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April 16 2018
Rami Ahmad era un eccellente collaboratore del giornale siriano Enab Baladi. Oggi lavora come infermiere volontario lì dove c'è bisogno. Al telefono la sua voce si interrompe spesso. È un fantasma sopravvissuto all'attacco con armi chimiche contro la popolazione civile sferrato dal presidente Bashar al Assad (lui nega contro ogni evidenza) che sabato 7 aprile ha lasciato sul terreno i corpi di almeno 100 civili, con migliaia di innocenti feriti. Ecco la sua testimonianza.
Ho negli occhi immagini che non posso separare dagli incubi. Gli urli entravano dentro il fumo e non si distinguevano i corpi dei morti dai feriti. Mi sono salvato respirando dentro un guanto da operaio. Mentre correvo, sono inciampato nella mano di un piccolino che avrà avuto sei mesi. Il suo corpo era schizzato a pochi metri. "Vieni con noi" mi ha urlato uno dei capi staffette dei Caschi bianchi. "Ci sono tre famiglie intrappolate in un tunnel". Un massacro. All'entrata, avvolti in stracci bagnati, i corpi di un uomo con uno squarcio nello stomaco che stringeva ancora la moglie. Accanto, una vecchia sulla sedia a rotelle che, lucidissima, mi pregava di non abbandonarla. Seduta per terra, invece, una madre impazzita che cullava disperatamente un neonato morto. Mi hanno messo in braccio una piccolina di sei anni. "Papà, ho i vermi nella pancia" urlava sputando bava verde.
Poi siamo arrivati al centro medico. I pochi medici avevano pochissimo sangue. La loro disperazione è stata quella di decidere chi doveva vivere o morire. L'ultima ferocia di Bashar al Assad? Bloccare gli aiuti umanitari e rovesciare dal cielo bidoni di veleni chimici sugli ospedali e sui rifugi. L'unica colpa per quei poveri affamati era abitare vicino ai ribelli. È sempre lo stesso copione dell'orrore. Come Aleppo. Come a Idlib un anno fa. Prima Bashar ci bombarda per terrorizzarci e per far scappare quelli che possono. Poi ammazza senza pietà quelli che sono rimasti.
Il veleno dell'ultimo attacco rimaneva basso come una nuvola viola. È entrato come un serpente dentro tunnel e cantine e ha mangiato la nostra carne. Accusano Vladimir Putin di aver sempre aiutato questa vergognosa ferocia. Stavolta non ci credo. Il governo, proprio con la mediazione russa, aveva appena chiuso un accordo il 3 aprile con cui 1.130 persone, compresi i ribelli di Jaish al Islam, sono state portate da qui a Jarabulus con le famiglie. Ma ad Assad non bastava. Quest'ultima strage l'ha voluta solo lui, quell'orco. Bashar odia il suo popolo. Non si fida di nessuno. La sua fame di morte è un'ossessione. Non si fermerà nemmeno davanti ai missili di Trump.
(testo raccolto da Stella Pende)
(Articolo pubblicato sul n° 17 di Panorama in edicola dal 12 aprile 2018 con il titolo "Io c'ero")