Lifestyle
September 25 2024
Dormire male: un dramma per gli adulti, ma ancora di più per i bambini e i ragazzi. Il sonno ristoratore, che permette a tutti noi di affrontare le giornate in modo sereno e produttivo, è uno dei pilastri del benessere: pilastro, però, messo sempre più a rischio dagli stili di vita errati e spesso sottovalutato anche dai medici.Le ultime evidenze scientifiche, infatti, dimostrano che è indispensabile per le funzioni esecutive come memoria, apprendimento e per i meccanismi di plasticità neurale, che ci consentono di adeguarci alle nuove condizioni e di trovare soluzioni alternative ai problemi. Proprio per indagare le implicazioni del sonno sulla salute, soprattutto nei bambini e nei giovani e la delicata e fondamentale relazione con lo sport, Fondazione Humanitas per la Ricerca ETS sostiene una raccolta fondi dedicata a un progetto di ricerca promosso dall'équipe multidisciplinare dedicata ai disturbi del sonno dei centri Humanitas Medical Care.
Questo studio ha l’obiettivo di indagare, nei bambini e ragazzi tra i 5 e 14 anni, la presenza di disturbi del sonno, tramite una serie di questionari che serviranno poi da feedback per decidere le migliori strategie di intervento.
Panorama ha intervistato la dottoressa Elisa Morrone, psicoterapeuta Humanitas PsicoCare esperta in disturbi del sonno.
Dottoressa Morrone, quanto è importante il sonno, sia per gli adulti che per i più piccoli?
“Il sonno è fondamentale per tutti, e a maggior ragione per i bambini. Basti pensare al fatto che i neonati, nei primi mesi dormono fino a 18 ore, proprio perché durante il sonno il cervello ha la possibilità di svilupparsi in maniera funzionale. Crescendo, ovviamente il bisogno di sonno diminuisce, ma resta sempre un elemento fondamentale. I bambini che dormono poco tendono a essere iperattivi, al contrario di quanto avviene negli adulti, che in caso di riposo inadeguato sviluppano sonnolenza. Il bambino, invece, più ha sonno più tende a contrastarlo, quindi giocoforza diventa iperattivo. Questo può causare difficoltà di apprendimento, interferenze nello sviluppo sessuale dovute a squilibri ormonali, e un aumento del rischio di obesità. Si instaura così un circolo vizioso difficile da interrompere”.
Cosa provoca la carenza di sonno?
“Quando il bambino non dorme a sufficienza, il cervello non riesce a entrare in stand-by, e quindi ad attivare i processi fondamentali di pulizia, riparazione e manutenzione di molte delle sue aree, necessari per affrontare al meglio il nuovo giorno. In altre parole, non riesce a “chiudere le cartelle” aperte durante il giorno. Questo può causare difficoltà cognitive: molto spesso i bambini che dormono male vengono addirittura scambiati per ADHD”
Come possono intervenire i genitori?
“Occorrerebbe maggiore consapevolezza, da parte dei genitori, riguardo alle problematiche incontro alle quali possono andare i bambini che hanno una scarsa qualità del sonno. C’è molta attenzione verso i problemi fisici, che possono essere causati da apnee notturne e dal russamento, e anche i pediatri e gli otorini hanno ormai linee guida abbastanza complete. Riscontriamo invece meno attenzione verso i disturbi d’ansia e dell’umore, che invece impattano fortemente sul comportamento e sulla vita soprattutto di preadolescenti e adolescenti. Occorre che i genitori imparino a dare il buon esempio, a non usare lo smartphone prima di andare a letto o in caso di risveglio notturno. Non si può certo fermare la tecnologia, ma occorre comprenderla in modo da evitare di causare danni allo sviluppo e al cervello”.
Se si dorme male, ne risente anche l’attività sportiva?
“Il rapporto tra carenza di sonno e performance nello sport è molto stretto. La deprivazione incide sulla prestazione fisica e non solo su quella cognitiva. I ragazzi che dormono poco tendono a essere meno prestanti, ad avere più infortuni perché si abbassa il livello di attenzione e si reagisce peggio e più lentamente. Anche in caso di infortuni, chi dorme poco e male recupera più lentamente. Si tende inoltre a essere più irascibili e a controllare peggio la rabbia: aumenta anche l’autolesionismo”.