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September 26 2017
Il Kurdistan iracheno è andato al voto, il 25 settembre 2017, per un referendum consultivo sull'indipendenza da Baghdad. Pur trattandosi di un evento epocale, che corona una storia travagliata cominciata cent'anni fa, la consultazione non è vincolante e non porterà all'indipendenza in tempi medio brevi. Considerata illegale dal governo centrale, trova lo scetticismo di gran parte della comunità internazionale ed è fortemente osteggiata dalla Turchia.
Nechirvan Barzani, il primo ministro della regione settentrionale del Kurdistan in Iraq, assicura che non sarà dichiarata immediatamente l'autonomia e auspica "un dialogo serio e dei negoziati democratici con l'Iraq".
Conosciamo meglio il Kurdistan, in particolare quello iracheno, la sua storia, il territorio, gli interessi geopolitici.
I curdi, oltre a essere profondamente divisi da diverse visioni politiche, sono distribuiti nel territorio di quattro Stati: Turchia, Iraq, Siria e Iran. Si stima che siano circa 30 milioni. Abitano la regione per lo più montagnosa del Kurdistan, vasto altopiano di circa mezzo milione di chilometri quadrati. La popolazione del Kurdistan iracheno è di 4,7 milioni. In Turchia vivono tra i 12 e i 15 milioni di curdi, in Iran 6 milioni e in Siria oltre 2 milioni.
Il Kurdistan iracheno è situato nel nord dell'Iraq, attorno al suo capoluogo Erbil, che si trova a una settantina di chilometri da Mosul. Dalla caduta di Saddam Hussein, ha raggiunto una certa autonomia politica, come regione federale dell'Iraq. Ma già durante il regime ha goduto, a partire dal 1991, di una sostanziale autonomia, grazie a una "no fly zone" istituita da Usa, Gran Bretagna e Francia.
I confini caldi del Kurdistan iracheno sono a est con l'Iran, a nord con la Turchia, a ovest con la Siria.
Il referendum del 25 settembre ha interessato le quattro province della regione curda (Dohuk, Erbil, Suleimaniya e Halabja) e anche i territori contesi tra i due governi, le province di Kirkuk, Diyala e Ninive.
Kirkuk è una città strategica dell'Iraq e uno dei pomi della discordia nel processo di indipendenza perseguito dai curdi iracheni. Pur non appartenendo alla regione autonoma, è governata dai curdi ed è stata inserita all'interno del territorio del referendum, nonostante la netta opposizione delle minoranze locali e dei politici che le rappresentano.
Città multietnica, abitata da curdi, arabi, assiri e turkmeni in particolare (e rispettive milizie), è capoluogo dell'omonimo governatorato e, soprattutto, è vicina al più grande giacimento petrolifero dell'Iraq.
Ricca di petrolio che garantisce una certa prosperità a un'area non toccata dalla guerra, la provincia di Kirkuk è una delle zone più contese tra il governo centrale di Baghdad e quello curdo di Erbil.
Il sogno di indipendenza del Kurdistan iracheno comincia cent'anni fa. Alla fine della prima Guerra Mondiale, nel 1920, le potenze internazionali vincitrici, con il Trattato di Sevres, per la prima volta nella storia disegnano una mappa con quelli che sarebbero dovuti essere i nuovi confini dello sconfitto Impero Ottomano. La mappa prevedeva la nascita di uno Stato curdo.
Le aspirazioni nazionaliste del popolo curdo vennero però tradite. Con il Trattato di Losanna del 1923, viene negoziato un nuovo assetto territoriale con le forze kemaliste che stavano fondando lo Stato della Turchia moderna. Il Kurdistan viene cancellato e relegato a regione minoritaria divisa soprattutto sui quattro Stati dove tuttora si trovano i curdi: Turchia, Iraq, Siria e Iran.
Dimenticati dalla comunità internazionale, costantemente emarginati se non repressi dai governi sotto la cui autorità erano caduti, i quattro popoli curdi hanno preso strade differenti. Lo scopo, però, è sempre stato lo stesso: la nascita di uno Stato indipendente. In Turchia prevale la guerriglia armata portata avanti dal Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan); in Iran e Siria i curdi sono ridotti a un sostanziale quietismo; in Iraq si è giunti, non senza asprità, alla creazione della regione autonoma del Kurdistan iracheno.
I curdi iracheni sono stati duramente perseguitati dal regime di Saddam Hussein. Dopo la prima Guerra del Golfo, nel 1992, hanno ottenuto uno statuto autonomo. È nato così il Krg, il Governo Regionale Curdo, con il compito di amministrare le aree curde irachene con autonomia, pur dentro la struttura federale controllata dal governo di Baghdad.
Dal 2014, con lo scompiglio apportato in Siria e in Iraq dall'ascesa dello Stato islamico (Isis), i peshmerga (le forze armate curde irachene) hanno potuto acquisire sempre più rilevanza strategica, quale argine militare all'avanzata delle forze jihadiste.
Hanno avuto un ruolo importante nel contrastare l'avanzata dell'Isis, nella protezione di siti come Kirkuk e nella progressiva cacciata degli uomini del Califfato da Mosul. I curdi iracheni quindi ora presentano il prevedibile conto alla comunità internazionale: la richiesta di un'autonomia ulteriore da Baghdad, la creazione di un vero e proprio Stato curdo.
Finora portato come modello di stabilità, il Kurdistan iracheno in verità oggi vive delle divisioni politiche interne. La stessa indizione del referendum appare più come una carta giocata da Masoud Barzani per risolvere questioni intestine.
Masoud Barzani è leader del Pdk (Partito democratico curdo), il partito di maggioranza all'interno del parlamento curdo iracheno, legato alla famiglia Barzani, e presidente del Governo Regionale del Kurdistan. La sua figura però è stata delegittimata, negli ultimi anni, per il fatto che il suo mandato di presidente sarebbe dovuto scadere nel 2013 e invece è stato prolungato due volte in maniera ritenuta illegale dai rivali politici.
Alle spalle c'è il vivo ricordo della guerra civile di metà anni Novanta, tra il Puk (Unione Patriottica del Kurdistan) e il Pdk, che ha provocato circa 8mila vittime. Oggi il Puk mira a controbilanciare il potere di Barzani.
Per di più, a complicare ulteriormente il quadro politico, nel 2009 è nata da una costola del Puk un'altra forza politica, Gorran ("Cambiamento"), che vuole inserirsi nel duopolio Pdk-Puk.
Se davvero il Kurdistan iracheno diventasse indipendente, è tangibile il rischio di un nuovo conflitto interno. Il primo ministro Nechirvan Barzani, nipote del presidente Barzani, però promette: "Per più di vent'anni abbiamo dimostrato che siamo un fattore di stabilità e pace nella regione, e lo rimarremo".
L'economia del Kurdistan iracheno, come quella del resto del Paese, si basa per la quasi totalità sugli entroiti del petrolio. L'oro nero rappresenta il 95% dell'economia locale.
Le riserve della regione autonoma sono stimate in 45 miliardi di barili. Il loro sfruttamento, però, è legato a doppio filo all'oleodotto che giunge a Ceyhun in Turchia e al valico di Habur, dove transitano 1700 tir al giorno.
Da qui la minaccia del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, contrario al referendum, che promette di bloccare le esportazioni di petrolio del Kurdistan iracheno.
Sulla stessa linea, il governo iracheno ha intimato a tutti gli acquirenti di greggio estratto nel Paese, Kurdistan incluso, di trattare solo con Baghdad.