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Storia di Michele Riccardi, l'estorsore della famiglia Boldrini

Studio-approfondimento sulla scomparsa di Sergio Isidori». Si parte dalla sparizione del piccolo Sergio di soli 5 anni, nel lontano 1979, per passare al Silenzio della Rosa, una raccolta di racconti scritti da un prete. Il culto della Madonna delle rose, la simbologia della Vergine e della Madre nera: «Rosa equivale a Iside e Iside equivale a Isid-ori»... Di queste farneticazioni è zeppo il bislacco «dossier» che il 6 settembre 2013 Michele Riccardi, un ragioniere disoccupato di 43 anni, consegna all’ufficio comunale di Monte Roberto (Ancona): l’uomo vuole che ne prenda visione Ugo Boldrini, segretario in quel comune ma soprattutto fratello della presidente della Camera, Laura Boldrini.

La mattina del 13 settembre i due si incontrano in comune. Ma sono in ascolto anche i carabinieri, perché Ugo Boldrini ha presentato una denuncia per tentata estorsione. Riccardi, che gli si è presentato sotto il falso nome di «Mirko Rocchi», vuole infatti concludere un affare con i Boldrini: vuole vendere un farneticante «dossier» dove ha distillato il suo studio sulla scomparsa del bambino e su misteriose trame esoteriche che a suo dire coinvolgerebbero Laura.

La presunta estorsione, peraltro, è assai anomala. Prima di tutto perché l’uomo ritira da Ugo Boldrini un assegno di 3 mila euro, più 500 in contanti, e in cambio gli consegna addirittura una quietanza firmata, con tanto di contratto. Tutto, insomma, è tracciabile, tutto è alla luce del sole. Ma di strampalato non c’è solo questo. Basta leggere l’incipit del documento, e soprattutto il paragrafo in cui Riccardi traccia un collegamento tra il «sacrificio» del bambino in «forma di ringraziamento o propiziatorio verso la divinità satanica-ebraica di Iside la nera, conosciuta anche come culto demoniaco Lilithiano», e la «brillante carriera» del «beneficiante» di quel sacrificio. Laura Boldrini non è mai citata espressamente nel dossier, ma il riferimento a lei è chiaro.

Riccardi è un uomo molto strano, quasi uno squilibrato, però appare incapace di fare male a una mosca. È infantile, più che naïf. Lo si capisce anche da toni ed espressioni della conversazione intercettata dai carabinieri, là dove il presunto estorsore suggerisce alla sua vittima, Ugo Boldrini, come compilare l’assegno per evitare che la cifra scritta possa essere corretta e aumentata.
Un divorzio alle spalle, nessun figlio, Riccardi è disoccupato dal 31 agosto e da allora trascorre il tempo in solitudine. Vive a San Marino, dove da tempo coltiva studi di criminologia ed esoterismo. È incensurato. Forse non si rende conto di commettere un reato, con la vendita del «dossier». O forse è davvero persuaso di aver prodotto un documento scientifico: «Pensava davvero che venderlo in quei termini fosse una cosa lecita» sostiene il suo legale, Alessandro Petrillo. «Riccardi aveva una visione deformata della realtà, non a caso aveva preparato una quietanza per la riscossione dell’assegno».

Quella paradossale quietanza, di cui resta traccia anche nell’intercettazione, non è però agli atti. Ed è scomparso anche Riccardi. Nel senso che l’uomo è morto: il 15 novembre, dopo due mesi trascorsi nel carcere di Ancona, s’è impiccato alle sbarre della finestra mentre i suoi compagni erano all’ora d’aria. Su alcuni fogli di carta trovati vicino al suo cadavere restano le ultime parole di un uomo terrorizzato, prostrato da una carcerazione che gli pareva non dovesse avere fine. «Lo stato psichico di mio fratello era incompatibile col carcere» afferma sua sorella, Maria Lucia. «Quando sono andata a ritirare i suoi effetti personali, due ispettori della polizia penitenziaria mi hanno detto che per loro non avrebbe mai dovuto entrare in una cella».

