Addio al Test d’Ingresso per le facoltà di medicina
L’abolizione del test d’ingresso per le facoltà di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria segna una riforma epocale nel sistema accademico italiano. Con l’approvazione della legge delega da parte della 7^ Commissione del Senato, il governo avrà il compito di riorganizzare l’accesso a questi corsi di laurea, sia per le università che per il Sistema Sanitario Nazionale con l’obiettivo di promuovere una selezione più equa e sostenibile sia per gli Atenei che per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN).
L’elemento più rivoluzionario della riforma è l’eliminazione del tradizionale test di ingresso, che finora ha regolato l’accesso alle facoltà di medicina e altre professioni sanitarie. Al suo posto, il primo semestre del percorso universitario fungerà da filtro, con esami specifici che determineranno la selezione. Ogni studente potrà iscriversi e frequentare i primi mesi, ma il proseguimento del percorso sarà legato ai crediti acquisiti durante questo periodo e a una graduatoria nazionale.
Inoltre secondo il Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, gli studenti che non saranno ammessi al secondo semestre non vedranno questo tempo sprecato. Infatti, i crediti accumulati durante il primo semestre saranno riconosciuti per percorsi formativi alternativi, garantendo che l'impegno degli studenti non vada perso. In più , verranno introdotte iniziative di orientamento già durante gli ultimi anni della scuola secondaria, per favorire l'ingresso nei corsi di laurea.
Per il governo, questa è una riforma che garantisce inclusività. Tutti coloro che aspirano a intraprendere una carriera nelle professioni medico-sanitarie avranno la possibilità di iscriversi e dimostrare le proprie capacità. Tuttavia le critiche, non mancano. Fabio De Iaco, presidente della SIMEU (Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza), ha sollevato perplessità sulla riforma, avvertendo che un accesso non regolamentato ai corsi di laurea potrebbe compromettere a lungo termine la qualità dell’assistenza sanitaria. «Serve un numero programmato che sia davvero tarato sulle esigenze future. Permettere l’accesso indiscriminato è una scelta inutile e rischiosa. Il numero di ammessi deve essere allineato anche alle possibilità di formazione post-laurea (specializzazioni, corsi di medicina generale) per evitare il noto 'imbuto formativo'. Inoltre, la selezione non dovrebbe basarsi solo su conoscenze scientifiche e capacità logiche, ma anche su motivazioni e competenze relazionali».
Il sistema del numero chiuso è stato al centro di polemiche per anni. Sebbene fosse nato per garantire un accesso limitato e preservare la qualità dell’insegnamento, si è trasformato in un meccanismo che ha alimentato le disuguaglianze. I test di ingresso spesso favoriscono chi può permettersi costosi corsi di preparazione, escludendo giovani talenti che, pur avendo le capacità, non dispongono delle stesse risorse economiche.
L’emergenza COVID-19 ha messo in luce le carenze del sistema sanitario italiano, in particolare la mancanza di medici e personale qualificato. La rigidità del numero chiuso ha spesso impedito la formazione di un numero sufficiente di professionisti, portando alla necessità di ripensare l’intero meccanismo di accesso alle facoltà medico-sanitarie.
Guardando all’estero, diversi Paesi offrono modelli alternativi che potrebbero ispirare l’Italia. In Francia, ad esempio, esiste un sistema in cui gli studenti vengono valutati al termine del primo anno universitario, basando la selezione su un percorso accademico più ampio e approfondito. Anche in Germania e nei Paesi Scandinavi, la selezione si basa su una combinazione di voti scolastici e prove d’ingresso, offrendo una valutazione più completa delle capacità degli studenti. Modelli come questi, adottati in diversi Paesi, bilanciano inclusività e merito, senza penalizzare eccessivamente chi non supera un test alla prima occasione. Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, invece, l’accesso alle università si basa su criteri più complessi e olistici. Oltre ai voti scolastici, gli studenti devono presentare test standardizzati, lettere di raccomandazione e saggi personali. Questi sistemi offrono una valutazione più ampia del potenziale degli studenti, permettendo alle università di considerare non solo le capacità accademiche, ma anche il profilo complessivo del candidato.
Il nuovo modello di selezione italiano promette di essere più inclusivo, permettendo a un numero maggiore di studenti di tentare l’accesso alle facoltà di medicina e altre professioni sanitarie.
Un approccio, che se ben implementato, potrebbe contribuire a formare una nuova generazione di professionisti più preparati e diversificati, capaci di affrontare le sfide di un mondo in continua evoluzione.
Tuttavia, rimane fondamentale garantire che la qualità dell’istruzione non venga sacrificata. Le università italiane dovranno essere adeguatamente attrezzate per gestire l’aumento degli iscritti, e il sistema sanitario dovrà essere pronto ad accogliere i futuri laureati. Il successo della riforma dipenderà dalla capacità del governo di bilanciare l’inclusività con la necessità di mantenere elevati standard di formazione. Solo così il superamento del numero chiuso potrà rappresentare un vero passo avanti verso una società più equa e competitiva.
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