Lifestyle
January 11 2018
Si è tolta la vita a 14 anni Ammy "Dolly" Everett, bimba prodigio della televisione australiana, protagonista, qualche anno fa, di una serie di spot che pubblizzavano i cappelli tipici dell'Australia per una nota azienda locale.
Si è uccisa perché a causa di quella pubblicità è stata bullizzata, insultata, trattata come un rifiuto umano dai cyber bulli, dagli hater che nell'inutile cornice della loro cameretta non fanno altro se non offendere e mortificare il prossimo via web, grande o piccolo che sia, uomo o donna, in grado di difendersi o del tutto impreparato alla gratuita ondata di odio nei suoi confronti.
Dolly non ha retto sulle sue spalle il peso di tanta cattiveria e ha lasciato la scena, ha detto addio a un mondo che l'ha costretta a comprenderne il peggio senza avere il tempo di vederne il meglio.
Al posto della ragazzina australiana avrebbe potuto esserci la bambina della pubblicità dei Buondì Motta, la piccola saccente protagonista della serie pubblicitaria diventata virale alle nostre latitudini qualche mese fa; oppure il bambino che, anni fa, gridava alla madre: "Mamma, mamma, guarda: un pollo!" o anche la piccola del "Già fatto!" che sponsorizzava una linea di siringhe negli anni '80.
Chissà quanta gente si è fatta beffa dei claim che avevano per protagonisti quei ragazzini. Quante battute sono state fatte e quante persone hanno riso per l'ingenuità dell'immagine veicolata.
E' successo anche a Dolly, ma lei non ha retto il colpo. Non è stata in grado di difendersi, la sua famiglia non è stata capace di proteggerla e lei, capelli biondi e bel sorriso, si è uccisa.
Il padre, disperato, ha utilizzato la stessa arma che ha ucciso la figlia per cercare un senso a quanto accaduto e ha scelto Facebook per lanciare il suo grido di dolore: "Vorrei ringraziare tutti per le parole gentili e di supporto - ha scritto Tick Everett - La vostra solidarietà è un esempio di come i social media dovrebbero essere utilizzati".
E poi ha aggiunto: "So che un suicidio è considerato un atto codardo, ma vi garantisco che il mio angelo aveva una gran forza. Voleva sfuggire al male di questo mondo, ma non conoscerà mai il dolore che ha lasciato alle spalle. Se pensate che il bullismo sia uno scherzo, se vi sentite superiori, leggete questo post, venite al funerale e assistete alla devastazione che avete creato. Se possiamo aiutare altre vite preziose a uscire dallo smarrimento e dalla sofferenza, la vita di Dolly non sarà sprecata".
Dopo la pubblicazione del post l'hashtag #Stopbullyng è diventato virale in Australia per qualche ora di solidarietà a fronte di un omertoso e lungo silenzio circa il bullismo online che ha condotto al suicidio una ragazzina di 14 anni.