È solo la fine del mondo, Marion Cotillard: "Con Xavier Dolan è come vivere l'arte sulla propria pelle
Con il suo stile viscerale, impetuoso ed elegante, Xavien Dolan torna con il film che gli è valso lacrime di commozione e il Grand prix speciale della giuria all'ultimo Festival del cinema. È solo la fine del mondoarriva nelle sale italiane il 7 dicembre con Lucky Red. Dopo Mommy, il giovane talento del cinema canadese ordisce un nuovo quadro famigliare estremo e "selvaggio".
Un autore teatrale, dopo dodici anni di assenza, si riprenta a casa per annunciare alla sua famiglia una notizia importante. Lo accolgono un clima festoso e teso, momenti di isteria e prove di dolcezza, un vuoto fagocitante e le stesse dinamiche nervose che l'avevano fatto andar via. Un pomeriggio di amore, rabbia e incomunicabilità. Un cinema fatto di emozioni forti e libertà.
Dolan raduna attorna a sé il meglio del cinema francese: Gaspard Ulliel, Nathalie Baye, Léa Seydoux, Vincent Cassel, Marion Cotillard.
Xavier Dolan e la sua attrice Marion Cotillard raccontano com'è nato È solo la fine del mondo, che si basa sull'omonima pièce teatrale di Jean-Luc Lagarce.
Com'è iniziato il processo di costruzione del film?
Dolan: "Ho incontrato Marion quando è stata a Cannes per Due giorni, una notte, nello stesso anno in cui abbiamo presentato Mommy. È stato un incontro fugace e le dissi in modo impacciato che adoravo il suo modo di lavorare e che avrei voluto girare con lei. Si è trattato di un attimo, ci siamo appena detti 'ciao', ma era la sera della presentazione del film dei fratelli Dardenne e non volevo essere troppo stressante o intromettermi fra loro, per cui me ne sono semplicemente andato a casa. Quando sono tornato dal festival, mi sono imbattuto in Léa (Seydoux, ndr) e Gaspard (Ulliel, ndr), mentre desideravo ancora lavorare con Nathalie (Baye, che ha diretto in Laurence Anyways e il desiderio di una donna..., ndr). Sapevo di avere questa pièce da qualche parte in libreria e avevo provato a leggerla qualche anno prima, ma non ero entrato in sintonia con il testo. Pensavo che fosse un po' noiosa, non riuscivo a comprendere gli atteggiamenti dei personaggi e non avrei potuto realizzarne un film. Poi d'un tratto ci sono arrivato: 'Aspetta, potrebbe essere il metodo e il mezzo per mettere questi attori tutti insieme, lavorare con Marion e lavorare di nuovo con Natalie' e quando ho riletto il testo tornato a casa tutto era come avrebbe dovuto essere - le bugie, i segreti, gli sguardi e la tensione - tutto era diventato improvvisamente ovvio. A pagina sei ero già certo che sarebbe stato il mio prossimo film, anche se prima non ero riuscito a vederci nulla di speciale".
Qual è stata la ragione principale del cambiamento?
Dolan: "Non ne ho idea, forse l'età. È successo quattro anni fa, ero giovane. È molto diverso essere diciannovenni o ventenni piuttosto che averne venticinque. Immagino che in questo ambiente ci tocchi crescere piuttosto velocemente".
Marion, ti ricordi la vostra conversazione quando vi siete conosciuti a Cannes?
Cotillard: "Ricordo il calore di quell'incontro. Ero molto colpita e felice di incontrarlo anche perché per me era una serata incredibile. Ero così contenta di essere a Cannes con i fratelli Dardenne... per cui non è stato un incontro molto lungo".
Dolan: "Non ricordo nemmeno cosa ci siamo detti. Probabilmente si è trattato di un incontro molto formale, o molto informale... Probabilmente non le avrei parlato se non fosse stato per il distributore del film, che ha detto 'devi assolutamente conoscerla. Vai a parlarci!'; a me non piace fare così, dare fastidio".
Marion parlaci del tuo personaggio, Catherine, la cognata del protagonista interpretato da Gaspard Ulliel. Come si inserisce in queste dinamiche familiari molto serrate?
Cotillard: "È una persona estremamente dolce e sa di essere un membro importante della famiglia, anche se suo marito cerca sempre di sminuirla. C'è qualcosa di molto dolce nel modo in cui guarda le persone che ha intorno senza mai giudicarle. Vuole semplicemente bene a tutti e vuole davvero proteggere suo marito da sé stesso".
Xavier, cosa pensi degli aspetti del film che non vengono raccontati nella vicenda? Per esempio, non ci viene mai detto perché il protagonista è andato via di casa.
Dolan: "Non credo ci sia il bisogno che lo racconti. Il film inizia dicendo che ci sono cose, nella vita, che ti spingono ad andare via senza guardarti indietro e, allo stesso modo, ci sono molte cose che ti spingono a tornare. Per quanto mi riguarda è abbastanza; conosco persone che hanno l'esigenza di un contesto più sviluppato, ma non è questo il centro della storia. Quello che conta sono i personaggi, che passeranno un pomeriggio insieme, e come questi si evolvono restando nello stesso luogo: chi ascolta e chi non lo fa, i giochi di sguardi e chi difende gli altri. Questa è la vita. Apriamo uno spiraglio, uno spazio di tempo molto breve nella vita di queste persone drammaticamente anaffettive e che non sanno come amarsi a vicenda. Non avevo l'esigenza di spiegare le cose. Sta a voi, al pubblico, decidere. Per quanto mi riguarda, non è andato via di casa a causa della sua omosessualità, è a causa del fatto che a volte ti ritrovi a crescere in luoghi per cui non sei tagliato, senti che non riesci a comunicare con le persone. Quello che dicevo a Gaspard è che il personaggio ha un atteggiamento decisamente ingrato e che molti lo avrebbero odiato già dai primi minuti, pensando 'come puoi lasciare la tua famiglia per dodici anni, anche se non vai d’accordo con loro? Come hai fatto ad andar via per tanto tempo?'. Però alla fine del film, o forse già da un certo punto, si accorgeranno che 'ehi, non dice una singola parola'. Se c’è una persona che lo ascolta e lo vede per quello che è, questa è lei, Catherine. Ecco, questa potrebbe essere la ragione per cui se n'è andato senza voltarsi indietro. Naturalmente, non è detto che questa giustificazione possa bastare al pubblico".
Che tipo di atmosfera crea Xavier sul set? Come ha fatto a riunirvi ed avvicinarvi a questi personaggi?
Cotillard: "C'è qualcosa di molto organico sul set di Xavier, nel modo in cui dirige gli attori e anche nel modo in cui lavora con la troupe, come se lui, la telecamera e gli attori fossero nella stessa stanza. Parla durante le riprese, per fare come un pittore quando sposta un po' di colore non ancora ascuitto. Tutto accade simultaneamente: creazione e trasformazione. L'ho adorato. È stata la prima volta per me, lavorare in questo modo unico e speciale, in cui vedi davvero le cose e c'è una voce che ti sussurra all'orecchio e ti fa domande. È come vivere l'arte sulla propria pelle".
OUR NEWSLETTER