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October 09 2017
Oggi il presidente catalano Charles Puigdemont deve riferire sui risultati del referendum del primo ottobre. E probabilmente dichiarare l'indipendenza in una forma ancora non chiara. Il premier spagnolo Mariano Rajoy lo ha diffidato dal farlo, pena la dura reazione dello Stato. Rajoy puo' usare l'art.155 della Costituzione per sospendere l'autonomia catalana, destituire Puigdemont, sciogliere il parlamento, convocare elezioni anticipate e dichiarare lo stato d'emergenza.
Il punto di rottura tra Barcellona e Madrid è dunque arrivato.
Ma cos’è che fa sentire diversi catalani e spagnoli accomunati, adesso, solo dai colori delle rispettive bandiere, il giallo e il rosso? Quando è iniziata questa separazione e quando è partito il conflitto interno tra la regione autonoma e lo Stato centrale?
Fino a quasi 11 anni fa le due amministrazioni collaboravano con l’obiettivo di portare la nazione verso una dimensione federalista pienamente condivisa. Poi la spaccatura.
Nonostante la Catalogna, assieme ai Paesi Baschi, sia la regione che più rispetto alle altre ha goduto (e gode) di maggiore libertà, tra cui una propria polizia, nel 2006 la Generalitat catalana scrisse, negoziò e fece approvare dal governo di Madrid uno statuto che le garantiva maggiori poteri, soprattutto in campo finanziario. Lo statuto fu approvato, un paio di mesi dopo la stesura, anche dagli stessi catalani con un Referendum vincolante. All’epoca al governo c'era era José Luis Rodríguez Zapatero.
Il Partito Popolare che quattro anni prima aveva votato contro il Parlamento, nel 2010 portò alla Corte costituzionale spagnola la questione, facendo dichiarare l’incostituzionalità di numerosi articoli. Quello più dibattuto fu sulla definizione di “nazione” catalana. Ben 14 articoli dello statuto vennero dichiarati illegali.
Resta nota la manifestazione del 10 luglio 2010 a Barcellona indetta contro la decisione del tribunale e approvata da quasi tutti i partiti politici del Parlamento catalano.
Il conflitto tra Generalitat e Madrid non si concluse con la sentenza della Corte. Anzi, il 9 novembre 2014 l’allora presidente catalano, Artur Mas, indice un Referendum consultivo la cui affluenza fu stimata attorno al 36 per cento degli aventi diritto al voto. Di questi l’80 per cento si espresse a favore della secessione. Ma la votazione non ebbe alcun risvolto legale.
Salito al potere Carles Puigdemont, la Generalitat rafforza il suo desiderio d’indipendenza che si scontra con l’intrasigenza del governo Rajoy portando a un Referendum (1 ottobre) dichiarato illegale da Madrid, ma realizzato da Barcellona nonostante i dubbi sulla regolarità dei voti e il numero esiguo dei partecipanti (circa il 40 per cento). Una spaccatura che mal si sanerà se non altre aspre controversie.