Siria: I jet russi e siriani intensificano gli attacchi contro i ribelli

Durante la scorsa notte le milizie sostenute dall'Iran sono entrate in Siria dall'Iraq e si stanno dirigendo verso la Siria settentrionale per rafforzare l'Esercito siriano assediato che combatte gli insorti. Decine di combattenti iracheni delle milizie Hashd al-Shaabi (la milizia che ha più volte attaccato le basi Usa in Iraq), allineati all'Iran e provenienti dall'Iraq sono entrati in Siria attraverso una rotta militare vicino al valico di al-Bukamal. Ma, secondo quanto riportato anche da Repubblica, aerei da combattimento americani avrebbero condotto intensi bombardamenti nella zona di al-Mayadin, in Siria orientale. I bersagli principali sarebbero stati basi e convogli delle milizie sciite sostenute dall'Iran, che combattono a fianco del regime di Bashar al-Assad. L'utilizzo di caccia A-10 Warthog, equipaggiati con potenti cannoni da 30 mm, avrebbe causato un numero elevato di vittime tra le fila delle milizie. Se questi attacchi saranno confermati rappresenteranno un'escalation nel conflitto siriano. E potremmo aspettarci possibili significative ripercussioni sulla situazione politica e militare nella regione.

Nuovi attacchi russi e siriani

Anche stamattina ad Aleppo e Idlib ci sono stati diversi attacchi di aerei russi e siriani e secondo il comando dell'Esercito siriano citato dalla Tass «oltre 400 terroristi sono stati eliminati nelle ultime ore e l'Aviazione siriana, sostenuta dalle Forze aerospaziali russe, ha eliminato 5 posti di comando dei terroristi, 7 depositi nelle province di Aleppo e Idlib in 24 ore». Sempre a proposito di Siria, alcuni blogger di guerra russi riportano che Mosca ha licenziato Sergei Kisel, il Generale a capo delle sue Forze in Siria, dopo che gli insorti hanno invaso la città di Aleppo. Secondo il canale Telegram Rybar(vicino al ministero della Difesa russo) e il blog Voenny Osvedomitel (Informatore militare) Kisel sarebbe stato sostituito dal colonnello generale Alexander Chaiko. Da oltre un decennio, la Russia si è distinta come uno degli attori principali nel conflitto siriano, consolidando il suo ruolo di alleato chiave del governo di Bashar al-Assad. Questo sostegno, che ha assunto forme politiche, economiche e militari, è motivato da un intreccio di interessi strategici, obiettivi geopolitici e ambizioni di lungo termine che vanno ben oltre il contesto siriano.

Le relazioni tra Russia e Siria risalgono però al periodo della Guerra Fredda, quando l'Unione Sovietica era un alleato cruciale di Damasco, fornendo supporto militare e assistenza economica. Dopo il collasso sovietico, Mosca ha mantenuto i legami con la Siria, sebbene a un livello meno intenso. Tuttavia, il 2011, con lo scoppio della guerra civile siriana, ha segnato una svolta decisiva nel rapportotra i due paesi. La Russia ha visto nel conflitto siriano un'opportunità per riaffermarsi come una potenza globale e contrastare ciò che considera un eccessivo interventismo occidentale. Mosca ha difeso con la forza il regime di Assad presso le Nazioni Unite, opponendosi a risoluzioni che avrebbero potuto portare a un cambio di regime ma Vladimir Putin ha sempre ritenuto che Assad sia un leader debole e non adatto a guidare la Siria, come faceva il padre Hafez al-Assad che guidò con il pugno di ferro la Siria dal 1971 fino alla morte, avvenuta all'età di 69 anni il 10 giugno 2000 per un infarto che lo colpì mentre era al telefono con il primo ministro libanese al-Huss. Uno degli aspetti più visibili del sostegno russo è stato l'intervento militare diretto nel 2015. Con il pretesto di combattere il terrorismo e stabilizzare il governo siriano, Mosca ha inviato truppe, aerei da combattimento e sistemi avanzati di difesa aerea. Questa mossa non solo ha salvato Assad da un possibile collasso, ma ha anche permesso alla Russia di stabilire una presenza militare nell’area e oggi le basi di Tartus e Hmeimim rappresentano due avamposti strategici. La base navale di Tartus è l'unico accesso della Russia al Mediterraneo, mentre quella aerea di Hmeimim offre un punto cruciale per operazioni militari e logistiche.

