Sport, musica, vita in generale. Ormai siamo nel paese del «tutto esaurito»

Esserci, esserci, semplicemente esserci. Dichiariamo ufficialmente vinta la sindrome del prigioniero: evviva. Archiviato il confinamento da covid, ora sempre più italiani corrono fuori dalla capanna e si tuffano tra le onde impetuose di una vita sociale intensa che si fa perfino estasi collettiva. Per dire.

Neanche la pioggia a dirotto e gli scrosci sotto il palco di ieri hanno fermato la musica: erano in 60 mila a Roma al concerto del Primo maggio pigiati & bagnati uno accanto all’altro sotto agli ombrelli. Del resto, pochi giorni prima a Milano, sono arrivati in 300mila per festeggiare la vittoria dell’Inter che si è lasciata acclamare commossa dalla Terrazza 21 di piazza del Duomo. Insomma, la voglia e forse anche il desiderio irrefrenabile ormai di esserci a tutti i costi sono tornati. Lo dimostrano anche i numeri in continua crescita di chi si è spostato per vedere una sfilata o una cucina di design e poi è finito a qualche party o in nuovi hotel griffati generando un incredibile indotto.

Alla Fashion Week di febbraio, per esempio, sono tornati i buyer asiatici e la moda ha mosso oltre 70 milioni di euro, una crescita del 22% rispetto al dato pre-pandemico del 2019. Sono state più di 100mila le presenze (+10%) di cui 65mila solo stranieri e lo scontrino medio di ognuno ha raggiunto i 1000 euro. Un impatto positivo su tutti i negozi della città, non soltanto su quelli di lusso, of course. Eppoi ad aprile si è aperto il Salone del Mobile con oltre 1.950 espositori provenienti da 35 Paesi. Anche lì, il presenzialismo a 1125 eventi, oltre alle mostre e alle feste generate dal Fuorisalone è stato record: 370.824 presenze complessive (+110.000 rispetto al 2022), con un +20,2% rispetto al 2023.

Il che significa che il bisogno di convivialità è tornato almeno nelle grandi città. Siamo tutti più felici e anche un po’ più ricchi?

«Direi piuttosto che abbiamo di nuovo voglia di divertirci e che è tornata la voglia di partecipazione», spiega Luisa Maria Leonini, docente di Sociologia dei consumi all’Università degli Studi di Milano. «Ma non dimentichiamoci che esiste ancora un’ampia fascia in difficoltà e che il disagio giovanile esiste. Li chiamiamo NEET o né-né in italiano cioè Not [engaged] in Education, Employment or Training, letteralmente "Non [attivo] in istruzione, in lavoro o in formazione", cioè persone che non studiano, né lavorano né ricevono una formazione». Fare il tifo per la propria squadra del cuore o scendere in piazza per una manifestazione come quella del 25 aprile, la più partecipata dal dopoguerra, è gratis: «Infatti e in ogni caso esiste sempre “l’effetto rossetto” che spiega come, in un momento di crisi, ci si accontenti di piccole gratificazioni, dall’acquisto di un rossetto, appunto, al biglietto per un concerto».

Non a caso, quest’estate musicale sembra essere tutta sold out. Sì, i concerti negli stadi sono tutti esauriti: da Vasco Rossi a Ultimo, Sfera Abbasta, Mamhood sold out in 24 ore al Forum, Club Dogo, Max Pezzali, Zucchero. E ancora Bruce Springsteen and The E Street Band, AC/DC e Taylor Swift ma anche Annalisa, con 100 mila biglietti venduti per il suo tour. Praticamente, sembra quasi ribollire una specie di “effervescenza collettiva” come la definisce Émile Durkheim in Una storia della gioia collettiva di Barbara Ehrenreich (Elèuthera): «Un trasporto o un’estasi indotti dal rituale che consolida i legami sociali e che costituisce la base ultima della religione». Davvero? E soprattutto, com’è possibile che chiunque possa ormai riempire uno stadio?

Davvero? E soprattutto, com’è possibile che chiunque possa ormai riempire uno stadio? «Negli ultimi 15/20 anni nel mondo alcune aziende multinazionali di entertainment hanno consolidato la loro posizione dominante in tutti i principali e secondari mercati, acquistando o controllando promoter, management, agenzie, location, festival, merchandising, data base e ticketing», spiega Claudio Trotta, storico produttore artistico e fondatore di Barley Arts. Che continua: «a fianco di questa azione si è sviluppata una speculazione sulle passioni del pubblico che non ha precedenti in tutta la storia del live entertainment: aumento vertiginoso dei prezzi dei biglietti con il totale consenso dei principali artisti internazionali e nazionali, secondary ticketing e dinamic pricing, pre-advance sales spesso onerose. Il successo commerciale quando non è reale è garantito comunque sia dai media che non controllano le notizie che dal sistema dello streaming che non può essere paragonato mai in nessuna maniera alle vendite dei prodotti fisici».

Chiara, invece, e altrettanto incontenibile la passione di chi dal 6 al 9 maggio si riverserà a Orticola, la storica mostra-mercato di piante e fiori che in primavera sboccia ai Giardini Indro Montanelli di Milano e che avrà 160 espositori, 80 tra workshop e incontri, e già si prevede potrà superare gli oltre 25.000 cultori del verde dello scorso anno. Anche perché questa edizione è dedicata ai “giovani giardinieri”, linfa nuova per un appuntamento nato riflettendo sul pensiero di Gilles Clément, paesaggista tra i più noti e influenti, entomologo, botanico, teorico e soprattutto giardiniere, la definizione di sé che ama di più: «Il nostro pianeta è il nostro giardino e dobbiamo averne cura», ha sempre dichiarato. Un piacere che non placa forse lo struggimento di un lento ma che, qualche volta, può essere perfino più efficace di un concerto dei Green Day.

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