Star Wars: Gli ultimi Jedi e l'eterna tenzone tra luce e oscurità - Recensione
Continuano le eterne (e talvolta sfinenti) battaglie nella "galassia lontana lontana" che sforna sequel su sequel. Ma almeno Star Wars - Gli ultimi Jedi (dal 13 dicembre al cinema), secondo capitolo della terza trilogia di Guerre stellari, alza il tiro rispetto al predecessore Star Wars 7 - Il risveglio della Forza e sa raccontare qualcosa di nuovo e avvincente.
L'anima pulsante, il dilemma tra luce e oscurità, tra la Forza e il suo lato oscuro, di scespiriana intensità, è però sistemata in un proliferare di narrazioni parallele, trame e sottotrame. Affascina ma mette alla prova la capacità di concentrazione dello spettatore.
Rian Johnson, già regista dello sci-fi Looper, nel raccogliere l'eredità di J.J. Abrams inietta l'ottavo film della serie di inusuale ironia (che a volte tocca derive comiche troppo ammiccanti).
Le domande rimaste aperte trovano le loro risposte. E Daisy Ridley, la tenace Rey, è destinata a un futuro glorioso.
Adam Driver vs Daisy Ridley, la parte migliore
Kylo Ren, il nuovo cattivo interpretato da Adam Driver, era stato l'anello debole di Star Wars 7 - Il risveglio della Forza. Scimmiottando maschera, vestito e mantello neri alla Darth Vader, era ben lontano dalla profonda complessità oscura di Anakin. Ma proprio togliendosi quelle bardature, ora ci fa sentire tutta la sua anima ferita, vacillante, accecata dalla vendetta, che proprio nella sua debolezza trova la forza.
Dall'altra parte, così simili, così diversi, c'è la battagliera Rey incarnata da Daisy Ridley, che diventa sempre più il fuoco della narrazione.
Nella loro connessione e nel loro respingersi, nel dilemma senza tempo tra Male e Bene, c'è la parte migliore di Star Wars: Gli ultimi Jedi. Uno sfiorarsi la mano e poi darsi di spada. Una tensione all'incontro e allo scontro.
"Equilibrio. Potente la luce. Potente l'oscurità".
Ritmo contemporaneo che confonde
Attorno a questo entusiasmante balletto emotivo, che rispolvera le tenzoni interiori più profonde della saga, si muovono storie, altre battaglie, personaggi nuovi e vecchi, frenetiche corse contro il tempo. È la fantascienza contemporanea, bellezza. Che pigia il pedale sull'acceleratore, mette tanta carne al fuoco, attiva mosse e contromosse, e confonde.
Con il pilota della Resistenza Poe Dameron (Oscar Isaac) sempre più focoso e protagonista. Con l'ex stormtrooper Finn (John Boyega) in preda ai suoi turbamenti. Con l'enigmatico hacker DJ (Benicio del Toro) che si prende il suo breve ma decisivo spazio. E soprattutto con Luke Skywalker (Mark Hamill), autore di una delle scene più sorprendenti del film (con tanto di boato del pubblico in sala): Jedi in volontario esilio, afflitto e dibattuto, alla fine non deluderà.
Carrie Fisher, ci mancherai
E poi c'è lei, la principessa Leia, la scintilla della Resistenza. Ogni volta che la macchina da presa si sofferma sul volto pacato e buono di Carrie Fisher, morta il 27 dicembre 2016, poco dopo aver ultimato le riprese, il cuore si stringe. "Tenete il cordoglio per dopo la battaglia", dice il suo personaggio. E la malinconia prende il sopravvento. Ci mancherà tanto. Ora che il nuovo prende prepotentemente il sopravvento, è sempre là, verso il vecchio, verso la trilogia originale, che si trova ancora il meglio.
È confermato lo spirito multietnico del cast della trilogia sequel di Guerre stellari. Ed è a una new entry di origini vietnamite, l'attrice Kelly Marie Tran che interpreta l'addetta alla manutenzione Rose, che viene affidata la frase da ricordare di Star Wars: Gli ultimi Jedi: "È così che vinceremo. Non combattendo ciò che odiamo. Ma salvando ciò che amiamo".
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