Economia
January 06 2021
Ed eccolo il gas che arriva dall'Azerbaijan: una linea verdina che si aggiunge ad altre cinque spezzate. Ognuna indica il volume di metano che entra in Italia dal rispettivo punto di ingresso: Tarvisio, Gries, Mazara, Gela, Gorizia e appunto Melendugno, ultimo arrivato, approdo del gasdotto Tap. Il grafico, visibile sul sito della Snam e aggiornato ogni ora, permette di visualizzare i flussi di gas giornalieri che entrano nella rete nazionale. E dunque di verificare con i propri occhi il risultato finale di un'opera colossale iniziata quattro anni fa: cioè i 10 milioni di metri cubi di gas che ogni giorno arrivano in Italia grazie un tubo lungo circa 3.550 chilometri che parte dall' Azerbaijan, attraversa Georgia, Turchia, Grecia, Albania e termina in Puglia, sulla costa del comune di Melendugno, provincia di Lecce. Il tubo porta in Italia il 12-13 per cento del nostro fabbisogno di metano. La costruzione dell'opera è suddivisa in tre tronconi e la società Tap (Trans adriatic pipeline) ha gestito la realizzazione del blocco più occidentale che parte dal confine greco-turco e arriva in Italia: percorre 878 chilometri di cui 550 in Grecia, 215 in Albania, 105 sotto l'Adriatico e appena otto in Puglia. Finisce il suo viaggio nel terminale di ricezione nell'interno della campagna salentina dove, in novembre, è stato collegato alla rete nazionale della Snam.
Il gas azero ha il vantaggio di rappresentare un arricchimento dell'offerta, che contribuisce ad aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti (maggiori sono i Paesi fornitori meglio è) e a ridurre il prezzo del metano. Inoltre Snam, azionista del Tap, ha avviato uno studio di fattibilità per la miscelazione dell'idrogeno con il gas naturale che arriva dall'Azerbaigian.
Il Tap è stato a lungo contestato da movimenti locali e nazionali per i presunti danni che avrebbe causato alla costa di Melendugno. Uno scontro a tratti violento che ha visto il movimento «No Tap» e i sindaci fronteggiare con tutti i mezzi l'opera, con l'appoggio via via meno convinto del Movimento 5 stelle e con il presidente della Regione Michele Emiliano che, tardivamente, insisteva per spostare l'approdo a Brindisi. Per quattro anni, da quando sono iniziati i lavori, la propaganda Nimby (not in my backyard, non nel mio cortile) ha martellato l'opinione pubblica prefigurando un disastro ambientale: in prima fila il sindaco di Melendugno, Marco Potì, che stigmatizzava «la follia di questa opera che mette a repentaglio la sicurezza dei pugliesi». Il 2 aprile 2017, durante un comizio a San Foca, il leader grillino Alessandro Di Battista prometteva che in caso di vittoria alle elezioni il Movimento 5 Stelle avrebbe impedito la realizzazione del Tap. Nel novembre del 2017 l'europarlamentare dei 5 Stelle Rosa D'Amato dichiarò a Strasburgo che il gasdotto «sta devastando un intero paesaggio, un'economia, il turismo. Ha estirpato centinaia di ulivi». Una battaglia che non si è mai fermata: nello scorso mese di gennaio Emiliano ha minacciato: «Chiederemo a Tap un risarcimento miliardario per il danno d'immagine causato alla Puglia con la costruzione del gasdotto a Melendugno».
In realtà sulla spiaggia, come ha potuto vedere un inviato di Panorama, non si vede nulla, gli stabilimenti balneari hanno lavorato regolarmente (Covid permettendo) e nei giorni scorsi sono stati rimessi al loro posto centinaia di ulivi che erano stati espiantati (tra le proteste) per consentire i lavori sul percorso terrestre del gasdotto. E ora questi ulivi sono gli unici sani in un'area flagellata dalla Xylella.