Bruce Springsteen imperatore del rock al Circo Massimo

Sono passati duemilacinquecento giorni da quel 16 luglio 2016, quando Bruce Springsteen si esibì con la E Street Band al Circo Massimo di Roma per la terza e ultima tappa italiana del tour celebrativo di The River. Sette anni in cui il mondo è cambiato profondamente, tra pandemia di Covid-19, una guerra alle porte dell’Europa e l’avvento nella nostra quotidianità dell’intelligenza artificiale, che rischia di lasciare milioni di persone senza lavoro nei prossimi mesi. Un periodo nefasto anche per la musica dal vivo, che ha costretto cantanti, musicisti, tecnici e maestranze del mondo dello spettacolo a rimanere lontani per molti mesi dal loro ambiente naturale e, in alcuni casi, a cambiare lavoro. Per questo il concerto di ieri sera di Bruce Springsteen, di nuovo protagonista con la E Street Band al Circo Massimo, aveva un sapore così speciale: basti pensare che tra il pubblico, nell’area vip, c’erano colleghi illustri come Sting, Nick Cave, Lars Ulrich, Nick Mason e Thomas dei Maneskin. In fondo tutta la poetica di Springsteen ruota intorno al tema dell’identità ed è questo uno dei segreti per capire lo straordinario senso di comunanza che si respira in un suo concerto, in cui il Boss non è vissuto come una rockstar lontana e irraggiungibile, ma un working class man del New Jersey che ce l’ha fatta e che vuole, attraverso la celebrazione sempre nuova di un rito esaltante quanto catartico, che ce la facciamo anche noi a trovare i nostri “glory days”.

Nessun cantautore americano, dopo Bob Dylan, ha raccontato le strade infinite, le angosce esistenziali e le contraddizioni dell’America degli ultimi quarant’anni come Bruce Springsteen. A lui dobbiamo il merito di aver mantenuto in vita la fiamma del rock and roll, non come mera musica di intrattenimento, ma come strumento universale per prendere posizione e per risvegliare la coscienze assopita di una società ripiegata su se stessa, indifferente e iperconnessa, brandendo la sua chitarra scrostata come un’arma benevola. Il Boss, artista che ha fatto delle verità e della forza espressiva i punti cardine della sua poetica rock, ieri ha ripetuto ancora una volta la magia davanti ai 60.000 spettatori del Circo Massimo, edificato da Tarquinio Prisco nella valle tra il Palatino e l'Aventino. Un antico circo romano, dedicato alle corse di cavalli, che ieri sera ha officiato la messa laica dell’ultimo sciamano del rock, che rappresenta nella sua fisicità ancora esplosiva, nonostante le 73 primavere (74 a settembre), l’eroe americano tratteggiato dalla penna di Whitman.

La maratona springsteeniana inizia poco prima delle 19.30 con il «Ciao Roma! » di prammatica, l’immancabile incipit «One-two-three-four! » e il brano My love will not let you down, ma la magia inizia con No surrender, un brano emblematico della sua poetica all’insegna della resistenza attiva («Nessuna ritirata, credimi, nessuna resa») che viene accolto con entusiasmo dal variegato pubblico del Circo Massimo. La prima parte del concerto ha una sua intima coerenza narrativa: si avverte da un lato la presenza sempre più incombente della morte (Ghosts,Mary’s Place, Last man standing), dall’altra c’è la proverbiale voglia di riscatto springsteeniana, che sfocia spesso in corse notturne con l’auto attraverso le infinite e polverose highway americane, tra dolorose cadute e inaspettate risalite. Il concerto ha quasi una struttura teatrale, sebbene i dialoghi siano ridotti al minimo, mentre la E Street, una prodigiosa orchestra rock perfettamente oleata, non disdegna arrangiamenti più jazzy (pensiamo ai virtuosismi di E Street Shuffle), che esaltano la componente black dei brani di Springsteen. Non a caso, uno dei brani più emozionanti ed applauditi della prima parte dello show è stato Nightshift dei Commodores, contenuta nel recente album di cover Only the strong survive, grazie alle straordinarie armonizzazioni dei coristi. A Steve Van Zandt e Nils Lofgren viene affidato il compito di creare una gabbia di chitarre entro la quale Bruce è libero di esprimersi attraverso numerosi assoli con la sei corde, mentre Max Weinberg è il vero regista della band, con il suo drumming poderoso e preciso. Le travolgenti Prove It All Night, e Kitty’s Back mettono in chiaro, ancora una volta, perché la E Street Band viene considerata da molti la migliore formazione live di oggi.

