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May 30 2022
da Stoccarda
C’è il rischio di sbandare, balzando a bordo di un pensiero automatico come il cambio di un’automobile. Perché sì, è sacrosanto, quando si sente il nome della città tedesca il pensiero vola subito ai musei della Mercedes-Benz e della Porsche, cattedrali trasparenti dell’ingegno su ruote. Sia chiaro, sono splendidi, centratissimi per gli amanti della materia, ma c’è molto di più. Attrazioni e atmosfere inaspettate, in grado di rivaleggiare – come minimo per varietà – con mete sdoganate, sempre a misura d’uomo, sempre tedesche, come Monaco o Amburgo.
Se amate la lettura e il vino, i dintorni ubriachi di natura, la storia e le altezze più i mercati vivaci, Stoccarda saprà sorprendervi assieme al meglio di telai e motori. Ed è tutto così accessibile da renderla ideale per un weekend. Il perfetto city break. O almeno uno non troppo stressante, senza l’urgenza di rincorrere il tempo con l’ansia con il turbo.
Cominciamo dal meglio, che poi è ancora di più tale perché inatteso. La Biblioteca civica vale il viaggio: è una delle più belle del mondo. Progettata dall’architetto coreano Eun Young Yi, ospita oltre mezzo milione di opere. All’esterno la superficie è cubica, all’interno non si svela subito. L’atrio risulta piuttosto anonimo, per stupirsi occorre prendere uno degli ascensori e salire fino all’ultimo piano: da qui si spalanca un paesaggio geometrico, candido, macchiato dalle policromie dei volumi. Una meraviglia.
Il nostro suggerimento è andarci la mattina presto, verso le 9, quando è semivuota. Scattare delle foto per Instagram (andranno alla grande, il colpo d’occhio è sensazionale) o semplicemente girovagare, salire e scendere dalle sue scalette bianchissime. Basta per ripagare della scelta di essere arrivati fino a Stoccarda. Che detta così sembra poi chissà quale impresa, quando ci sono molti comodi voli diretti operati dalla compagnia low cost Eurowings, niente affatto scalcinata. È un’emanazione di Lufthansa.
La Stadtbibliothek, questo il suo nome originale, è la portabandiera del fermento in corso in città, specie nel centro storico che sta vivendo un profondo rinnovamento. È il classico cantiere a cielo aperto: l’obiettivo è interrare la stazione centrale, recuperando un ampio spazio di verde e di suolo per la collettività, tra zone pedonali, aree ciclabili e corollari che esaltano una velleità di essere a misura d’uomo. Se siete curiosi di sapere come sarà, al binario 16 c’è un museo ben organizzato, con alcuni punti panoramici per familiarizzare, a costo zero, con la vostra destinazione.
Incominciando così presto vi sarà venuta fame. Ma non cedete alle tentazioni delle molte backerei, le panetterie con i loro trionfi di pretzel farciti di formaggi e altre bombe di calorie. Meglio una soluzione più fresca e biologica. Al Markthalle, il raffinato e affollato mercato centrale, ci sono vari ristorantini e punti da asporto immersi tra trionfi di frutta, verdura, carne e pesce fresco. Una girandola di aromi e colori al quale finirete volentieri per cedere.
Dopo pranzo e un giro nel centro storico è ora di prendere il treno. Nessun problema: i convogli sono frequenti e puntuali, perdersi è infrequente e, se proprio succede, basta aspettare il successivo. Destinazione Esslingen, uno di quei posti per cui scocca un immediato colpo di fulmine. Conquista gli occhi e il cuore con le sue case posh, scorci di chiese e canali, i vigneti tutt’intorno.
Già, perché il clima allegrone che si respira non è dato solo dalla salubrità dell’aria, decisamente più pulita di quella metropolitana. Tappa fissa è Kessler, la prima cantina di vini mossi in Germania, la più antica: risale al 1826. Tra un bicchiere di bollicine pluripremiato e l’altro, si scopre la storia del capostipite seduttore, che imparò i segreti presso il tempio dello champagne, Veuve Cliquot-Ponsardin. E, oltre alla ricetta, rubò il cuore della fondatrice della celebre maison.
Il pomeriggio sta prendendo una piega decisamente frizzante e la riprova la si ha spostandosi verso Rotenberg (si arriva con una facile combinazione di treno più autobus, il secondo meno frequente ma puntualissimo). Qui è magnifico accomodarsi su un prato al tramonto con una coperta, dei salumi, un bicchiere – gli abitanti di Stoccarda, specie i più giovani, lo fanno spessissimo – o passeggiare tra distese di vigne mentre il sole scende lento sulle colline sullo sfondo.
Il paesaggio è davvero inconsueto, oscilla tra l’assoluto bucolico e, spingendosi oltre, svela grandi fabbriche delle auto, ricordandoci dove siamo. Non è stridente, è un contrasto tra antico e contemporaneo, la prova di una convivenza possibile. Già, ma com’è il vino delle uve che vi circondano? La risposta la dà la tavola del ristorante Rotenberger Weingaertle, che vi accoglie con un generoso, stracolmo calice di Riesling locale. Due dritte: andate a cena finché c’è luce, dalla terrazza semi-coperta il panorama è sublime; ordinate con moderazione, le porzioni sono parecchio generose.
Il giorno successivo si conferma l’impressione, la capacità di Stoccarda – che poi è una dote – di spaziare tanto al di là del recinto del suo centro storico. Stavolta in metropolitana, parecchio capillare (ce n’è anche una che dall’aeroporto arriva fino in città) si raggiunge la torre della televisione. A differenza di quella di Berlino, svetta su boschi, spazi verdi, la Foresta nera da un lato, la prateria urbana da un altro. Un cortocircuito scrutabile a 360 gradi dalla passerella a 150 metri d’altezza oppure nel bar che serve piatti caldi e caffè.
Per un the c’è invece la Teehaus, altro spot molto fotografabile dentro il parco Weissenburg che si arrampica su una collinetta. Un approdo panoramico, meno sontuoso della torre ma più romantico (la densità di coppiette è impressionante) e gratuito.
Dopo aver assecondato così a lungo la cultura dell’outdoor – e con la bella stagione Stoccarda si presta bene al concetto – tocca a una tappa indoor: il Kunstmusuem, il museo d’arte con un numero notevole di pezzi dal diciottesimo secolo a oggi, più diverse installazioni di arte contemporanea. Il palazzo che lo ospita, un cubo di vetro, è un’opera in sé. E dalle sue trasparenze all’ultimo piano si spia la vita sulla Schlossplatz, la piazza principale della città, ricca di fontane e prati verdissimi dove gli abitanti e i turisti, nemmeno fossero tra i vigneti, si stendono a prendere il sole. Derive da centro balneare nel fulcro della Germania, un’ulteriore conferma dell’atmosfera semplice, scanzonata, per nulla austera del posto.
Per coerenza, potreste soggiornare a Jaz in the city, hotel funzionale tutto a tema musicale: l’ascensore fa danzare le luci stroboscopiche di una discoteca, la sala per la colazione (abbondante e variegata) ostenta riflettori, una console da deejay e altri riferimenti alla galassia delle note. Non è lussuoso, ma ha tutto quello che occorre per ricaricarsi. E la posizione è invidiabile: due minuti a piedi dalla biblioteca, una decina dalla stazione, il campo base per l’itinerario di questa meta di motori che è tutta una godibile carrozzeria.