Social-linguistica, Vera Gheno

Accanto alla lingua che usiamo quando parliamo e a quella, più impostata, dello scritto, siamo abituati a utilizzarne un’altra, che non consideriamo mai con la dignità di un vero linguaggio e che tuttavia ha sviluppato regole proprie, attingendo dalla lingua parlata, dai giochi di parole e dall’inglese: è quella dei social network e, più in generale, dell’interazione su Internet.

Social-linguistica (Franco Cesati Editore, 2017), scritto da Vera Gheno, sociolinguista e collaboratrice niente meno che dell’Accademia della Crusca (è lei a cinguettare dal profilo Twitter dell’Accademia), è il testo che aspettavano tutti gli habitué della rete dalle chat IRC in poi: un libriccino agile che delinea senza bon ton da netiquette (come sottilinea Stefano Bartezzaghi nella prefazione) lingua e modalità espressive del dialogo online.

Una vecchia storia

Social-linguistica, nonostante il titolo possa trarre in inganno, non è assolutamente un manualetto noioso, la versione social delle schede di linguistica che vi propinavano a scuola. Vera Gheno è un’autrice divertente, se così si può definire il narratore di un saggio, e l’accuratezza della sua analisi non le impedisce di raccontare aneddoti (per esempio, sapete da cosa deriva il termine spam?) e utilizzare uno stile fresco e leggero, sia quando si addentra nella linguistica dei social sia nel capitolo introduttivo, in cui accenna brevemente alla storia di Internet.

Interessante soprattutto per chi è digiuno di informazioni in proposito, questo primo capitolo è breve e scorrevole, parte da Arpanet per raccontare la nascita del world wide web, dei social e delle app così come le usiamo oggi. Può sembrar strano, a chi ha visto nascere MySpace e i blog, ma molti giovanissimi cresciuti in un momento in cui lo youtuber era già una figura definita non saprebbero definire Internet al di là di Facebook e Google.

Risp è imp!

Quella di Internet e dei social network è una lingua inquieta, che vede trasformazioni, anglismi, “maccheronismi”, neologismi e tanti, tantissimi hapax, quegli occasionalismi di breve durata usati da un vasto pubblico per un periodo e dunque dimenticati. Molti termini derivano dai primordi delle chat e dei programmi di messaggistica, o ancora dagli sms, che fino a non troppi anni fa avevano un costo e dunque cercare di mantenersi entro i 160 caratteri era una necessità e non un gioco come oggi su Twitter.

Gheno, dunque, cerca di analizzare tutti gli aspetti della lingua dei social, anche quelli che di primo impatto ci sembrerebbero superflui, come gli acronimi inglesi (i vari “aka”, “asap”, e “bff”, per capirci), ma che tuttavia vengono utilizzati da decenni in contesti più o meno seri e, in ogni caso, come mezzo comunicativo ormai sdoganato.

Lo stesso vale per le tachigrafie, termine nobile per definire i modi contratti di scrivere determinate parole, che non rispondono a precise regole grammaticali e tuttavia sono entrati nel linguaggio comune e vengono scritti da chiunque nello stesso modo. Per esempio l’odiatissimo “cmq”, per abbreviare “comunque”, o “msg” al posto di “messaggio”, e “pvt”, ovvero “privato”.

Anche questa è linguistica! Non ve lo aspettavate eh?

"Genti della rete"

Passando per l’utilizzo di emoticon, emoji e persino dei dialetti si arriva all’ultimo capitolo, che Vera Gheno dedica a un argomento che, poiché Internet non è più un club ristretto di militari e scienziati ma un fenomeno di massa, si fa sempre più importante: lo stare online. Bisogna saper parlare, sui social, ma anche sapere come farlo e con chi farlo. Per esempio non bisogna confondere unnickname con un utente fake: il primo può essere una persona riconoscibilissima pur avendo scelto uno pseudonimo, il secondo può nascondersi dietro un nome e un cognome plausibili.

Allo stesso modo si deve essere in grado di riconoscere una notizia vera da una falsa – le famose fake news – che vengono diffuse a preciso scopo disturbativo, per “trollare” (altro termine che sicuramente avrete sentito usare spesso sui social), e non dare corda a chi utilizza una scrittura rozza per esprimere idee ostili e, spesso, anche approssimative.

Quest’ultimo punto è fondamentale: nonostante si parli di abbreviazioni e anglismi, Social-linguistica è, come dice il titolo, un testo di linguistica e l’analisi di Vera Gheno risponde a precise regole. Riconoscere un linguaggio social da un linguaggio errato grammaticalmente è fondamentale, anche per non fare la figura degli utonti, o webeti, che dir si voglia.

Vera Gheno
Social-linguistica
Franco Cesati Editore, 2017
136 pp, 12 euro

Per approfondire:

La disputa felice, Mastroianni

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