Tecnologia
September 02 2020
Sono due approcci differenti, anzi due scuole di pensiero opposte: c'è chi si accontenta delle basi, dell'essenziale, di fatto di un computer veloce e uno smartphone affidabile. E chi vuole fare le cose al meglio, esagerare, attrezzarsi con un pc degno di un tecnico della Nasa, una sedia in grado di strappare applausi a qualunque ortopedico, cuffie capaci di cancellare il rumore di bambini assatanati, scatolotti che fanno andare il Wi-Fi a mille pure in bagno, in terrazzo, in giardino, dal vicino.
Comunque la si veda, lo smart working, il lavoro svolto a distanza, richiede di aggiornare in tutto o in parte il proprio arsenale tecnologico. Non è un'impressione, ma un'evidenza confermata da uno studio globale condotto da Lenovo su oltre 20 mila persone, nel quale si legge che 7 intervistati su 10 dichiarano di avere acquistato nuovi dispositivi hi-tech per lavorare da remoto. E circa la metà l'ha fatto a proprie spese, senza poter contare su sostegni o rimborsi da parte della sua azienda.
Il risvolto lieto di questo investimento, di questa inedita dinamica delle professioni, è che quasi due persone su tre, il 63 per cento, si sentono più produttive rispetto a quando andavano in ufficio. E in cinque casi su dieci, non hanno nessuna intenzione di tornare indietro, nemmeno a emergenza coronavirus cessata. Le ragioni sono intuibili: «Si tratta di un modo diverso di considerare la prestazione lavoro. Lo smart working libera da due vincoli, il tempo e il luogo. Si può essere lavoratori subordinati senza timbrare il cartellino; ci si può muovere in una gerarchia organizzativa con spazi di autonomia sempre maggiori per produrre un risultato» ragiona Maurizio Del Conte, ordinario di diritto del lavoro all'università Bocconi di Milano, presidente di Afol Metropolitana, Agenzia Formazione Orientamento Lavoro, e autore della legge italiana che oggi regola lo smart working (l'intervista completa la si può leggere qui).
A patto d'impegnarsi a dovere, la compresenza fisica non è necessaria. La vicinanza alla sede della propria società o azienda, nemmeno. Se ne può dunque approfittare da subito, dalla coda di quest'estate, svolgendo le mansioni quotidiane rimanendo un po' in vacanza: con vista mare o dalla montagna, dal lago o dalla campagna, insomma da dovunque esista una connessione a internet accettabile. Per concedersi, una volta finito, un passeggiata, un bagno, un tuffo nella natura. Più che smart working, lo si potrebbe ribattezzare «sand working», lavoro nei dintorni della spiaggia.
Nella gallery sopra trovate una serie di suggerimenti per allestire al meglio la vostra postazione, sia mobile, provvisoria, nomade; sia che intendiate avere un approccio più stanziale e incrementare al massimo la vostra efficienza. Contemplando anche soluzioni meno ortodosse, non tradizionali. A volte può bastare meno di ciò che s'immagina. Per esempio, i nuovi smartphone Galaxy Note20 e Note20 Ultra 5G di Samsung, da poco presentati, sono a tutti gli effetti dei pc tascabili con uno schermo nitidissimo e un pennino con il quale prendere appunti e disegnare in mobilità. L'effetto speciale è che possono collegarsi senza fili a uno schermo compatibile oppure persino a un televisore (incluso quello dell'albergo in cui state soggiornando), attivando un'interfaccia desktop con le stesse funzioni principali di un computer. Così, se bisogna concludere una presentazione o un documento, è possibile farlo senza cavi e patemi.
Certo, non ci sono soltanto risvolti positivi nello smart working, il rischio è di trattenersi più del dovuto davanti a display grandi e piccoli. O di finire con foglio di calcolo e attaccare con una serie tv per rilassarsi. Uno studio svolto dalla società di ricerca CaptainCook sancisce l'intuibile: evidenzia che la maggior parte della persone trascorre in media 10 ore trafficando tra smartphone, computer, tablet e dintorni, con picchi di 15 ore. Nel 64 per cento dei casi, usando due oggetti in contemporanea (tipicamente pc e telefono). Una soluzione arriva da Sync, una linea di lenti prodotta dalla casa giapponese Hoya: sono state progettate per ridurre i disturbi dell'affaticamento visivo, migliorando il comfort degli occhi durante l'utilizzo dei dispositivi digitali a distanza ravvicinata e consentendo una messa a fuoco più facile delle immagini. Il che, peraltro, sottende un aumento complessivo della propria efficienza.
Una volta scelti gli oggetti giusti e indossati gli occhiali per vederci meglio, non resta che capire come vestirsi, specie se si lavora da un luogo di villeggiatura. Per prima cosa, scremare l'ovvio: vietato presentarsi in maglietta o in canottiera a una videochiamata con boss e colleghi, la vostra carriera potrebbe decisamente risentirne. La parola d'ordine che sta prendendo piede soprattutto negli Stati Uniti è «conformal» (neologismo efficace coniato dall'agenzia Espresso Communication per Bigi Cravatte Milano): essere comodi, rimanendo formali quanto basta. Per esempio, è ammessa una camicia sportiva, però niente giacca, siamo pur sempre in estate. Sotto potete anche mettere un pantaloncino, l'importante è rimanere seduti e non esibirli a favore di webcam. Va bene essere smart, ma è pur sempre working.