Cosa aspettarsi dalla prima Italia di Spalletti

Sono passati ventisette giorni dal trauma dell'addio di Roberto Mancini alla panchina della nazionale. Meno di un mese, trascorso per buona parte tra gli ultimi scampoli di preparazione e i primi sforzi di campionato, che la Figc ha riempito scegliendo Luciano Spalletti e provando a dare forma e profondità a un progetto nuovo. Poco tempo, pochissimo. Anche perché la nuova Italia dell'ex tecnico del Napoli campione si trova ad affrontare subito due salite impegnative nella tappa che porta all'Europeo 2024. Tappe che si è già inasprita con la sconfitta casalinga contro l'Inghilterra, uno degli ultimi atti del regno di Mancini.

Chiedere agli azzurri di farci vedere come sarà il futuro dopo meno di una settimana di allenamenti con il nuovo staff è, insomma, sbagliato e ingeneroso. Servirà il tempo che è mancato fin qui e che in parte Spalletti dovrà scavare nelle soste successive di ottobre e novembre, al netto delle urgenze in termini di risultato perché è chiaro a tutti - Figc e selezionatore in primis - che il fallimento dell'obiettivo qualificazione non può essere contemplato nel peggiore dei worst cases.

Cosa chiedere allora alla prima Italia di Spalletti? Intanto due vittorie: 6 punti che sono fondamentali per allontanare i fantasmi. Partire col freno a mano tirato sarebbe pericolosissimo anche dal punto di vista della convinzione e dell'entusiasmo che l'arrivo di un nuovo ct porta sempre nel gruppo azzurro. Superficialmente si può pensare che fare bottino pieno contro Macedonia del Nord e Ucraina sia compito semplice, quasi scontato. Non è così e lo dice la storia recente. Contro i macedoni abbiamo giocato tre volte tra il 2016 e il 2022 e non è mai stata una passeggiata: una vittoria in extremis (3-2) rimontando nell'ultimo quarto d'ora, un pareggio e la tristemente famosa sconfitta di Palermo. Le squadre materasso non esistono più e certamente non lo è la Macedonia.

Quanto all'Ucraina, nel match di San Siro peserà non poco la situazione di classifica visto che gli ucraini sono l'avversario diretto per il secondo posto alle spalle dell'imprendibile Inghilterra. Siamo a settembre, mese storicamente portatore di pessime figure e brutti risultati per la nazionale; non possiamo permettercelo, non questa volta.

A Spalletti bisogna poi chiedere di trasferire in campo da subito la scintilla di entusiasmo portata a Coverciano. Al di là del finale triste, l'era Mancini si è chiusa anche perché si è consumata reciprocamente la spinta che aveva portato tra il 2018 e il 2021 a costruire l'incredibile impresa di Wembley. Mancini era sempre meno dentro il progetto e anche intorno - questo raccontano i testimoni diretti - la luce si era progressivamente affievolita.

Terza e ultima richiesta: dare il segnale che il sistema italiano, pur in difficoltà, ha un futuro e non solo un passato. In questo Mancini era stato abilissimo dopo aver raccolto le maceria di Ventura. A occhio Spalletti potrà giovarsi di parte del lavoro del predecessore nello scovare talenti e nell'abituarli al peso della maglia azzurra. Non si riparte, insomma, da zero e cancellare quanto di buono è stato lasciato sarebbe un controsenso improduttivo. Ora testa al campo e che il fato ce ma mandi buona. Da ottobre i ragionamenti potranno essere ampliati.

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