Chi ha conosciuto Riccardi, in effetti, racconta che bastava guardarlo in faccia per capire che aveva problemi di equilibrio psicologico. Ma tutti lo descrivono come un tipo innocuo, un bambinone che si chiudeva talvolta nel mutismo. Eppure, nessuno dei tre pm incaricati del fascicolo in cui è coinvolta la terza carica dello Stato si risolve a disporre una perizia psichiatrica. Preso atto della «ferrea opposizione» all’ipotesi dei domiciliari, l’avvocato Petrillo avvia una trattativa informale nella speranza di attenuare le rigidità del carcere. Ma non riesce a smuovere il tribunale.

«Mio fratello» protesta Maria Lucia «è stato vittima di un autentico agguato. Se fosse capitato a chiunque altro, senza il coinvolgimento dei Boldrini, pensate che ci sarebbe stato un tale dispiegamento di forze?». La sorella di Riccardi era pronta a trasferirsi nel Riminese per affittare un appartamento da condividere con il fratello. Tutto pur di attenuare l’intransigenza della procura in una vicenda che aveva assunto i contorni di un affare di Stato. Anche la stampa locale si era scagliata contro il presunto estorsore: aveva fatto filtrare anche la suggestiva notizia di una pistola rinvenuta nell’appartamento dell’uomo, a San Marino. Nessuno aveva però precisato che Michele, ex carabiniere durante la leva, possedeva un regolare porto d’armi.
Il caso solleva molti dubbi. Perché il fascicolo di un presunto estorsore viene assegnato addirittura a tre pm? Perché un incensurato con chiare manifestazioni di disagio mentale, uno che vaneggia di sette e riti neri, viene seppellito in carcere per due mesi insieme a criminali comuni? Perché la procura non chiede una perizia psichiatrica per accertarsi della compatibilità con la galera? Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice si paventa il rischio di reiterazione del reato: possibile? E nei confronti di chi?
All’indomani dell’arresto, in un’intervista al Resto del Carlino, Ugo Boldrini aveva raccontato che la sorella Laura «si è fatta una risata dopo aver saputo quanto accaduto». E aveva aggiunto: «Ripeto, siamo gente perbene, normalissima e anche se mia sorella è presidente della Camera ci piace vivere con grande semplicità». Tanta semplicità da non pensare che forse l’autore di quel dossier «farneticante», così lo bolla oggi la presidente Boldrini interpellata da Panorama, non era un pericoloso estorsore ma uno squilibrato che non doveva stare in carcere. Laura Boldrini vuole aggiungere  pochissime parole: dice di avere provato «grandissimo turbamento» nell’apprendere la notizia della morte. E qui si ferma.
Maria Lucia Riccardi scuote la testa: «Sarà» mormora «ma fino a oggi da parte della famiglia del presidente non è giunto né un messaggio di cordoglio né un fiore». La donna si dispera: «Se mio fratello scriveva cose farneticanti, perché lo hanno trattato da delinquente? L’hanno arrestato e poi se ne sono completamente dimenticati. Se solo Michele avesse indirizzato quel dossier a chiunque altro, oggi sarebbe ancora qui».

LA STORIA

6 settembre 2013 Michele Riccardi, disoccupato di 43 anni, si mette in contatto con Ugo Boldrini, segretario comunale a Monte Roberto (Ancona) e fratello della presidente della Camera, Laura Boldrini. Sotto lo pseudonimo di Mirko Rocchi, Riccardi gli consegna un farneticante «dossier» che mette in connessione la morte di un ragazzino con misteriose sette e messe nere. Uno scritto delirante in cui si insinua che Laura Boldrini abbia tratto vantaggio dalla morte del ragazzino. 11 settembre Riccardi fissa un appuntamento con Ugo Boldrini: vuole vendergli il dossier. 13 settembre I due si incontrano nell’ufficio di Boldrini, che ha avvisato i carabinieri. Riccardi ritira 3.500 euro tra assegni e contanti e consegna una quietanza. Uscito in strada, viene arrestato per estorsione e chiuso nel carcere di Ancona. 7 ottobre Dopo ripetute richieste del legale, Riccardi viene sentito dalla pm Giovanna Lebboroni: è il suo solo confronto con l’accusa in due mesi di carcerazione preventiva. 14 novembre Avviene l’ultimo incontro tra Riccardi e sua sorella, Maria Lucia: «Diceva che non ce la faceva più a stare lì dentro». 15 novembre Riccardi viene trovato morto in cella: si è impiccato. Da allora la famiglia Boldrini non ha mai commentato il fatto.

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