Economia
August 14 2018
È tornato da settimane e ora, nella calura estiva ferragostana, il pericolo si fa sentire ancora più forte e chiaro. Era l'autunno del 2011 quando tutti gli italiani impararono a conoscere lo Spread, ovvero la differenza di rendimento tra i nostri titoli di stato e quelli tedeschi (presi come riferimento perché i più solidi in Europa). Più questo differenziale si allargava, più la nostra economia veniva considerata a rischio. E così fu in quegli anni prima della cura del Governo Monti.
Ci risiamo: lo spread è tornato a oscillare ormai intorno a quota 280 come nel 2012 circa portando su i rendimenti dei titoli di stato decennali che sono tornati al 3%. I mercati non si fidano del governo giallo-verde che deve far quadrare i conti per la manovra d'autunno con un debito pubblico che rischia di diventare ancora più pesante di quanto già non sia.
Ma c'è di più. In realtà anche lo spread della Spagna è salito a 114 e quello portoghese a 151. Perché sui mercati europei si è abbattuto in questi giorni il ciclone turco con l'economia in grande crisi e minacciata dalle ipotesi di sanzioni più dure da parte degli Stati Uniti.
In parte la minaccia è rientrata grazie alla Banca centrale turca che ha assicurato che erogherà "tutta la liquidità di cui le banche necessitano", al ministro delle Finanze Albayrak che ha parlato di un piano di azione economico che sarà attuato da subito, e al presidente Erdogan che ha spiegato che i fondamentali dell'economia turca "sono molto forti". Così il crollo della lira - per il quale la Turchia ha avviato un'indagine su 346 account che avrebbero pubblicato contenuti "che hanno provocato la crisi" - si è fermato, ma i suoi effetti non ancora del tutto.
Si stanno facendo sentire pesantemente sull'euro (che il 13 agosto ha toccato i minimi dell'ultimo anno a 1,1365 sul dollaro) e sulle Borse, con Piazza Affari che è tornata ai minimi dal luglio 2017.
E l'Italia soffre, debole di un rischio Paese che, sui numeri, è secondo solo a quello greco. "La crisi turca avrà effetti diretti e indiretti sull'Italia" ha dichiarato l'economista Carlo Cottarelli in un intervento su La Stampa. "Gli effetti diretti riguardano i creditori italiani della Turchia", ovvero le banche, "ma sono gli effetti indiretti i più preoccupanti. Crisi come quella turca possono cambiare l'attitudine dei mercati finanziati verso tutti i Paesi considerati a rischio. Si chiama effetto contagio. E l'Italia è considerato un Paese a rischio, come evidenziato dal secondo spread più elevato nell'area euro, dopo quello greco".
A non aiutare ci sono poi una serie di voci riportate dall'agenzia Bloomberg che vorrebbero dei contatti avviati da una non meglio identificata "figura del Governo" con il presidente della Bce Mario Draghi proprio per far fronte ai rischi del mercato. Voci a cui la Bce ha risposto con un "no comment".
Alla fine di luglio Draghi aveva ricevuto Paolo Savona, il ministro per gli Affari europei a Francoforte. Mentre il ministro dell'Economia Giovanni Tria non ha avuto nessun incontro ufficiale e sebbene sia stato indicato come "unico interlocutore del Governo", intorno a lui in questi giorni c'è un vociare di notizie mai confermate che parlano anche di possibili dimissioni. Voci estive, ma che certo non invitano in questa fase di grande incertezza gli investitori e i grandi decisionisti della finanza a guardare con più tranquillità al nostro Paese.
È così che il Governo ha man forte nel parlare di "ondata speculativa" sull'Italia, sminuendo in modo evidente il reale pericolo di questa fase di forte disagio politico e di debolezza economica.
Intervistato da Bloomberg Claudio Borghi, deputato leghista presidente della Commissione bilancio della Camera e grande "euroscettico", spiega: "Tutti sanno che il recinto che protegge la preda presto verrà tolto, e la speculazione finanziaria vede il debito della periferia come un facile bersaglio e si sta posizionando in vista dei prossimi sviluppi".
Borghi si riferisce al quantitative easing, ovvero alla politica di acquisti di titoli pubblici che la Bce sta portando avanti da 5 anni e che si accinge a chiudere dal prossimo gennaio. Un intervento contro la deflazione, quello della Bce, che ha raggiunto il suo scopo. Ma che ora, a rubinetti chiusi, rischia di togliere quell'ossigeno che ha permesso al nostro Paese un po' di tranquillità in più.