La strage di Capaci, 23 maggio 1992 - FOTO

Il pomeriggio del 23 maggio 1992 il giudice antimafia Giovanni Falcone atterrava a Punta Raisi, su un volo da Roma. Lo attendevano la sua scorta e la moglie, Francesca Morvillo. Pochi minuti dopo le Fiat Croma e la Thema blindate imboccavano con sirena e lampeggianti l'autostrada A2 verso Palermo. Al volante di una delle auto c'è Falcone, a cui piace guidare veloce . Accanto a lui la moglie e dietro l'autista Giuseppe Costanza.

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La strage di Capaci fotografata da un elicottero della Polizia di Stato.
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Vista frontale dell'auto di Falcone dove si nota lo sfondamento della parte anteriore del corpo vettura. Il giudice fu letteralmente travolto dal blocco motore.
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Il giudice Giovanni Falcone (18/5/1939-23/5/1992)
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Francesca Morvillo, moglie di Giovanni Falcone, uccisa con lui a Capaci.
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Falcone con la scorta a Marsiglia nel giugno 1986, durante le indagini internazionali note come "Pizza Connection".
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I faldoni del maxiprocesso istituito da Falcone e Borsellino nelle stanze del Centro Documentazione Antimafia.
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Da sinistra Antonio Cassarà, Giovanni Falcone e Rocco Chinnici sul luogo dell'omicidio di Pio La Torre avvenuto a Palermo il 30 aprile 1982.
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Giovanni Brusca arrestato a Palermo il 21 maggio 1996. Fu lui a innescare il detonatore della strage di Capaci.
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L'allora Ministro dell'Interno Oscar Luigi Scalfaro con i giudici Ayala, Signorino e Falcone a Roma nel 1986.
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Bernardo Provenzano, morto oggi, fu arrestato l'11 aprile 2006 in un casolare nei pressi di Palermo
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L'arresto del capo dei Corleonesi, Totò Riina. Mandante della strage di Capaci.
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Falcone con Claudio Martelli nel 1991. Allora ministro di Grazia e Giustizia, era nel mirino di Cosa Nostra proprio per la fiducia in Falcone, che fu da lui chiamato alla Direzione Generale degli Affari Penali.
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27/5/1993. Un anno dopo la morte di falcone la guerra di Cosa Nostra colpisce con violenza. La bomba di Firenze, in via dei Georgofili.
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Roma, Parioli. Il fallito attentato mafioso al conduttore e giornalista Maurizio Costanzo. 14 maggio 1993.
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28 luglio 1993. I Vigili del Fuoco di fronte agli effetti della bomba mafiosa esplosa a Milano di fronte ai giardini di Palestro. I morti sono 5, i feriti 12.

Alle 17,56 il convoglio è all'altezza dello svincolo di Capaci, a tutta velocità su un cavalcavia che già due settimane prima era stato imbottito di tritolo dagli uomini di Cosa Nostra. Agli ordini della cupola dei Corleonesi, i "picciotti" agivano già in un quadro di guerra mossa dalla mafia allo Stato. Pochi mesi prima era stato ucciso Salvo Lima e le condanne del maxiprocesso di Palermo erano state confermate. La situazione politica del paese passava attraverso la bufera di tangentopoli e tra le picconate del dimissionario Francesco Cossiga.

Falcone, uno dei protagonisti della stagione del processo, è già condannato a morte. Avrebbero potuto ucciderlo a Roma, ma la morte in Sicilia e l'esplosione avrebbero avuto un effetto maggiore, da vera e propria dichiarazione di guerra da parte di Cosa Nostra.

Passano solo sei minuti dall'uscita della scorta dall'aeroporto all'esplosione sul cavalcavia. Giovanni Brusca, appostato sulla collina di fronte all'autostrada, preme il detonatore con un minimo ritardo. 500 chili di tritolo cambiano la storia del Paese. La prima macchina di scorta è scagliata a quasi 100 metri di distanza. Muoiono gli agenti di scorta Vito Schifano, Antonio Montinari e Rocco Dicillo. La macchina guidata da Giovanni Falcone si schianta nel cratere profondo oltre un metro scavato dalla bomba. Il motore della Croma lo investe, la moglie Francesca è riversa sul cruscotto. L'autista Giuseppe Costanza è ferito, così come gli agenti della terza auto e altre 20 persone coinvolte nell'esplosione mentre transitavano sull'autostrada. Giovanni Falcone e Francesca Morvillo muoiono un'ora dopo in ospedale. Il più grave attacco della mafia dei Corleonesi alle istituzioni era cominciata e proseguirà fino all'anno successivo con gli attentati di Firenze, Roma e Milano.

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