Smart sex: il futuro dell'intimità in coppia, da soli e con i robot

Tra le lenzuola si agiteranno robot antropomorfi, programmati non per annientare l’umanità, ma per procurarle orgasmi. Con instancabile generosità, passione focosa a comando e un repertorio di gemiti a effetto. Per giunta, senza mai chiedere in cambio il favore o inventarsi un mal di testa. A ognuno di noi rimarrà la scelta: se accoglierli nel letto o non pensarci nemmeno. Se dormirci insieme a cose fatte o chiuderli a chiave in un ripostiglio, finché non riprende la voglia. La masturbazione e gli scambi di coppia godranno del supporto di giocattoli erotici sempre più sofisticati e intelligenti, così le distanze in amore - con il partner o con uno sconosciuto - verranno colmate da un virtuale parziale, corretto da una forma di contatto limitato alle zone erogene.

Sono alcuni dei punti centrali del rapporto scritto dal futurologo inglese Tom Cheesewright per Lelo, azienda leader nella realizzazione di sex toys e oggetti per la vita intima. Una visione ad ampio spettro, dall’orizzonte lungo fino a 50 anni, sulle avanguardie del sesso e sul suo lessico tutto da imparare. E immaginare: tra le frontiere, ecco appunto la «teledildonica», ovvero la capacità di stimolarsi da remoto, grazie a gadget geniali quanto uno smartphone, di piccole dimensioni e la batteria longeva. Con un’unica sostanziale differenza: non sono da inserire in tasca o nella borsa, ma altrove. Il merito di tanta gaudente versatilità, si legge nel rapporto, sarà di «nuovi materiali con proprietà incredibili: non solo per aspetto e sensazioni, ma per la capacità di muoversi, cambiare forma e immagazzinare energia». È la stessa ragione per cui gli androidi, per calore e caratteristiche della pelle, a un certo punto potranno essere ragionevolmente scambiati per nostri simili. Il punto non sarà la fisicità di questi virtuosi amatori di chip, ma la deriva valoriale che a essa si accompagna: «Con la loro intrinseca sottomissione e le illimitate possibilità di modellare il corpo» prosegue il documento «i robot potrebbero rafforzare idee irrealistiche sui partner umani o consentire alle persone di provare fantasie pericolosamente estreme». Storpiando un vecchio successo di Mina, sono come tu li vuoi: muscolosi o formosi, particolarmente procaci o superdotati, se e quanto irsuti rimane da capire.

«Dunque sì, temo che finiremo anche per innamorarci di tali robot dai talenti molteplici» avverte Valentina Cosmi, psicoterapeuta e sessuologa. «Potrebbero far risuonare delle corde profonde, è così che si costruisce un attaccamento. In fondo, ci siamo già affezionati agli assistenti vocali». Anche senza intrusioni robotiche nelle dinamiche di coppia, pur augurandosi una sua fiera resistenza analogica, l’intimità ne uscirà stravolta: «Al giorno d’oggi» riflette Cheesewright «c’è molta competizione per il nostro tempo e tra cinquant’anni ce ne sarà ancora di più. Tra il lavoro e le miriadi di opzioni di intrattenimento, anche il sesso può essere impattato». Con un risvolto positivo: «Potremmo farne meno, ma lo valorizzeremo di più. Come un concerto dal vivo quando la maggior parte dell’ascolto è costituito da musica in streaming, o un incontro faccia a faccia in una giornata lavorativa piena di videochiamate, il sesso sembrerà ancora più prezioso quando gli dedicheremo il tempo». Cercheremo di rendere eccezionale l’esperienza, considerandola un’eccezione.

Cosmi concorda, almeno sulla nostra saturazione incalzante e progressiva: «Siamo iperstimolati, pieni di tanto, forse di troppo. Ci carichiamo di lavoro, riunioni, oggetti, tecnologia». Per le relazioni si ha sempre meno margine. E così si ritorna lì, alle lusinghe di una fuga dalla realtà. Senza mai citare la parola metaverso, ormai bollito, il rapporto preconizza un futuro con ampie finestre dentro uno schermo o con un visore sul naso: «A oggi, la maggior parte dell’esplorazione del virtuale in un contesto sessuale è stata finalizzata alla pornografia immersiva. Ma l’integrazione tra fisico e digitale crea nuove possibilità: possiamo riscrivere ciò che ci circonda per il gioco di ruolo definitivo». È il richiamo a un universo parallelo persistente, nel quale interagire con chi ci attrae, senza mai incontrarlo dal vivo. Un «dating» fatto e finito online. Un dissolversi del vecchio sesso, dell’incastro di corpi tra spasmi e sudore. Il dubbio è se questa abbuffata di piacere intangibile sarà davvero appagante, se il contatto non rimarrà imprescindibile, un richiamo necessario: «È una questione di abitudine» risponde Cosmi. «Se con gradualità perdiamo alcuni aspetti che culturalmente ci appartengono da millenni, possiamo non sentirne più il bisogno. È come quando ci siamo tolti le mascherine dopo la pandemia: gli altri sembravano troppo vicini».

L’argine è la consapevolezza: «L’educazione alla relazione, che deve cominciare dalle scuole. Ha senso prendere il buono che la tecnologia ci può fornire integrandolo con quello che siamo, ovvero esseri sociali. Se è comodo approcciare l’altro in un ambiente virtuale, è necessario mantenere l’emotività per incontrarlo nella realtà». Appetito e istinto sono sì bisogni ancestrali, tentazioni senza tempo, i vecchi strumenti del desiderio. Ma come una fisarmonica che si apre e si chiude producendo una nuova armonia, il cedere alle pulsioni cambia in ogni presente al ritmo della normalità e delle sue possibilità: si allargano alcuni orizzonti, se ne restringono o dimenticano altri. Allo stesso modo, il sesso di domani finirà per concedersi alla seduzione della tecnologia, all’inesorabile bullismo del digitale, alle traiettorie sbandate di un piacere in bilico tra il solipsismo e il voyeurismo, il fare e guardare, il vivere e l’immaginare. Con l’altro non necessariamente nello stesso luogo, non esclusivamente reale, umano poco o nulla.

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