Lifestyle
January 06 2013
Sonia Raule ricorderà il 2012 come un’annataccia. I fischi che un mese fa, al Festival internazionale del film di Roma, hanno accolto E la chiamano estate, la pellicola di Paolo Franchi prodotta dalla sua Pixstar, l’hanno convinta ad abbandonare l’avventura della produzione cinematografica. Una decisione maturata proprio in questi giorni, tanto che Como estrellas fugaces, film che segna il ritorno alla recitazione di Serena Grandi, sarà l’ultimo con la sua firma tra i crediti. «È brutto dirlo, ma in Italia il cinema è morto» sussurra sorseggiando un tè sul divano dell’elegante casa dietro il Teatro alla Scala dove vive, quando è a Milano, con il marito Franco Tatò.
Proprio «Kaiser Franz» e le sue sforbiciate alle spese inutili, divenute leggendarie quando guidava aziende come Olivetti e Mondadori, potrebbero averla spinta alla decisione. Lei stessa ammette: «Da questa esperienza esco in perdita, eccome». Nell’ambiente qualcuno l’ha presa di mira imputandole di produrre film quasi per hobby, ma lei riesce a farci dell’ironia: «Un anno fa ho scritto un libro, Come sabbia nel vento, e l’esperienza
mi ha dato molte soddisfazioni, sicuramente più della produzione cinematografica. Natalia Aspesi in proposito ha detto una cosa che è piaciuta molto a mio marito: “Ecco, Sonia, dillo con un libro. Costa molto meno di un film”» racconta ridendo.
È davvero tutto finito?
Penso proprio di sì. Ho portato a termine il film di Franchi, rimango coproduttore di Como estrellas fugaces, ma penso che in futuro farò altro.
Sul «Corriere» se l’è presa con i finanziamenti pubblici al cinema. «È un settore che campa di sovvenzioni» ha detto. Ma anche il film di Franchi ha preso più di 400 mila euro dal ministero dei Beni culturali.
Sì, ma era solo una parte della fetta della produzione. Il film in totale è costato 1 milione e mezzo. E secondo me è giusto che il cinema d’autore sia aiutato.
«E la chiamano estate» ha incassato 57 mila euro nella prima settimana.
A oggi ne ha incassati 88 mila. E l’ha fatto uscendo solo in 35 copie. La media per sala era buona.
L’ultimo Festival di Roma è andato davvero male per i film italiani.
È stato odiato da tutti, ma l’obiettivo era colpire Marco Müller, bollato come un direttore della destra. Questo solo perché la presidente della Regione Lazio Renata Polverini, quella che l’ha indicato, è di destra. Müller ha avuto tutti contro, a partire da Paolo Mereghetti, che ha fatto una crociata sul Corriere della sera. Tutti i giorni in prima pagina c’era scritto che il Festival di Roma era una m... Non scriva la parolaccia, per favore.
Polemiche a parte, il festival è nato sei anni fa con ambizioni oggi ridimensionate.
Forse è colpa di Roma, una città che si mangia tutto. Riesce a polverizzare qualsiasi cosa.
Un quotidiano economico ha fatto i conti in tasca alle «signore del cinema»: l’unica in attivo è Rita Rusic.
Fa una sola cosa, Rita...
... Fa i film di Federico Moccia, che però incassano.
Sì, diciamo che ha fatto una scelta, fa solo quelli.
Lei cosa farà adesso?
In questi ultimi mesi ogni volta che vado all’estero mi guardo intorno e vedo una possibile chance per andarmene. Mi piacerebbe vivere a Berlino.
Parla tedesco come suo marito?
Male. Ma tanto a Berlino anche l’ultimo dei tassisti parla inglese.
Proprio in questi giorni cadono i 10 anni del suo matrimonio con Francesco Tatò...
Accidenti, ma sa che ha ragione? Oddio credo che sia domani. Devo controllare la fede (se la sfila, ndr). È il 15 dicembre, dopodomani. Grazie per avermelo ricordato.
In questi 10 anni è riuscita ad ammorbidire Kaiser Franz?
Nei modi è meno ruvido, gli angoli si sono smussati. Forse ha un po’ più di uso di mondo. Però sotto sotto Tatò è lo stesso.
Mette mai becco nei suoi progetti?
Inevitabilmente. E, quando facciamo qualcosa insieme, litighiamo. Lui ha un approccio da Kaiser Franz. Io sono più creativa e volutamente approssimativa.