Sulla giustizia Draghi ha messo all'angolo Conte ed il M5S che rischia di scoppiare
Sulla riforma della giustizia, Mario Draghi si presenta in versione Bud Spencer in "Altrimenti ci arrabbiamo". Mena cazzotti a destra e a manca, senza risparmiare anche qualche toga solitamente intoccabile.
I pentastellati sono quelli che di stelle ne vedono parecchie: escono dal palcoscenico suonati come un citofono. La richiesta del voto di fiducia sulla riforma, autorizzata all'unanimità anche dai ministri M5s, certifica che il Movimento si è infilato in un cul de sac. E colui che annaspa più a fondo nel pantano si chiama Giuseppe Conte: proprio lui, quello che parlava di "dialogo proficuo" dopo l'incontro con Draghi a Palazzo Chigi, e che oggi è rimasto con la pochette in mano, colpito al mento dall'uppercut di Palazzo Chigi. La riforma va avanti così com'è, con buona pace di Giuseppi che ci era cascato con tutte scarpe lucide: al massimo, si inserirà qualche modifica tecnica, magari un allungamento della prescrizione per alcuni reati. Ma niente più. Chiamarlo contentino è un eufemismo.
E' chiaro anche ai sassi che Conte non riesce a tenere insieme le due anime del Movimento, quella malpancista e quella governista. Le sue minacce al governo, oggi più che mai, sono armi spuntate. L'avvocato ha scoperto che la sua pistola è caricata ad acqua, anche perché, semestre bianco a parte, nessuno vuole fare uno sgambetto a Draghi in questo momento. Tantomeno Di Maio e Patuanelli: piuttosto che lasciare l'ufficio per fare un favore a Bonafede, firmeranno tutto ciò che c'è da firmare.
Ma la linea dura di Draghi non aveva come scopo solo quello di far capire ai grillini riottosi che questa è l'unica minestra sul tavolo, altrimenti saltiamo tutti dalla finestra. Sottolineare in conferenza stampa che "nessuno vuole sacche di impunità", era un modo per rimettere a posto quella falange togata e giornalistica ascrivibile al movimento dei manettari apocalittici: il filone dei Travaglio e dei Gratteri, che un giorno sì e l'altro pure profetizzano che con la riforma Cartabia (che pure non è certo perfetta) la sicurezza della nazione è in pericolo, terroristi e mafiosi ce li ritroveremo alla cassa del supermercato, la giustizia si estinguerà, e con essa l'intera razza umana. Certo, nel progetto del guardasigilli ci sono passaggi discutibili e alcuni nodi che non vengono nemmeno affrontati: ma Draghi che ingrana la quarta vuole richiamare all'ordine anche questi profeti di sventura con i piedi poco per terra. Ivi compreso il Csm, che ha contestato pubblicamente la riforma a prescindere, prima ancora di sperimentarla e metterla alla prova. In questa sfida istituzionale, la sottile minaccia draghiana è quella cui si faceva riferimento: se non vi va bene, "altrimenti ci arrabbiamo", che potremmo serenamente tradurre con "altrimenti me ne vado". Di fronte a questa prospettiva, chi doveva tacere, come per magia, tace.
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