Calcio
October 19 2022
La nuova Superlega ha il volto di Bernd Reichart, manager tedesco con un passato nel settore dei media e dello sport (già amministratore delegato di RTL Deutschland). E' lui l'uomo scelto per avviare una stagione di confronto, dialogo, con tutti i soggetti che stanno intorno al pallone che rotola in Europa: istituzioni, club, calciatori, leghe e tifosi. Nessuno escluso, quindi nemmeno la Uefa che dall'aprile 2021 si trova dall'altra parte della barricata rispetto a Real Madrid, Barcellona e Juventus fino ad arrivare nelle aule della Corte di Giustizia europea che nei primi mesi del 2023 dovrà pronunciarsi in maniera definitiva sull'eventuale abuso di posizione dominante e monopolistica di Nyon, in contrasto con le norme europee sul libero mercato.
Una guerra destinata ad arrivare fino in fondo in tribunale, ma che prende una forma diversa nella strategia dei promotori della (fu) Superlega, che potrebbe cambiare nome e certamente muterà approccio e format. Ufficialmente Bernd Reichart entra nella partita da nuovo amministratore delegato di A22 Sports Management, la società costituita per supportare la creazione della competizione calcistica nata e morta nello spazio di 72 ore nell'aprile 2021. Ha una funzione consultiva e si promette di lavorare sulla struttura complessiva, sugli aspetti operativi e finanziari della potenziale nuova competizione.
"La situazione attuale del calcio europeo è costellata da una serie di difficoltà che non si risolveranno da sole" è il punto di partenza di Reichart, il cui compito sarà cercare di costruire un percorso condiviso da più attori, così da evitare la contrapposizione verticale che ha fatto naufragare nel 2021 il primo tentativo di creare una competizione alternativa alla Champions League. Non si tratterà solo di intervenire su fattori esterni come il nome, ma di rivedere profondamente alcuni dei pilastri a partire dall'idea di gruppo chiuso, riservato a super ricchi e destinato a creare un solco incolmabile tra l'élite e il resto del calcio europeo con rischio di soffocare per sempre attrattività e sviluppo dei campionati nazionali.
Real Madrid, Barcellona e Juventus - i tre club rimasti in prima fila contro la Uefa - lavorano da mesi a un format diverso. Reichart dovrà parlare e ascoltare tutti, soprattutto gli scettici, per coinvolgere il maggior numero di attori nella nuova avventura ed evitare l'isolamento politico sportivo che ha accompagnato l'annuncio del 2021. Possibilmente con maggiore trasparenza, visto che anche le modalità del blitz notturno contribuirono a saldare l'asse dei contrari intorno al presidente della Uefa, Aleksandr Ceferin, ora in procinto di essere rieletto senza avversari nel ruolo di capo del calcio europeo.
Le ragioni di chi si batte per una (nuova) Superlega sono rimaste immutate rispetto al passato. Anzi, lo tsunami pandemico ha aggravato la situazione come certificano le perdite di bilancio da centinaia di milioni di euro di quasi tutti i top club del Vecchio Continente. Solo la Premier League gode di discreta salute, ma non è una buona notizia per tutti gli altri; nell'ultima finestra di mercato i club inglesi hanno speso 2,25 miliardi di euro in più rispetto alle dirette concorrenti Liga, Serie A, Bundesliga e Ligue1 potendosi permettere una posizione di forza inscalfibile grazie alla ricchezza dei diritti tv venduti in tutto il mondo. La Superlega, insomma, esiste già nei dintorni di Londra e l'equilibrio competitivo del calcio europeo ne sta subendo l'impatto.
Nel complesso - è il tasto su cui battono i fautori della Superlega o di quello che sarà - il football sta velocemente perdendo appeal: il 40% dei ragazzi tra i 16 e i 24 anni dichiara di non aver interesse verso le partite di pallone e sta spostando il suo interesse (e le sue spese) verso altre fonti di intrattenimento. Le audience calano un po' ovunque, il valore dei diritti tv rischia di ripiegare precipitando i finanziatori in una crisi sempre più grave e profonda. Il tutto mentre Fifa e Uefa proseguono nel dialogo tra sordi sulla riforma dei calendari dalla stagione 2024/2025, aggiungendo format e competizioni messe sulle spalle di chi spende soldi per ingaggiare i calciatori e garantire gli stipendi che servono per avere le stelle in squadra.
Il nuovo format della Champions League viene considerato non sufficiente per redistribuire i ricavi. Soprattutto, nel mirino c'è la posizione della Uefa che è soggetto organizzatore, regolatore, sanzionatore e attore commerciale di un business nel quale il rischio di impresa è tutto in carico ai club. La sfida davanti alla Corte di Giustizia europea verte proprio su questo conflitto di interessi e promette di riscrivere gli equilibri, in un senso o nell'altro. La politica ha scelto di stare con la Uefa. Nelle scorse ore Margaritis Schinas, vice presidente della Commissione UE al Parlamento europeo ha dichiarato che la Superlega "sarebbe un circuito chiuso formato dai club più ricchi, che si spartirebbero tra loro circa 5 miliardi di euro all'anno a discapito degli altri e questo contravviene totalmente al modello europeo dello sport".
Una posizione netta ribadita anche davanti alla Corte di Giustizia europea. Con un paradosso: la guerra intorno al pallone si gioca con le regole (e gli interlocutori politici) dell'Unione europea ma con uno dei due contendenti, il presidente della Uefa Ceferin, il cui potere deriva dal voto di una confederazione in cui la maggioranza degli aventi diritto (28 su 55) non sono compresi nell'Unione europea stessa. Ma che nell'urna contano allo stesso modo degli altri - Azerbaijan come Spagna, ad esempio - e che hanno reso fin qui impossibile ogni forma di compromesso.