Paolo Sorrentino e Toni Servillo alla Mostra del cinema di Venezia, 2 settembre 2021 (Foto: Ansa/Claudio Onorati)
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September 02 2021
Un circo di emozioni e di estetica degli eccessi, di felliniana ispirazione ma più ridondante e a tratti irritante, è il diario di adolescenza di Paolo Sorrentino portato a Venezia,È stata la mano di Dio. La sua pagina personale più lacerante, la svolta che l'ha portato a essere il regista che è oggi.
Primo film italiano a mostrarsi al Lido di Venezia, tra i cinque in corsa al Leone d'oro, È stata la mano di Dio è stato accolto da applausi alla prima proiezione assoluta (quella per la stampa in Sala Grande). La proiezione con red carpet e pubblico è alle 19.15, sempre in Sala Grande.
Il regista premio Oscar per La grande bellezza, film che esplorava meraviglie e decadimento di Roma, questa volta torna alla sua Napoli degli anni Ottanta e si guarda allo specchio, raccontando l'episodio più doloroso della sua vita: la morte dei suoi genitori, quand'era adolescente, uccisi da una fuga di monossido di carbonio nella casa di montagna a Roccaraso. Lo spartiacque tra la spensieratezza e il dover camminare con le sue gambe.
Come cinema chiede, alla vita vera sul grande schermo si mescola la tavolozza di ingredienti ormai diventati summa del Sorrentino post La grande bellezza, che piaccia o non piaccia (e a noi non piace): il grottesco che si sposa al magnifico, la tragedia con la comicità, immagini e inquadrature lucenti e personaggi bisunti, voci sguaiate, trivialità esasperata e visioni. Ecco quindi un'apertura fulgente con la camera che dal mare vola su Napoli in tutto il suo aereo splendore, e poi un San Gennaro inquietante (interpretato da Enzo Decaro), la Signora Gentile (Dora Romano) che urla improperi e dà morsi voraci e rozzi a una mozzarella, il Monaciello che saluta con la mano (il monaco bambino, spiritello leggendario del folclore napoletano), le zinne al vento di Luisa Ranieri (da cineteca), il vecchio petulante con il laringofono, Maradona che scalda una piazza già calda… Tanta caciara, tra i sentimenti. E poi la tragedia improvvisa che squarcia il dondolarsi quotidiano di una Napoli allegra e imbrattata. Ma nella tragedia il quasi miracolo: il giovane Sorrentino è scampato alla morte perché era rimasto a Napoli per vedere giocare… Maradona. «Io credo in un potere semi-divino di Maradona», sorride il regista sceneggiatore.
Il papà e la mamma di Paolo Sorrentino sono interpretati dall'attore di rifermento del regista napoletano, Toni Servillo, e da Teresa Saponangelo: una coppia affiatata, che emana calore e riempie la scena, e che non si esime da qualche eccesso sorrentiniano. Il Paolo adolescente, invece, ha il volto di una bella scoperta, Filippo Scotti, giovane attore da tenere d'occhio. «Cercavo un bravo attore e Filippo ha facilmente sbaragliato la concorrenza», racconta Sorrentino. «Mi sembrava avesse la stessa timidezza e il senso di inadeguatezza che aveva il ragazzo che sentivo di essere a 17-18 anni».
Infatti il suo Fabietto Schisa - così si chiama il personaggio che racconta il Sorrentino adolescente – è un ragazzo che guarda alla vita come fosse un mistero, con occhi che si afferrano a persone e cose, ora sospesi, ora smarriti. Attraverso Scotti, Sorrentino ripercorre le prime volte in cui si è avvicinato al cinema e ha cominciato a pensarsi regista, il casting con Fellini, gli spettacoli a teatro, la videocassetta di C'era una volta in America, l'incontro con Antonio Capuano, regista che proprio a Venezia nel 2001 portò Luna rossa e per cui Paolo scrisse la sceneggiatura di Polvere di Napoli. «Capuano è stato molto importante per me» afferma Sorrentino. «Diceva che avere un dolore non è nulla, non ti dà la patente per fare un film, che non era un antefatto sufficiente».
Sorrentino ha deciso di realizzare il suo primo film autobiografico, sicuramente il più personale, perché ha sentito che era arrivato il momento. «A un certo punto si fanno i bilanci – spiega -; Bukowski ne fece uno che mi piace tanto: 'Gli dei sono stati buoni, l'amore è stato bello e il dolore è arrivato a vagonate'. C'era stato molto amore e molto dolore nella mia vita da ragazzo e mi è sembrato potesse avere una forma cinematografica. Un anno fa ho compiuto 50 anni, mi sembrava fossi maturo per farlo. E poi ho raccolto una provocazione: un caro amico e collega mi diceva che non faccio mai cose personali».
Servillo ha accolto la possibilità di interpretare il padre di Sorrentino come un dono. «Nel corso di questa lunga felice collaborazione con Paolo - racconta l'attore -, 20 anni fa eravamo qui a Venezia con il nostro primo film, L'uomo in più. Paolo mi raccontava che prima o poi avrebbe trovato la distanza giusta per fare questo film e mi avrebbe dato il ruolo del padre. Non mi ha chiesto di assomigliargli, ma solo di mostrare tanto amore».
Sorrentino chiosa: «Sono venuto qua a Venezia 20 anni fa, era il mio inizio. Mi piace pensare che ora sia un nuovo inizio».
È stata la mano di Dio uscirà il 15 dicembre 2021 su Netflix.