che ci servono. Altro è l’importazione di gas liquefatto dagli Stati Uniti, che Draghi ha detto di voler incrementare. Quella è una buona idea nel frattempo che sfruttiamo la nostra strategia energia. L’importante è che non investiamo più in quelle fossili».
Ma per il gas liquido poi servono nuovi rigassificatori?
«No, ci sono già i rigassificatori: ce ne sono tre sono pronti e funzionanti e ora usati poco perchè prendiamo gas già pronto da Algeria e Russia».
E delle rinnovabili che pensa?
«Non mi piacciono le rinnovabili quando sono concentrate in potentati economici di multinazionali, ma devono essere piccoli impianti più diffusi possibile. Penso a un modello 110% in maniera strutturale per dare a ogni cittadino la possibilità di farsi l’energia di cui ha bisogno».
Tornando al Tap a Melendugno, lei pensa ancora sia pericoloso per il territorio?
«Il rischio di incidente rilevante c’è sempre, oggi siamo in procura a Lecce è c’è il processo proprio su questo. Specie se viene raddoppiato. E poi c’è la guerra… Chissà se Melendugno può diventare anch’essa un obiettivo militare sensibile. Di questi tempi non è una visione da film. Al rischio rilevante aggiungiamo rischio di attentato terroristico in una zona ad alto rischio abitativo sensibile. Purtroppo i 5 stelle hanno memoria limitata e non hanno possibilità di governare il Paese».
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