Le mosse dell'Iran

L’altro sponsor del regime di Assad è l’Iran che ha inviato migliaia di combattenti sciiti in Siria durante la guerra siriana e, insieme alla Russia con la sua potenza aerea, ha permesso ad Assad di schiacciare l'insurrezione e riconquistare la maggior parte del suo territorio. Oggi la mancanza di uomini per aiutare a contrastare l'assalto dei ribelli negli ultimi giorni ha contribuito alla rapida ritirata dell'Esercito siriano e al ritiro dalla città di Aleppo che oggi è nelle mani dei jihadisti di Hayat Tahrir al Sham (HTS), un raggruppamento di milizie jihadiste capeggiate dal saudita Abu Muhammad Jolani, fondatore nel 2012 dell'ala siriana di al Qaida (Jabhat al-Nusra) che ha poi abbandonato per dar vita a una forma di jihadismo politico con base nella regione nord-occidentale siriana di Idlib. Di lui non si hanno notizie certe da giorni dopo che sono circolate una serie di indiscrezioni non confermate, secondo le quali sarebbe morto sotto le bombe russe a Idlib.

Questa mattina il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, è arrivato ad Ankara poche ore dopo aver incontrato Assad per parlare dell'offensiva a sorpresa dei ribelli jihadisti nel nord. Il capo della diplomazia iraniana ha in programma oggi un incontro con il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, seguito da colloqui con il presidente Recep Tayyip Erdogan. Le relazioni diplomatiche tra Turchia e Siria, interrotte dal 2011 con l'inizio della guerra civile, hanno vissuto anni di tensione, complice il sostegno di Erdogan ai ribelli siriani contrari al regime di Assad. Tuttavia, negli ultimi mesi, il leader turco sembra essere orientato verso un riavvicinamento con Damasco. Nel frattempo, la Turchia e le fazioni ribelli a essa alleano mantenendo il controllo su gran parte della Siria settentrionale. Inoltre, il Paese ospita circa 3,2 milioni di rifugiati siriani, secondo le stime delle Nazioni Unite che potrebbero aumentare a livelli insostenibili. Mentre scriviamo, Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito hanno chiesto una de-escalation in Siria e hanno lanciato un appello per la protezione dei civili e delle infrastrutture: «L'attuale escalation non fa che sottolineare l'urgente necessità di una soluzione politica del conflitto a guida siriana, in linea con la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite», si legge nella dichiarazione congiunta rilasciata dal Dipartimento di Stato americano, che fa esplicito riferimento alla risoluzione Onu del 2015 che approva il processo di pace in Siria.

La crisi siriana vista da Israele

Il portavoce delle IDF, Daniel Hagari, ha avvertito che Israele non tollererà il contrabbando di armi attraverso la Siria al gruppo terroristico Hezbollah in Libano. In un'intervista con Sky News Arabia, Hagari ha detto: «Stiamo seguendo da vicino ciò che sta accadendo in Siria e vediamo il regime iraniano inviare rinforzi. La Siria appartiene ai siriani e faremo in modo che l'Iran non contrabbandi armi in Libano e Hezbollah. Stiamo seguendo da vicino ciò che sta accadendo in Siria e vediamo il regime iraniano inviare rinforzi. La Siria appartiene ai siriani e faremo in modo che l'Iran non contrabbandi armi in Libano e Hezbollah». Poi Hagari ha anche sottolineato che Hezbollah è stato sconfitto nelle battaglie al confine tra Israele e Libano e ha sottolineato che «Israele agirà con ogni mezzo necessario per impedire al gruppo terroristico di recuperare le sue forze».

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