Politica
November 16 2020
In attesa di sapere il risultato sul voto avvenuto sulla Piattaforma Rousseau che dovrebbe dire qual è il sentimento della base gli Stati Generali del Movimento 5 Stelle si sono svolti e chiusi nel più classico dei nulla di fatto. Eravamo abituati a congressi di altri partiti in cui le liti esplodevano fino al cambio di segreteria e rotta politica. Qui invece niente di niente.
Che i grillini siano profondamente spaccati in due non è di certo una novità. Ma che la sintesi tra le due voci ed una possibile linea unica non solo non si è vista, tutt'altro. Le diversità e certi attacchi personali tra i leader di un'ala e dell'altra non sono mancati.
E così Fico ha attaccato Di Battista, che ha attaccato Di Maio, che ha attaccato Casaleggio che non ha partecipato; un'assenza che è stata la cosa più rumorosa di tutto il resto.
Di Battista non ha usato mezze misure. Il leader dei duri-e-puri ha attaccato i vertici attuali, da Crimi a Di Maio: «Avete denigrato il movimento e vi siete genuflessi davanti ai vostri (nuovi) padroni».
Altrettanto dura la risposta di Fico che ha chiesto di «abbandonare le strategie della vecchia politica».
Immancabile poi l'intervento del premier Conte, che a seconda delle necessità è un uomo del Movimento oppure un corpo estraneo. Insomma, un buon democristiano che ha tenuto il suo solito discorso che voleva accontentare tutto e tutti. Da una parte quindi l'apprezzamento per la storia ed i valori originali del Movimento; dall'altra gli applausi per chi «trova la forza di cambiare, per migliorare», cioè per salvare la sua permanenza a Palazzo Chigi.
Liti interne a parte, anche sul vincolo di mandato e sul numero dei mandati del quali di fatto non si è parlato è emersa chiara la distanza ormai tra chi sta sul territorio e quelli che invece sono ormai diventati uomini di «palazzo», con questi ultimi propensi per una nuova organizzazione interne da partito della Prima Repubblica, distaccato da Casaleggio (cosa non si fa e come non si cambia per salvarsi la poltrona).
Alla fine però cosa resta in mano? Nulla, tanto rumore per nulla. Si va avanti così perché alla fine va bene così a tutti i protagonisti. I governisti restano al governo, felici. E felice è anche Di Battista che di fatto resta voce unica dei duri-e-puri, pronto forse a creare un Movimento più avanti tutto suo.
Poco, troppo poco per un partito che è maggioranza relativa in Parlamento e nel governo (nel periodo più delicato della storia del paese alle prese con la pandemia). O forse semplicemente il massimo di quelle che solo le sue potenzialità: cioè quasi zero.