Spalma-Mutui. Le norme per salvarsi dalla rata sempre più cara

La drammaticità della situazione è direttamente proporzionale alla notorietà della Signora Lagarde e del 27 luglio. Fino a qualche mese fa chi si ricordava le date delle riunioni della Bce a Francoforte e in quanti sapevano chi era a capo della Banca centrale europea e cosa faceva esattamente? Invece oggi c’è chi festeggia l’appuntamento del rogito ottenuto il 26 luglio, perché sa di scampare un nuovo +0,25% di rialzo dei tassi. A luglio le rate dei mutui a tasso variabile rischiano aumenti fino al 70%. Un dramma per sempre più famiglie. Una situazione che ha spinto il governo a intervenire, proponendo uno “spalma mutui”: un allungamento delle scadenze delle rate, per dare più tempo alle famiglie sotto pressione perché con mutui variabili a carico.

Da settimane il governo starebbe dialogando con gli istituti di credito per arrivare a una soluzione. E ieri nel suo intervento all’Assemblea dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha rilanciato il pressing: “Le banche sono in buona salute anche grazie all'aumento dei tassi che ha spinto i margini e perciò è indispensabile e urgente l'allungamento della durata dei mutui a tasso variabile. L'impatto delle rate è talvolta insostenibile per le famiglie”. L’idea è di allungare la durata dei mutui variabili, congelando la rata. L’allungamento della durata è una misura che le banche possono fare, sempre nei limiti imposti dalla vigilanza e dalle norme europee. “Disponibilità” è arrivata dall’Abi e da diversi istituti, come dimostrano il “Lo faremo” del presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro e l’impegno assunto anche dai piccoli, come Cr Bolzano.

Finora le famiglie con mutuo a tasso variabile per “sopravvivere” possono optare per la rinegoziazione o la surroga. La rinegoziazione a tasso fisso è stata resa obbligatoria dal governo nell’ultima legge di bilancio per le fasce di reddito fino a 35mila euro di ISEE. La banca deve trasformare il variabile in fisso se richiesto e in presenza di altri tre requisiti: taglio fino a 200mila euro; essere in regola con le rate scadute; e che si tratti di un variabile “puro”. Facendo i conti la famiglia per un mutuo di 120mila euro con 20 anni da pagare, va a risparmiare 50 euro a rata. Chiunque abbia un mutuo variabile (non ci sono limiti) può ricorrere poi alla surroga, per passare dal variabile al fisso trasferendosi a costo zero ad altra banca. Ma la nuova banca è libera di scegliere il tasso da proporre. Non è detto che convenga.

E ora arriva lo “spalma mutui”. Le famiglie con mutuo a tasso variabile potrebbero distribuire gli aumenti su un periodo di tempo più lungo, così da avere sempre le rate uguali ogni mese. Resta uguale l’importo, ma dura di più. Un mutuo di dieci anni si potrebbe trasformare in un mutuo di 15 anni, così da ammortizzare su più anni gli aumenti dettati dal rialzo dei tassi. Fino a qui i vantaggi.

Ma attenzione. C’è il rischio è che in cambio di una boccata d’ossigeno oggi (rata uguale) arrivi una stangata a lungo termine (gli interessi) che avvantaggerebbe solo le banche alla fine? Il Codacons ha fatto una simulazione e avverte che chi ha un mutuo a tasso variabile di 120mila euro in 25 anni rischierebbe di dover pagare 3500 euro l’anno in più. “Se un mutuo di 120mila euro per una durata di 25 anni (Taeg del 4,38%) lo si allunga ad una durata di 30 anni, gli interessi da corrispondere alla banca salgono in totale a 91.566,67 euro, con un incremento di ben 17.390 euro in appena 5 anni, ossia 3.478 euro all'anno. Servono delle garanzie in favor dei cittadini"

E resta anche il problema di chi già ora non è riuscito e non riesce a pagare le rate di questi mesi. Il credito in questi casi è già classificato come deteriorato. Quindi niente spalma mutui. Problema grosso visto che (dati Nomisma) il 4% delle famiglie con mutui dichiara di avere ritardo nel pagamento delle rate e il 21% ritiene di non riuscire a pagare le rate nei prossimi dodici mesi. E che già lo scorso aprile (due rialzi, quasi tre in meno dei tassi) la Fabi stimava che nell’ultimo anno l’ammontare delle rate non pagate fosse cresciuto di un miliardo di euro.

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