La delicata Letter to you viene accompagnata dai sottotitoli in italiano, in modo da essere compresa da tutti gli spettatori nel suo messaggio («Ho preso tutta la mia felicità e il mio dolore e li ho spediti in questa lettera a voi»), mentre l’unico monologo della serata introduce l’intensa Last Man Standing, nella quale Springsteen fa direttamente i conti con la morte e il tempo trascorso. In esso il Boss ricorda i suoi esordi musicali, tra i sedici e i diciannove anni, quando ha imparato a suonare la chitarra nei Castiles insieme al suo amico del cuore George. Cinquant’anni dopo, George è sul letto di morte e Bruce va a dirgli addio, tenendogli la mano: lì capisce di essere l’unico membro superstite della band. «Io la sento arrivare, la morte, come un uomo che sta in piedi su un binario buio, vede le luci sempre più vicine e sa che sta per essere investito da un treno in corsa. Più quel treno si avvicina, più tutto è chiaro. Sono le passioni che inseguiamo da bambini e che non sappiamo dove ci condurranno, la cosa più importante di tutte. In quel momento, quando siamo giovani, ci sono solo i “buongiorno” e “ci vediamo domani”, mentre adesso ci sono solo “ieri” e gli addii. Vivete adesso e siate più buoni con voi stessi».

Il monologo del cantautore ottiene lunghi applausi e diversi occhi lucidi, soprattutto da chi è più avanti con gli anni, introducendo la parte “greatest hits” del concerto con l’iconica Backstreets, cui segue la festa collettiva di Because the night (generosamente ceduta nel 1978 a Patti Smith), che offre a Nils Lofgren il destro per un assolo di chitarra monumentale. Wrecking ball e The rising, i brani più politici del concerto, sono ancora attualissimi nella loro urgenza e nel loro messaggio, con la ripetizione quasi ossessiva della frase «And hard times come and hard times go» («I tempi duri vengono e i tempi duri se ne vanno»). L’inno rock Badlands e l’intimità acustica di Thunder road, di cui risuonano le parole «Well, I take this guitar and I learned how to make it talk»(«Bene, ho preso questa chitarra e ho imparato a farla parlare»), sono la chiusura perfetta del concerto, prima di un bis che è quasi uno show aggiuntivo. Micidiale l’uno-due Born in the Usa e Born to run, che carica di adrenalina i 60.000 fortunati spettatori del Circo Massimo, la magia prosegue con le scintillanti Bobby Jean e Glory days, mentre Dancing in the dark è puro divertimento e gioia sui volti dei fan del Boss inquadrati dai tre maxischermi (sopra i quali svettavano una bandiera americana e una italiana). 10th Freeze-Out, prima della quale vengono presentati uno ad uno i fenomenali membri della E Street Band, è un sentito omaggio ai compianti Clarence Clemons e Danny Federici, mentre il brano che chiude il concerto è la ballad acustica (con sottotitoli in italiano) I’ll see you in my dreams, dedicata al discografico australiano Michael Gudinski morto nel 2021. In essa Springsteen canta: «I’ll see you in my dreams / yeah around the river bend / For death is not the end» («Ti vedrò nei miei sogni, sì, dietro l’ansa del fiume, perché la morte non è la fine»). Il concerto finisce dopo tre ore, senza mai un calo di tensione o un momento di stanchezza, durante il quale il rocker del New Jersey ha cantato con grinta, energia, rabbia, dolcezza e malinconia, confermando ancora una volta di essere uno dei più grandi performer nella storia del rock. Springsteen, in un’umida serata primaverile, è riuscito a parlare a ciascuno di noi con la sua irresistibile comunicativa, lasciandoci dentro la sensazione che, nonostante le tragedie e quel manto di precarietà che ci circonda, possiamo rialzarci ancora una volta, uscire di casa e sfidare il mondo perché, anche se a volte ce lo dimentichiamo o facciamo finta di non saperlo, siamo nati per correre.

La scaletta del concerto di Bruce Springsteen al Circo Massimo (21/05/23)

My love will not let you down

Death to my hometown

No surrender

Ghosts

Prove it all night

Darkness on the edge of the town

Letter to you

The promised land

Out in the street

Kitty's back

Nightshift

Mary's place

The E Street shuffle

Last man standing

Backstreets

Because the night

She's the one

Wrecking ball

The rising

Badlands

Thunder road

BIS

Born in the USA

Born to run

Bobby Jean

Glory days

Dancing in the dark

Tenth Avenue freeze-out

I'll see you in my dreams

YOU MAY ALSO LIKE